INTERSOS esprime soddisfazione e gioia per il ritorno dei tre operatori italiani e per la liberazione dei sei colleghi afgani di Emergency. In una articolata nota (www.intersos.org) afferma che “era evidente fin dall’inizio che gli operatori umanitari di Emergency, Marco Garatti, Matteo dell’Aira e Matteo Pagani, non potessero essere collegati ad alcuna operazione terroristica. La loro storia e quella di Emergency sono lì a dimostrarlo”. INTERSOS propone ora qualche riflessione sul tema dell’attività umanitaria “dopo quanto è avvenuto e quanto è stato affermato da parte di politici, media ed Emergency”.

I principi umanitari irrinunciabili. “Quanto è successo ha riportato all’attenzione i principi fondamentali su cui si fonda un’organizzazione umanitaria”. Principi irrinunciabili: l’umanità, la neutralità, l’imparzialità nel soccorso, l’indipendenza, senza i quali “si potrà parlare di azione meritoria, caritatevole, ma non umanitaria’“. Troppo spesso si tenta di metterli in discussione: “politici, lobby militari, ‘intellettuali’, perfino le pubbliche istituzioni tendono a disconoscere o confondere”. “E’ necessario che anche la politica capisca la specificità e il valore straordinario dell’aiuto umanitario svolto con neutralità e imparzialità”.

Una doverosa chiarezza. Per INTERSOS, quanto è accaduto deve ora “indurre le organizzazioni umanitarie ad approfondire la riflessione sul significato della nostra presenza nei contesti di grave crisi e sul mandato umanitario”. Il documento si sofferma sul principio della neutralità che “non può essere interpretata a piacimento, vivendola solo soggettivamente senza farla percepire come tale anche da tutti i contendenti” e continua affermando che “anche se è bene che un’organizzazione umanitaria lasci ad altre organizzazioni a questo specificamente votate, il compito della denuncia, è possibile e talvolta doveroso denunciare istituzioni o persone … in particolare nei casi di violazione sistematica e su larga scala dei diritti umani”. In questi casi, osserva INTERSOS, “si devono mettere nel conto gli effetti, che possono significare anche l’espulsione dal paese”.

La nota di INTERSOS continua sottolineando che occorre fare delle scelte, talvolta dolorose. “L’attività umanitaria richiede chiare e coerenti scelte. Purtroppo, non si può essere al tempo stesso soccorritori delle vittime e accusatori di istituzioni o poteri locali, voler fare gli umanitari e i cronisti di guerra per denunciarne i crimini. Sarebbe anche desiderabile, ma l’esperienza insegna che occorre scegliere”. Normalmente, “si sceglie il sacrificio del silenzio, decidendo di restare strettamente fedeli ai principi umanitari, osservando una neutralità che permetta di potere agire il più ampiamente possibile a fianco delle vittime”. Si può e talvolta si deve decidere diversamente “dopo avere attentamente pesato i benefici e gli effetti negativi” per le popolazioni soccorse “e avere previsto tutte le possibili conseguenze”, pronti ad assumerle. La nota chiarisce che rispetto alle istituzioni e le autorità del paese che ospita l’organizzazione umanitaria, esse vanno rispettate “anche se non piacciono”, “sapendo che ogni Stato ha le sue leggi e le sue disposizioni per l’ordine pubblico o ciò che considera tale”. “Si può scegliere di non farlo, se vi sono ragioni per manifestare il proprio rifiuto, ma non si può pensare di poterlo fare senza conseguenze”.

INTERSOS conclude invitando a “guardare al mondo umanitario senza pregiudizi politici e fuori da insensate divisioni per logiche di appartenenza”. Si tratta di un documento che andrebbe letto nella sua interezza, data la complessità della materia che viene talvolta ridotta a semplici enunciazioni emotive, di grande effetto, ma che trascurano elementi essenziali dell’azione umanitaria e dei suoi principi, così come sono stati vissuti in 150 anni di storia.