“Quante volte di fronte a situazioni che giudichiamo eccezionalmente belle o incredibilmente brutte abbiamo esclamato “Non ci sono parole!”. In realtà le parole ci sarebbero, usiamo questa iperbole per dire che non sarebbero sufficienti o adeguate ad esprimere la bellezza o la bruttezza di quanto ci accade. Insomma avvertiamo le parole come uno strumento troppo debole rispetto a quello che vogliamo descrivere e commentare.
A volte però, ci succede il contrario: le troppe parole (ascoltate e pronunciate) ci saturano, si elidono a vicenda, si rincorrono, si incastrano e finiscono per fagocitare e stravolgere la realtà e la sua percezione. Le avvertiamo come uno strumento troppo forte rispetto a quello che vogliono descrivere e commentare.
Quello attuale è un periodo storico decisamente del secondo tipo.
La “nausea” da troppe parole, genera sfiducia nella loro capacità di funzionare bene: descrivere senza alterare, commentare senza stravolgere, dire senza ambiguità.
Il nostro amico Felice Celato fotografa questa situazione senza sconti: “Mai come in questo periodo sento la fatica del commentare qualcosa con qualcuno: le parole mi sembrano tutte usurate, tutto il rumore dattorno mi affatica, mi pare spesso… troppo arduo da commentare e mi fa desiderare il silenzio”.
Arriva anche a evidenziare il “pericolo” che si annida nell’uso sconsiderato del linguaggio:
“Un mio amico, che non brilla per ottimismo, definisce i presenti come “tempi pericolosi”, per la piega irragionevole che possono facilmente prendere le cose; e credo che abbia ragione. Sotto diversi aspetti le parole sono parte importante di questa pericolosità e per questo, oggi mi pare, è bene contarle…
Tuttavia è consapevole che questo scoramento è (speriamo!) solo una fase:
“Magari, poi mi passa, questo scoramento; ma per un po’, il silenzio mi pare un adeguato esercizio di virtù civica”. Non ci resta che aspettare che questa “virtù civica”, purificata dal digiuno delle parole, torni presto a credere in esse e a lavorare -come sappiamo- di cesello e di coltello.
(Redazione)