Abbiamo visto precedentemente come sia non solo importante, ma anche auspicabile che la Politica impari ad usare al meglio le tecnologie della Società dell’Informazione. Consideriamo ora dei casi concreti, quali sono le modalità di fruizione della rete da parte dei politici italiani.
Notiamo innanzitutto che Internet può essere un’arma a doppio taglio. Non lo si può considerare come il classico strumento di propaganda, in cui i destinatari ricevono le informazioni e non hanno alcuna possibilità di dialogo con gli esponenti, o più in generale con l’entità ?partito? stesso. Qui la base risponde e come, e chiede pure, esige. Ma se la rete è effettivamente quest’arma a doppio taglio, dove mentire, o per lo meno non mantenere le promesse, è estremamente pericoloso, il buon senso dell’italiano medio suggerisce che i politici italiani dovrebbero starsene alla larga. Ed è esattamente quello che sta succedendo. Il rischio di cadere in contraddizioni, o di veder svelati i retroscena di accordi, conoscenze, favoritismi, lotte intestine sempre per il solito potere, di molta retorica e pochi programmi concreti e di ideali disattesi in quanto più conveniente, sul momento, una più remunerativa realpolitik, è decisamente elevato.
Il panorama dei siti web dei politici italiani riflette proprio questo stato di cose. Proprio come alla fine degli anni ’90, quando le aziende, grandi e piccole, scoprirono d’un colpo il ?business? di Internet, senza però capire l’essenza del mezzo ed i vantaggi nuovi che questo comportava. Allora come oggi si assiste ad un tripudio di siti-vetrina, spesso in totale dispregio delle più basilari regole di usabilità e fruibilità: animazioni invadenti, foto smisurate, qualche link di dubbia utilità informativa, l’immancabile raccolta, non aggiornata, dei comunicati stampa, testi scarni e con un livello di informativa tendente allo zero. Qualcos’altro? E’ raro. L’uomo della strada, che cerca informazioni vere, coerenti, utili per decidere a chi dare il suo voto, se mai dovesse capitare su un sito del genere, qual’è la probabilità che ci ritorni?
Appunto, nulla.
Ora qualcosa si sta muovendo, e alcuni politici, forse un po’ più lungimiranti, stanno abbandonando orpelli visivi e retorici nei loro siti web, cercando di adattarsi anche ai nuovi sviluppi tecnologici. Ecco quindi che vengono aperti forum e blog, più o meno moderati, in cui si paventa la possibilità di discussione attiva non solo fra eletti ed elettori, ma anche fra gli elettori stessi, mettendo a disposizione aree più o meno pubbliche di scambio di idee, di discussioni e dibattiti.
Ma ancora una volta la Storia non è stata Maestra di Vita, e la stragrande maggioranza dei politici italiani ha seguito la moda senza capirla, senza farla propria, senza usarla a proprio vantaggio.
Illuminante al riguardo la scelta di Romano Prodi: ha aperto un blog personale, che ha ricevuto solo due suoi interventi: il primo di benvenuto, in cui dichiarava di tener conto di tutti gli interventi dei naviganti, e il secondo dopo qualche settimana, dicendo che aveva molto da fare. 38 giorni di vita, e il blog è stato chiuso.
La lezione è: se non hai nulla da dire, non aprire un blog.
Un uso consapevole e intelligente degli strumenti messi a disposizione dalla Società dell’Informazione va a vantaggio di tutti: dei politici, che riescono a comunicare con i propri elettori in modo diretto, immediato, e possono testare direttamente sul campo alcune idee e posizioni prima che queste possano diventare ufficiali di partito. All’estero molti politici hanno preso l’abitudine di proporre nei loro blog idee politiche in nuce, e di vedere come queste vengono recepite, discusse ed elaborate, per poter poi trarre a proprio vantaggio questo tipo di analisi, testato direttamente sull’elettorato, modificando le parti più criticate ed affinando le più vincenti. Per gli elettori il vantaggio si evidenzia nella possibilità di distinguere i candidati coerenti, responsabili, che sanno ascoltare e che riescono a trovare il tempo per una seppur breve risposta, riescono a capire il punto di vista del politico, magari anche verificando i cambiamenti di pareri ed opinioni, da quelli che parlano e promettono, ma non riescono poi ad essere effettivamente comunicativi od effettivi con la base.V
Per il politico l’essenza di queste nuovissime tecnologie è quella di saper ascoltare il lettore, e possibilmente di rispondere, in qualche modo coerente, con le problematiche, i dubbi e le difficoltà che questo pone. V
Per un partito avere un sito web statico e non costantemente aggiornato (o, peggio ancora, non averlo), negando quindi alla Rete importanza ed efficacia, è semplicemente privo di senso. Significa non essere lungimiranti abbastanza da capire in che direzione vada la società. Ma allora, che politica si pensa di fare?
Parte seconda