Esisterà pure una Milano da bere, ma venerdì sera abbiamo anche visto che esiste una Milano fatta di degrado, di situazioni irregolari mai sanate, di integrazione irrisolta.
Lo scorso venerdì via Padova, la strada più multietnica del capoluogo lombardo, è stata messa a soqquadro da una guerriglia urbana feroce, scoppiata a seguito dell’omicidio di un ragazzo egiziano ad opera di un sudamericano. La cronaca racconta di auto rigirate per strada, vetrine sfondate, negozi assaltati, persone assediate, caccia all’uomo. Non è importante sapere la causa scatenante, se sono stati apprezzamenti ad una ragazza o , come qualcuno dice, una semplice pestata di piedi sul bus. Resta la reazione abnorme, la guerra tra etnie, un intero quartiere in scacco, trasformato in campo di battaglia, l’odio trasversale tra gruppi di immigrati di diversa nazionalità, tra immigrati e forze dell’ordine, tra immigrati e italiani: un panorama desolante di integrazione incompiuta, di lacerazione dei rapporti sociali.
Scrivevo solo pochi giorni fa i su questo sito (Rosarno come Spartacus , 17 gennaio):
“Se il focolaio diventasse incendio non solo il Sud, non solo l’Italia rischierebbe di bruciarsi. La rivolta delle banlieues di Parigi sono l’evento più prossimo e più simile. Il problema dell’integrazione, dei diritti umani e della coesione sociale è un problema che riguarda tutti e tutte le nazioni industrializzate: deve essere una delle priorità della politica di questo nascente 2010 e va posto e affrontato a livello Europeo. Altro che processo breve!”
Se ne è accorto persino Calderoli: “Quello che accade stasera a Milano è un segnale di una possibile nuova banlieu francese“, mentre Salvini, eurodeputato e consigliere comunale, con la solita misura, ha auspicato : “espulsioni casa per casa, piano per piano”. Immagine che tanto evoca la scena della retata nazista in Schindler’s List nel ghetto di Cracovia.
Lasciano allibiti le dichiarazione degli esponenti milanesi del centrodestra: “Quello che è accaduto è una risposta a tutti coloro che ritengono che l’integrazione possa avvenire per legge”dice Calderoli, dimenticando che la legge si chiama Bossi (proprio come il suo capo) e Fini (come il suo alleato o ex alleato – attuale Presidente della Camera). E poi aggiunge “Non è che la pesante eredità che paghiamo per la sbagliata politica della sinistra” , unendosi con ciò alle dichiarazioni del sindaco Moratti e del Ministro La Russa, o Bossi: “Anche io critico la sinistra che ha fatto arrivare montagne di immigrati senza casa così poi sono nati i quartieri ghetto” e il ministro Gelmini si allinea: “siamo arrivati a questo grazie al lassismo e al buonismo della sinistra” .
Dimenticando tutti, in preda ad un attacco di amnesia collettiva, che Milano, come la Regione, è governata da 15 anni dal centrodestra e che degli ultimi 7 anni, per 5 il centrodestra ha avuto il governo della Nazione.
Comportamenti veramente infantili, tipici dei bambini colti sul fatto mentre rubano la marmellata, che ancora con la bocca ancora sporca e le mani appiccicaticce, gridano alla mamma: Non sono stato io, è stato lui!
Questa è la nostra attuale classe politica, democraticamente eletta, anche grazie ad un uso devastante (per i cervelli poco attrezzati) dei nostri media televisivi.
Purtroppo, finché ci saranno campagne elettorali (e in Italia ne abbiamo una l?anno) il problema dell’integrazione sociale, razziale, resterà irrisolto. E’ troppo importante suscitare e cavalcare le paure per far voti! L’immigrato per la nostra Destra è come Bin Laden fu per Bush: un’entità astratta in grado di suscitare paure ancestrali e su queste creare consenso.
Invece l’intervista del Ministro Maroni al Corriere (15 febbraio) non deve essere archiviata troppo rapidamente, ma va studiata a fondo, criticamente sia perché evita il palleggiamento delle responsabilità (ci prova, poi ci ripensa), sia perché smentisce i suoi stessi compagni di partito (no ai rastrellamenti), sia per il tono generale, anche autocritico, proiettato nella revisione e ricostruzione di un modello sociale di accoglienza.
Quale, non lo ha descritto, ma il progetto di “permesso a punti”, recentemente annunciato insieme al Ministro Sacconi, è uno degli strumenti a cui sicuramente pensava, come nuovo metodo di inserimento sociale.
Ma cosa si chiede nel permesso a punti? E’ un po’ come la patente: se la vuoi mantenere, devi rispettare il codice:
Così veniva descritto nel sito , www.stranieriinitalia.it : “All’immigrato che vuole conservare o ottenere il permesso di soggiorno viene chiesto il rispetto delle leggi, la conoscenza della lingua e in generale un buon livello di integrazione. Chi ha i requisiti ottiene il ‘permesso a punti’, con una dotazione iniziale di dieci punti, che possono essere decurtati fino alla revoca del permesso stesso in caso di violazioni, ma anche integrati se si dimostra di procedere sulla strada dell’integrazione. Proprio come per la patente di guida”.
Il testo riportato è del 7 ottobre 2008, ora siamo a febbraio 2010. Non era urgente? Non è stato fatto prima per colpa della sinistra? Dov’è l’efficientismo tanto sbandierato da questo Governo- Consiglio di Amministrazione su problemi così sensibili come l’immigrazione? Forse era troppo impegnato a pensare leggi che salvassero il Capo dai processi?
Il centrosinistra sul tema dell’immigrazione non deve dare alibi alla destra.
Non deve cadere nella trappola di contrapporre a queste proposte i soliti piagnistei, i soliti paragoni col fascismo o col nazismo, con le leggi razziali, che non allarmano più nessuno e hanno il solo merito di far sì che chi propone tali paragoni sia additato come favoreggiatore e complice dell’immigrazione clandestina.
Mi chiedo quanto senso abbia puntare i piedi su questa proposta del permesso a punti come ha fatto parte del mondo cattolico (prime tra tutte le ACLI) o la Sinistra (Ferrero) o il Centrosinistra (Turco). Almeno sono proposte!
Per rendere operative tutte le varie fasi del Decreto il Ministro ha assicurato l’intervento dello Stato. Qualcuno crede che questo Governo riuscirà a fare quello che promette?
Non sarebbe allora più intelligente scendere sullo stesso terreno del Governo e rilanciare con proposte ancor più impegnative come l’avvio di progetti specifici di integrazione (tipo ad esempio il Piano Nazionale Asilo) finanziati dallo Stato o, aggiungerei, dalla Comunità Europea, che non può sottrarsi pilatescamente a questi problemi. E avvalersi nella costruzione di questi progetti dell’apporto e la competenza di tutte quelle associazioni umanitarie che su questo campo hanno negli anni acquisito un profondo know-how (il Centro Astalli, la Caritas, Sant?Egidio, ecc)?
Non sarebbe meglio da parte del centrosinistra avviare da subito un monitoraggio critico, senza sconti, di quello che il Decreto prevede, puntando il dito sia sul rispetto della tempistica che sull’effettiva realizzazione delle proposte e degli impegni previsti?
Come al solito, i proclami mediatici del centrodestra non potranno che essere smascherati e mostrare come sempre un profondo vuoto di contenuti e azioni concrete! E nessuno potrà accusare il centrosinistra di integralismo solidale, a danno della nostra struttura sociale.
Carnevale è finito: togliamo la maschera al Governo degli annunci!