Silvio Ciubotaru, classe 1968, è nato a Focsani, Romania. In Italia da appena cinque anni, da uno ha fondato ?Noi suntem romani?, un?associazione socio-culturale che si occupa tra l?altro di promuovere l?integrazione dei cittadini rumeni in Italia. Sposato con due bambini ?uno nato in Romania e uno in Italia? ? precisa – lavora alla casa di riposo di San Giuseppe, a Capannelle. Una grande passione, quella per il calcio, lo avvicina inaspettatamente alla politica. Oggi è candidato nelle liste di Enrico Letta e corre anche lui per le primarie del prossimo 14 ottobre.
– Signor Ciobutaru, come ha maturato la scelta di candidarsi per partecipare alla costituzione del Partito Democratico?
Ho sempre desiderato fare politica, ma in Romania la mia posizione sociale me lo ha impedito. Dopo venti anni di democrazia, nel mio Paese resiste ancora una classe dirigente fortemente compromessa con il regime, che ha impedito il cambiamento tanto atteso. L?occasione si è presentata invece in Italia. Con un amico abbiamo formato una squadra di calcio, iscritta al torneo multietnico di Tor di Quinto, nel quartiere Flaminio. L?estate scorsa la squadra rumena è arrivata in finale e ha vinto il torneo. A consegnarci le medaglie c?era Amedeo Piva, oggi candidato per la segreteria del Partito Democratico del Lazio. E? lui che mi ha dato la spinta, la fiducia necessaria per entrare in politica. Amedeo è stato e rimane per me un riferimento.
– Perché proprio nelle liste di Enrico Letta?
Non conosco personalmente Enrico Letta, ma ho molto apprezzato il suo interessamento alle comunità straniere e ai diritti degli immigrati che risiedono in Italia. Una delle poche eccezioni nel clima di ostilità che anche la politica, oltre naturalmente ai media, ha contribuito a creare in questi ultimi mesi rispetto alla presenza straniera nella società italiana.
– Alcuni suoi concittadini hanno scelto di fondare il ?Partito dei rumeni in Italia?, un partito basato in primo luogo sull?appartenenza o comunque sull?origine nazionale dei suoi iscritti. Come giudica questo tipo di iniziative?
Sono stato contento di vedere la partecipazione attiva di tanti miei connazionali: è il segno che la comunità rumena non rappresenta soltanto una forza lavorativa ma anche una forza politica per il Paese. Bisogna sfatare il mito che i rumeni rimangono in Italia solo per lavorare. Molti di noi hanno qui un progetto stabile di vita. Ma credo anche che le persone che hanno voglia e capacità di fare politica debbano cercare di inserirsi all?interno della politica nazionale, nei partiti italiani che danno spazio alla presenza e all?impegno degli immigrati.
Il rischio di simili iniziative è appunto quello di rimanere ai margini, di non essere competitivi rispetto alle altre forze politiche.
– Negli ultimi mesi l?Italia sta vivendo una reale o presunta ?emergenza rumeni?, legata per lo più alla questione della sicurezza. Come affrontarla?
Io faccio un appello a tutti i rumeni onesti: non nascondete nessun delitto, nessun reato, nessuna sopraffazione commessa dai vostri connazionali. In questo modo rischiamo di essere inghiotti tutti nel luogo comune, alimentando la convinzione che ?i rumeni sono tutti uguali?.
Detto questo, credo che sul problema della sicurezza siano state spese tante parole. Quello che serve è semplicemente una legge chiara, che non possa essere aggirata. Mi spiace dirlo, ma in Germania e in Austria, dove ho vissuto prima di arrivare in Italia, è stato fatto di più e meglio in questo senso. Molti dei rumeni che delinquono in Italia non avrebbero fatto altrettanto in Austria o in Germania, né tanto meno in Romania.
– Che tipo di attese ci sono nella comunità rumena romana rispetto alla nascita del Partito Democratico?
Io mi auguro che ci sia una grande partecipazione alle primarie del prossimo 14 ottobre. Sono tante le persone che mi chiedono informazioni e si interessano alla nascita del nuovo partito. Quanto alle attese, la mia comunità si aspetta appunto leggi chiare in materia di sicurezza e di lavoro, tali da garantire al tempo stesso i cittadini italiani e quelli rumeni.