Ho subito accettato con gioia di portare questo mio contributo al ricordo del prof: Giuseppe Lazzati nel convegno promosso dall?associazione ?La città dell?uomo?.
Ho iniziato innumerevoli volte a preparare queste brevi note e mi sono intimorito (timore del suo ricordo, un timore che non ho mai avuto della sua presenza).
Come riuscire a trovare il modo di comunicare la ricca esperienza che ho vissuto negli anni passati con lui?

Penso di poter riassumere il ricordo di questo mio rapporto privilegiato in tre atteggiamenti che lo caratterizzavano: discrezione, preghiera, impegno.

Discrezione.
Nel 1973 sono giunto a Roma per studiare sociologia. Spaesato giovane di provincia ho avuto la sorte di incontrare Armando Oberti, presidente del MLAL, dove collaboravo per mantenermi agli studi. Fu lui, Oberti, attento-dinamico-intuitivo, ad organizzare quella meravigliosa ?comunità? di via Florida 24 a largo Argentina. Un appartamento che condividevamo due studenti, il prof. Lazzati, il dott. Giuseppe Restelli e Giuseppe Dolfini.
Fu in largo Argentina che conobbi Lazzati. Un uomo buono, senza pretese ?normale.
Seppi dopo che era anche una persona importante.
Passava ogni settimana due o tre giorni a Roma. Impegnato con il Gemelli, con il Ministero della Pubblica Istruzione, con altri ruoli istituzionali ? gradiva però cenare a casa, fare due chiacchiere con noi giovani studenti.
Io ero il cuciniere. Ricordando quelle cene mi viene ora da arrossire. Erano gli anni dell?alternativa e noi giovani ne eravamo immersi, serenamente ma immersi.
Pertanto le nostre cene spesso erano delle patate bollite e delle uova sode. Ed il prof. Lazzati sorrideva contento e, mentre sbucciava la sua patata, commentava : ?come il Santo curato d?Ars?? basta che non ci manchi un bicchiere di vino.
E allora la conversazione passava anche ai ricordi, del militare (l? ufficiale alpino Lazzati), della guerra, della prigionia? delle sue iniziative per la formazione dei commilitoni e compagni di prigionia. E tutto senza enfasi, quasi fosse stato tutto normale.
Ed ecco che questa sua discrezione diventava anche amicizia.

Una amicizia che aveva delle espressioni anche in momenti di preghiera: la lettura del Vangelo. E a volte si univa anche a noi il dott. Tressalti ed altri amici.

Però quando accennavo, poco fa, a questa caratteristica di Lazzati, la preghiera, non mi riferivo a questi momenti. Volevo comunicare che Lazzati dava l?impressione di ?essere in preghiera?. Uomo attivo, dinamico, dialogante ma anche decisionista, lasciava trasparire qualche cosa di più. Non saprei tradurlo diversamente dal ?essere in preghiera?.

Ed infine l? impegno.
Impegno nello studio, nella professione, che diventava impegno nella politica.
La politica come impegno obbligatorio per i cristiani, orientati all?umanizzazione dell?uomo.
Anche qui ho grandi ricordi: erano i giorni del referendum sul divorzio e Lazzati era interprete attento e fedele ? e non passivo.
Vorrei però limitarmi a concludere con alcune sue considerazioni che meglio descrivono il Lazzati che io ho conosciuto, molto meglio di ogni mio commento.

?Fare politica da cristiani oggi?.

L?espressione ?costruire la città dell?uomo a misura d?uomo? è da me preferita a quella ricorrente ed equivalente nel significato ultimo, ma scaduta nel suo valore espressivo; quella, cioè, di «fare politica».
Ho accettato con gioia Le ragioni della preferenza sono subito dette.
È ben vero che il termine «politica» dice in lingua greca quello che l?espressione da me usata dice in lingua italiana. Ma quanti recuperano sotto il termine «politica» il sostantivo pólis, equivalente greco del termine città, e il suo immediato rapporto con l?uomo? Così il termine perde la pregnanza del suo significato di valore umano tra i più alti che, per sé, esso ha e resta affidato alle interpretazioni più disparate: da quelle che ne custodiscono la nobiltà goduta in una tradizione secolare; a quelle che, per degradazioni successive, l?intendono come espressiva di significati dai contenuti non precisabili e, quindi, interpretabili nei modi a ciascuno ? persona o gruppo – più consoni; a quelle che, per fatti particolari di più o meno vasta portata, risalenti alle ambiguità della condizione umana, la vedono e giudicano quale «cosa sporca».
Con l?espressione «costruire la città dell?uomo a misura d?uomo», mi sembra più facile cogliere ? e aiutare a cogliere ? il significato e valore di un impegno cui ogni uomo, in una misura o in un?altra, in un modo o in un altro, in quanto uomo, non può sottrarsi senza diminuire o perdere il senso del proprio essere uomo.
Dire, infatti, «città dell?uomo a misura d?uomo», è subito porre l?uomo al suo posto e si può su di esso fissare l?attenzione come su colui dal quale la città prende vita e verso il quale la città è volta come a proprio fine.?