Gli ennesimi infanticidi avvenuti qualche giorno fa ci sbattono in faccia, ancora una volta, la disumanità della violenza sui bambini. Su chi è talmente piccolo e indifeso che non può che essere destinato a soccombere alla crudeltà, all?ignoranza e alla stupida arroganza degli adulti.
Più del ?70% delle violenze i bambini le subiscono dai propri familiari all?interno delle mura domestiche, proprio dalle persone e nei luoghi dove invece dovrebbero trovare comprensione e rifugio. E purtroppo non ci sono risposte razionali che ci permettano di accedere alla cognizione di un comportamento e di un pensiero così incomprensibili. L?impenetrabilità dei fatti di Cogne, ne è solo un esempio. Eppure la voglia di comprendere è grande. Ed indubbiamente dobbiamo avere il diritto e il dovere di interrogarci sulle motivazioni che spingono una madre ad uccidere il proprio figlio gettandolo in un cassonetto dei rifiuti o dei genitori a fare morire di fame e senza cure la loro bambina. Sui perché della pedofilia o di qualsiasi altro atto di violenza nei confronti di un bambino.
Apparentemente non vogliamo che questi fatti invadano il nostro privato e sconvolgano inesorabilmente i nostri equilibri. Così cerchiamo di esorcizzarne l?evento, convincendoci che a noi questo non potrà mai accadere. E purtroppo nel cercare di formulare queste analisi cadiamo immancabilmente in una superficialità di giudizio. Perché vogliamo essere rassicurati, essere aiutati a comprendere e separare in quei gesti aberranti la volontarietà dall?involontarietà. Ed informandoci teniamo sempre fortemente in considerazione ogni sfumatura e circostanza del fatto, però allo stesso tempo cerchiamo di tenerlo più possibilmente lontano dalla nostra vita reale. E per far questo spesso utilizziamo dei fattori d?analisi un po? troppo a buon mercato, presi da quel infinito campionario dei malesseri vivi della nostra società: il cattivo esempio della televisione, la regressione economica, la perdita dei valori, il disfacimento del sistema scolastico, il vuoto morale dei giovani di oggi, l?americanizzazione dei nostri costumi, e così via.
Ma a queste facili conclusioni cui giungiamo, e che ogni volta ci lasciano inesorabilmente nel dubbio e nella effettiva incapacità di gestire realmente il dolore e il vuoto che si è creato nella nostra anima, si aggiunge inevitabilmente un raccapriccio interiore lacerante. La consapevolezza che la violenza esiste, è parte di noi e ci accompagna nella vita. Una violenza con cui conviviamo quotidianamente e ne subiamo le sue varie forme in ogni luogo e momento. Una violenza a cui ognuno di noi, almeno per una volta, si è lasciato maledettamente andare. Una violenza che ci avvolge dentro e fuori come l?aria che respiriamo. Istintiva. Devastante. Ed è di fronte ad essa che dobbiamo urlare la nostra rabbia, perché questa è la nostra più grande sofferenza.
E se fossimo noi quei bambini che sono costretti a subirla? Avremmo senz?altro voluto che nostra madre anziché farci del male ci avesse stretto forte a se sussurrandoci con la voce del suo cuore: ?non avere paura piccolo mio perché la tua mamma è qui accanto a te che ti protegge?. Avremmo voluto che ci rasserenasse con il suo amore tenero ed incondizionato, con la sua capacità di farci sentire unici. Ed anche se in verità in quel momento il senso profondo di quel suo abbraccio dovesse risiedere altrove, custodito all?interno del suo inconscio, nel dialogo segreto tra la sua coscienza e le sue paure. È proprio nel suo sapersi frenare a commettere quel atto violento contro di noi, in quella sua innata capacità di trasformare tutto in amore che ci saremmo aggrappati e sentiti bene, meravigliosamente amati.
Adesso da adulti, invece, proviamo a pensare a tutti quei gesti di stupida violenza verbale e fisica, anche solo accennati, che abbiamo subito dai nostri genitori, dagli adulti quando eravamo bambini. Gesti compiuti facilmente e quasi certamente inconsapevolmente. Giustificati da una educazione temprata nella rigidità di altri tempi, da una violenza contingentata dallo stress passeggero, dalla necessità di correggere nel proprio figlio un difetto così detto troppo evidente. E Proviamo a pensare anche a tutti quei gesti e pensieri di stupida violenza che abbiamo commesso noi verso i nostri genitori, i nostri figli, famigliari, amici, colleghi, sconosciuti. E cerchiamo dentro di noi, parlandone con gli altri, le mille e mille motivazioni che ci hanno portato ad agire così. Giustificandoci, pentendoci, addolorandoci.
Ma mai e poi mai, ed in nessuna circostanza, proviamo a dare per scontata e lecita la violenza, e sopratutto quella nei confronti di un bambino. Perché non vi può essere un confine tra un atto violento giusto ed uno ingiusto da parte di un genitore verso il proprio figlio, di un adulto verso un bambino, di noi verso di loro. Niente può e deve essere tollerato. Perché nessuno ha il diritto di sperimentare e superare il limite umano della resistenza psicologica e fisica di un bambino. Tradendone così la totale ed incondizionata fiducia che essi hanno nei propri genitori, in noi, donne e uomini adulti, per il resto della loro vita.
Dobbiamo avere il coraggio di guardarci dentro ed accettare le nostre debolezze, le nostre incapacità e lasciarci aiutare. Dobbiamo chiederci apertamente quanto siamo disposti ancora a sopportare di noi stessi, delle nostre paure, delle nostre perversioni, delle nostre follie, e incominciare invece un cammino di pace e d?amore verso gli altri, verso i nostri bambini, i nostri figli, per cercare di rendere migliore la loro vita.