Pensioni

A fronte di Confindustria & Co. che ripropongono la questione pensioni unicamente dal lato allungamento età delle donne e abolizione delle pensioni di anzianità, non sembra la migliore risposta quella che dice “non si tocchi niente” perché sembra dire tutto va bene. Invece non è vero che tutto va bene. La stessa Cgil ha proposto recentemente alla discussione idee che rimettono mano al tema. È fondata la domanda a proposito di come sia possibile affrontare seriamente la cosa con questo governo. La risposta è che sia bene mettere a punto le proposte da valere per l’oggi e domani nell’azione di un governo differente.

Le questioni principali sono due: ripristinare la flessibilità in uscita e garantire un futuro pensionistico decente ai giovani.

Sulla flessibilità si potrebbe avere un range tra 60 e 70 anni. In un sistema contributivo onesto, con coefficienti di trasformazione correlati alla aspettativa di vita, chi va in pensione prima porta a casa il suo e non attinge a solidarietà dagli altri come, invece, accade per le pensioni di anzianità. Si potrebbe avere un fenomeno di soggetti che vanno in pensione prima e che seguitano a lavorare part time, versano contributi che rimpingueranno ulteriormente la pensione al momento del ritiro definitivo.

In quanto alla pensione dei giovani di oggi si può lavorare sulla proposta Cgil  (Pensione Contributiva di Garanzia); si può ragionare sulla proposta Treu-Cazzola di una pensione base uguale per tutti da sommare a quella contributiva ridotta; oppure su un intervento rilevante di contribuzione figurativa per la copertura dei periodi vuoti della carriera combinato con la riforma degli ammortizzatori sociali che metta tutti in pari. Ci può essere una combinazione fra queste idee? Parliamone.

 

Lavoro

La cosa più insopportabile a proposito delle prediche che si fanno per allungare l’età del pensionamento è che esse vengono da pulpiti che nulla dicono della esigenza che sia assicurato il lavoro a quei soggetti ai quali si chiede di allontanare l’età del pensionamento. Anzi, nel mondo delle imprese, è diffusa l’idea che gli ultracinquantacinquenni siano prevalentemente da buttare. Molte aziende non leggono neanche i curriculum di chi abbia superato questa età.

Si è sbandierata la “novità” della imposizione ai cassintegrati della disponibilità ad accettare un nuovo lavoro o una iniziativa formativa finalizzata. Fiasco quasi totale.

Naturalmente c’è un problema di concorrenza tra queste persone e i giovani che si affacciano al mondo del lavoro e i cui livelli di disoccupazione sono gravissimi.

Non sarebbe ragionevole avere una fase importante di diffusione di part time lungo sia per i giovani che entrano che per gli anziani che lasciano? 36 ore settimanali per due fa 72 ore, diviso tre fa 24. Un part time tra le 24 e le 30 ore settimanali non darebbe luogo alla miseria  di rapporti da 15 ore come avviene per  addetti alle pulizie e sarebbe un passo interessante per poi raggiungere il tempo pieno.

Il costo per le aziende o le pubbliche amministrazioni sarebbe solo organizzativo quindi ampiamente sopportabile e si potrebbe smetterla con la litania secondo la quale il part time sarebbe soluzione soltanto per donne.

 

 Non autosufficenza

Va risollevato il tema non autosufficienza. Adesso riguarda circa tre milioni di persone soprattutto anziani. A proposito di fisco, anche nella delega il governo intende fare una gran pulizia di detrazioni e deduzioni. Una certa selezione si può fare, ma sarebbe il momento di proporre la totale deduzione dal reddito della spesa per la/il badante nel caso di persona non autosufficiente.

È improbabile che si possa migliorare di molto il sistema di assistenza domiciliare. Sarà dura difendere quel che c’è.

D’altra parte la soluzione badante ha preso piede e sembra ragionevole dare una mano alle famiglie che la adottano utilizzando, come è stato fin’ora, l’indennità di accompagnamento come concorso alla spesa.

Alle obiezioni sul costo della operazione si può rispondere che, combinata con una operazione seria di regolarizzazione, potrebbe essere a costo prossimo a zero. Si potrebbero fare simulazioni.

Naturalmente non si può ridurre l’intervento sul tema non autosufficienza a questa misura, ma intanto sarebbe un progresso.