“La Relazione al Parlamento sugli anziani rischia di operare uno spostamento dai temi cruciali della condizione anziana ad altri meno rilevanti. Si rischia un occultamento dei problemi veri della terza età: una polveriera nascosta dietro rimpianti e nostalgie, pur autentiche, oppure l’uso del computer e del telefonino”. È perplesso il giudizio di Costanzo Ranci, docente di Sociologia economica del Politecnico di Milano, sulla sintesi della ?Relazione biennale al Parlamento sulla condizione dell?anziano 2000-2001?, presentata nei giorni scorsi presso il Ministero del Welfare.
Quali aspetti della Relazione intende evidenziare?
?Premetto che ho letto non la Relazione nella versione completa, ma la sintesi presente sul sito del Ministero del Welfare. La tesi sviluppata nel documento – non solo di ricerca, ma di rilevanza pubblica e di indirizzo dei temi in agenda nelle politiche ? è di porre l?accento sulla popolazione anziana attiva, cioè in condizione di poter svolgere un ruolo sociale rilevante. Ci si appoggia, quindi, a una serie di riflessioni sulla legittimità della soglia dei 65 anni come ingresso nella terza età; la relazione indaga sulla condizione degli anziani nella loro percezione di sé e del tempo libero, delle nuove tecnologie, del passaggio dal lavoro alla pensione?.
Emerge, quindi, una concezione dell?anziano ancora ?giovane??
?Certamente, ed è evidente che il sistema di welfare e di politiche pubbliche – non solo italiano ma di tutta Europa – fa fatica a riconoscere che la persona dopo i 65 anni è ancora attiva, mentre il fenomeno è ben colto e ben sfruttato dal mercato. Cresce, quindi, l?offerta di beni e di servizi rivolti agli anziani, perché si tratta di una popolazione con un potere d?acquisto abbastanza rilevante, dopo aver superato le spese per il costo dei figli, e non ancora gravata da costi sanitari ed assistenziali?.
Cosa pensa sulla proposta di far ?slittare? di un decennio l?inizio della terza età, partendo dalla prospettiva rovesciata dell?aspettativa di vita media?
?Sono d?accordo con un ragionamento abbastanza diffuso tra gli studiosi, secondo cui esistono due fasi di vita nella terza età: la prima età anziana e la seconda, oltre i 75-80 anni, dove nascono i problemi della non autosufficienza e cambia la percezione di sé, del tempo libero e della mobilità. Sull?idea di far slittare oltre i 65 anni l?età della pensione non sono pregiudizialmente contrario. Penso tuttavia che il sistema pensionistico attuale sia basato su aspettative certe della popolazione: ai cittadini si chiedono contribuzioni fiscali avendo in controparte servizi e benefici che possono essere ascritti in un orizzonte di certezze. Ignorare questo aspetto è molto pericoloso, perché può generare un senso di incertezza. Non si può affrontare questo problema sulla base di un ragionamento generico?.
Veniamo alle ?lacune? della Relazione.
?Lo scenario di grande attivismo degli anziani ancora giovani viene presentato senza un quadro preciso dei dati di reddito, delle condizioni di disuguaglianza che in questo scenario permangono. Se aumenta la popolazione sempre più anziana, occorre distinguere tra una fascia di popolazione anziana che ha più risorse, strumenti culturali per reinvestirsi nel mondo lavorativo e sociale, e un?altra parte che non le ha. A mio avviso è questa l?occasione mancata di questo rapporto: averlo sviluppato, ad esempio, parlando del rimpianto del lavoro senza riferimenti precisi alle classi di reddito e all?occupazione, alla stabilità e costosità della soluzione abitativa. A questo proposito i riferimenti sono molto vaghi e scarsi; invece mi sembra un punto cruciale: nell?età anziana, infatti, le disuguaglianze sociali sono molto più radicalizzate, la popolazione vive le maggiori disparità?.
A suo parere l?impegno degli anziani può far crescere il tasso di natalità?
?Su questo argomento la Relazione scopre ?l?acqua calda?, facendo riferimento all?anziano come risorsa principale per l?accudimento dei nipoti e per sostenere le nuove coppie nella progettazione dei nuovi figli, nell?accesso alla casa. Stiamo rovesciando i termini del problema: casomai è eccessivo il sovraccarico del lavoro di cura sulle famiglie e sulle reti familiari. Non mi sembra che ci siano problemi a valorizzare l?anziano in queste situazioni: i nonni ci sono, ma è difficile che si alzi la natalità italiana grazie a un loro ulteriore sforzo. Richiamando questa idea si occulta il vero problema: scarsità di asili nido, liste di attesa lunghissime per entrarvi?.
Ravvisa altri punti critici nella Relazione?
?Il tema della non autosufficienza non viene affrontato: l?enfasi sull?attivismo degli anziani nasconde il problema della popolazione anziana non autosufficiente, la vera bomba che assilla a livello finanziario e politico il paese. Una grave omissione, che segnala in modo preoccupante come il Governo ? nonostante i proclami del Ministro della Salute Sirchia – non abbia sinora idee né risorse adeguate per affrontare il problema. Ma si tratta di un passaggio cruciale con cui fare i conti?.