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“Ormai nel Regno Unito non c’è più un solo primo ministro che sia un maschio bianco: Vaughan Gething è stato eletto ieri alla guida del governo del Galles, il primo nero a ricoprire quella carica e il primo in assoluto in tutta Europa. Se si considera che il premier britannico è Rishi Sunak, di origine indiana, quello scozzese è Humza Yousaf, musulmano di origine pakistana, e quella nordirlandese è una donna, Michelle O’Neill, si comprende quanto oltremanica la diversità non sia più un obiettivo ma un fatto acquisito”.
[L. Ippolito, Corriere della Sera del 17/03/24]
La “diversità” etnica è un dato largamente acquisito -non solo nel Regno Unito- e il fatto che vengano eletti governanti di altre etnie non dovrebbe dunque sorprendere: se ne stupisce solo chi rifiuta di accettarlo. In realtà dovrebbe stupirci lo stupore!
Come potrebbe essere altrimenti in un mondo in cui la mobilità delle persone, la permeabilità delle culture e la contemporaneità delle informazioni sono ormai realtà consolidate e irreversibili da decenni? Davvero sarebbe pensabile vivere in un mondo globalizzato e al tempo stesso “blindare” taluni privilegi o vantaggi ampiamente superati dalla realtà storica e dal consenso politico?
Il rifiuto della diversità e la resistenza al mutare delle coordinate storiche, culturali ed economiche rivelano una sorta di paura irrazionale; eppure queste coordinate si modificano continuamente, anche senza che siano oggetto di decisioni formali, come sempre è stato nella storia dell’umanità; l’unica differenza della nostra epoca è nella accelerazione dei tempi di cambiamento. Contatti e ibridazioni culturali che in passato avvenivano in secoli di storia, avvengono oggi in tempi molto più brevi proprio a causa della accelerazione della mobilità e della comunicazione.
Possiamo e dobbiamo allora scegliere tra la consapevolezza e l’ottusità, tra decidere di “governare” questi fenomeni (flussi migratori, comunità multietniche e multireligiose, accesso alle responsabilità istituzionali…) o “rifiutarli” opponendovisi sistematicamente come se in ogni cambiamento si annidasse chissà quale attentato alla nostra identità, senza renderci conto che proprio questa costante paura è sintomo di una debolezza identitaria. La diversità e il cambiamento fanno paura a chi non è sicuro della sua identità, o meglio a chi non riesce viverla serenamente a contatto con identità diverse, dalle quali si percepisce costantemente minacciato e derubato.
Questo atteggiamento di sospetto e di opposizione è emerso -ad esempio- nella vicenda della scuola “Iqbal Masih” di Pioltello (MI), il cui Consiglio d’Istituto ha deliberato la chiusura per il prossimo 10 aprile, giorno in cui si festeggia la fine del Ramadan, visto che oltre il 40 per cento dei 1.200 alunni è di famiglia e religione musulmana e -statisticamente- in quel giorno meno della metà avrebbero partecipato alle lezioni [peraltro recuperando il giorno nel calendario scolastico annuale]. L’Ufficio scolastico regionale è intervenuto disponendo un “accertamento” degli ispettori mandati dal “Ministero dell’Istruzione e del merito” per verificare alcune “irregolarità“, riscontrate nella delibera e valutarne “la disapplicazione e la possibilità di annullamento“. Lo stesso ministro ha annunciato di aver “chiesto agli uffici competenti del ministero di verificare le motivazioni di carattere didattico che hanno portato a deliberare la deroga al calendario scolastico regionale e la loro compatibilità con l’ordinamento“.
Davvero consentire alle famiglie degli alunni musulmani di rispettare le proprie tradizioni senza perdere le lezioni e nello stesso tempo creare un’occasione in più di incontro e di condivisione tra tutti i compagni mette a rischio l’identità culturale della nazione? Davvero possiamo tutelare la nostra identità solo se nessuno intorno a noi ne ha una diversa? Per fortuna non la pensa così la diocesi di Milano che ha precisato: “Siamo a favore di questo gesto, come i musulmani in Italia condividono e festeggiano insieme a noi cattolici il Natale e la Pasqua, troviamo bello che un’iniziativa di dialogo interreligioso parta da una scuola, che si fa promotrice della creazione di un ponte tra giovani che a casa vivono fedi differenti“.[QUI]
Colgo l’occasione per augurare a tutti una buona Pasqua e, per gli amici musulmani, un buon Ramadan.