Sulla newsletter ?Amici della Città? è apparsa una nota che prendeva di petto, forse per lo stile, un passaggio del mio recente editoriale(http://www.romadomani.it/) dal titolo ?L?asse tra Mazzoli e i Popolari?.
Questa è la mia risposta.
Caro Amedeo,
cosa mi rimproveri? il linguaggio, lo stile, la forma possono piacere o non piacere. Mi esprimo così perché mi pare il modo più rigoroso di formulare un giudizio politico. Dopo anni trascorsi a subire le alchimie dei tanti che guardano alla politica con fastidio e bramosia, sempre inclini a porsi dalla parte della ?gente?, mi sono convinto che non serve a nulla compiacere e assecondare la vacuità di queste impostazioni volantaristiche e strumentali. La questione è molto semplice.
Quando Franceschini si è candidato ho detto pubblicamente – a Norcia, lui presente – che non condividevo la sua scelta, ma in ossequio alla nostra amicizia e al dovere di conservare un minimo di legame con la tradizione democristiana lo avrei comunque votato. Così ho fatto, sperando di cogliere un qualche elemento di razionalità nella conduzione della sua ?campagna elettorale?.
E? accaduto viceversa che dopo la fase dei congressi nei circoli, quando almeno si è fatto leva sulla capacità di lavoro politico dei quadri ?popolari?, siamo entrati nelle primarie con una iperbolica accentuazione del modulo veltroniano della novità per la novità. Un disastro! Ma non finisce qui. Dopo che abbiamo perso – e in malo modo – invece di aprire una discussione seria e responsabile sulle ragioni della sconfitta, Franceschini reagisce facendo due mosse contraddittorie: da un lato, infatti, si preoccupa di salvare se stesso accogliendo l?invito a fare il capogrupppo del Pd alla Camera;
dall?altro, smentendo le previsioni apocalittiche sull?esito di un confronto a seguito del quale Bersani poteva essere incoronato segretario, si precipita ad assicurare copertura e solidarietà ?usque ad mortem? alla nuova leadership del partito. Per dare un senso a questa operazione, viene per altro annunciata la nascita di una nuova corrente, Area democratica, senza che nessuna abbia avuto modo di discuterne la motivazione e soprattutto la plausibilità. Per me il film – scusami la volgarità – finisce qui!
Dopodiché ritorno a maneggiare i pochi e logori strumenti di cui posso ancora valermi. Sono un popolare e non abdico alla mia identità. Sto in questo partito nato male e cresciuto peggio, ma non rinuncio a credere che sia l?unica alternativa al berlusconismo morente. Anch?io, come Franceschini e come Scalfari, ritengo che chi vince debba essere posto
in condizione di dirigere il partito. Di qui le conseguenze, intanto sul piano regionale. Se avessi osservato un tasso minimo di ambiguità, avrei potuto rivendicare dentro l?involucro di ?Area democratica? la candidatura di un popolare a presidente del partito (carica spettante alla minoranza/opposizione): non l?ho ritenuto possibile, perché le idee in politica, come
ci ricordava Martinazzoli citando il cardinal Bevilacqua, valgono per quel che costano, non per quel che rendono. Dunque ho baciato il rospo, senza pretendere di trasformarlo in principe. Caro Amedeo, anche tu l?hai fatto!
E temo che tu l?abbia fatto anche sapendo che neppure il tuo bacio può trasformare in principe qualche rospo che ti fa da guida!
Con rinnovata e immutata amicizia
Lucio D?Ubaldo
Lettera di Lucio D?Ubaldo ad Amedeo Piva