Ho letto la lettera con la quale il mio amico Walter Tocci spiega le ragioni per le quali intende dimettersi da Senatore della Repubblica. Una lettera che mi ha fatto riflettere.
Con Walter Tocci ho lavorato insieme dal dicembre 1993 nella prima giunta Rutelli, (lui vicesindaco e assessore alla mobilità, io assessore alle politiche sociali) e l’ho sempre apprezzato per il suo impegno e la sua coerenza.
In questa occasione la sua lettera non manca di indicare con chiarezza i punti di maggior contrasto tra le sue idee e la legge delega sulla quale Renzi ha posto la fiducia. Anche volendo andare oltre le questioni di merito (che suscitano più di una perplessità!), Tocci solleva due questioni di principio: “I progetti raccontati ai cittadini non corrispondono ai testi che votiamo in Parlamento” e “Questa legge delega non contiene indirizzi e criteri direttivi, è una sorta di delega in bianco che affida il potere legislativo al potere esecutivo senza i vincoli e i limiti indicati dalla Costituzione”. Non sono questioni di poco conto e capisco che possano averlo spinto a dare le dimissioni dal Senato (sempre che poi il Senato le accetti). Apprezzo, ripeto, la sua coerenza.
Tuttavia non posso non riflettere sull’ennesimo corto circuito della politica che queste dimissioni evidenziano.
Fare politica è essenzialmente trovare con fatica il punto di equilibrio tra opinioni diverse sul medesimo contenuto e -soprattutto!- tra il piano delle opinioni e quello della realtà.
Non è strano dunque che la politica viva costantemente nel contrasto e nella tensione: è inevitabile. Così come non è strano che i punti di equilibrio siano frutto di mediazioni, a volte più “digeribili” a volte meno. Ma lasciare è una soluzione?
Dice Tocci nella sua lettera di avere il problema “di conciliare due principi opposti: la coerenza con le mie idee e la responsabilità verso il mio partito e il governo”, ma un dissidio è sanato quando i principi opposti trovano una composizione (sia pure transitoria), non quando se ne elimina uno.
Le cose (il mondo, la politica, il governo, il partito, gli amici…) difficilmente sono esattamente come le vorremmo: l’arte sta nel cercare di migliorarle, non nel gettare la spugna (sia pure con eleganza).