Qualche giorno fa Amedeo Piva ci segnalava l?amara e spiritosa ?sentenza? con la quale Severgnini aveva sintetizzato in una frase la situazione dell?Italia così come percepita da qualche suo caustico lettore.
Vorrei soffermarmi anch?io con qualche considerazione sul significato del bruciante aforisma; non però sulla parte, ahimè, più ovvia, non, cioè, su quel gioco di parole implicito nel ?losco?: n?drangheta, mafia, camorra, nuova corona unita, munnezza, corruzione, e chi più ne ha più ne metta: tutte tragiche evidenze di quel devastante fenomeno di assenza/debolezza dello Stato che sta facendo dell?Italia una vergogna in Europa (basti guardare la desolante copertina riservataci da Newsweek solo qualche giorno fa). C?è poco da dire al riguardo, forse solo da piangere, guardando ad uno Stato che ha consentito il pervasivo dilagare di tali cancri, anche con la complicità di cittadinanze deboli, pigre, acquiescenti, incolte e, quindi, appunto complici, magari incoscienti.
Vorrei invece soffermarmi sulla prima parte dell?aforisma (La bella addormenta) che per certi aspetti mi pare anche alla radice del losco; e vorrei farlo con lo spirito di chi, con sforzo disperato, ricerca motivi di speranza e di sprone nell?attuale fase dell?evoluzione politica del paese. In fondo stiamo vivendo una fase non del tutto priva di barlumi di speranza: l? attività di governo non ha consentito di rimuovere un (dico: un) motivo di paralisi della capacità di fare, il famoso sistema elettorale, sfacciatamente voluto da chi lo ha poi definito ?una porcata?. Ebbene: qualcosa sembra muoversi, ancora confusamente, per superare sul piano sociologico quel frazionismo che ci ha devastato, per rimuovere attraverso aggregazioni spontanee una (dico: una) delle ragioni della nostra impotenza; e dunque, proviamo a sperare, almeno in adempimento di un estremo dovere verso il mondo che stiamo lasciando ai nostri figli.

Ragioniamo allora sulle due parole iniziali dell?aforisma: la bella addormentata.
Non c?è dubbio che l?Italia sia bella; da tutti i punti di vista: è bella per la sua natura, per la sua posizione, per i tesori d?arte che pure occulta o trascura, per la sua gente, per il suo clima, per il suo antico amore per la vita, per la sua luce, per la sua storia, magari remota, per le sue tradizioni, per la sua cucina, per la sua versatilità ed anche ? riprendiamo qui De Rita ? per le sue tenaci minoranze alle quali resta affidata la sua altrimenti estenuata vitalità.
Ma perché è addormentata? Perché appassita, perché ripiegata su se stessa, perché rattrappita in un torpore fatale ?
Proviamo ad andare alla radice di questa dormienza, di questa ottenebrata incoscienza del nostro spirito e della nostra intelligenza; e cerchiamo di analizzarne le cause, come se fosse possibile una collettiva psicoanalisi di un malato plurimo:

1. Il livello di benessere raggiunto dal Paese nei decenni passati non è stato compiutamente analizzato nelle sue componenti, o perlomeno non lo è stato diffusamente. Gli italiani non hanno riflettuto a sufficienza e non hanno saputo o voluto distinguere (e la politica in questo li ha certamente aiutati a sbagliare) quanto è stato dovuto al loro sforzo e quanto è stato dovuto agli strumenti (debito pubblico, svalutazioni) che sono stati usati per drogarlo. E in tale carenza di analisi hanno maturato l?idea di essere ormai al livello dei paesi più avanzati d?Europa e di potervi restare seguitando ad usare gli stessi strumenti che, invece, sono stati loro sottratti dall?unione monetaria (si badi bene: l?unione monetaria è forse l?ultimo dei traguardi seri e benefici che il Paese ha raggiunto negli ultimo quindici anni, per fortuna mai sottoposto a referendum, sennò saremmo stati capaci anche di fare l?asinata che abbiamo fatto col nucleare).

2. Ne è conseguito un lungo periodo lungo (troppo lungo ma non ancora finito!) di resa dei conti: perdita di competitività, declino del benessere relativo, paralisi della capacità di investimento in istruzione e in infrastrutture economiche e sociali, nuovo accrescimento del divario nord- sud, etc..

3. Tale conseguenza, a sua volta, ha determinato un clima cupo, pessimista, sfiduciato che oramai dura da più di quindici anni: sono cresciuti gli stolidi egoismi di coloro che si sentono, a torto o a ragione ma più spesso a torto, esenti dal decadimento in atto, si è dilatata una tendenza centrifuga mirata a riprodurre a livello locale ciò che (per fortuna) non si può più a livello centrale (hanno cominciato a fallire i comuni!), si è incarognita la contrapposizione localistica, è venuto meno ogni senso di solidarietà nazionale.

In questo clima, nessuno dice ( e forse nessuno vuole sentirsi dire ) la verità, preferendosi la ninna-nanna propalata da politici irresponsabili che, lungi dal suonare la sveglia al Paese, hanno somministrato dosi massicce del bromuro delle illusioni (dal siamo la quinta o sesta economia del mondo, come si diceva una decina di anni fa, ai più recenti ed anche meno decenti tesoretti) e delle diversioni (conflitto di interessi, modifica della 194, libertà contro comunismo, etc.); e, a forza di bromuro, la bella si è addormentata nell?illusione di poter riposare sugli allori della rincorsa al benessere vinta nel passato.
Mentre dormiva, l?Italia è regredita in tutto fuorché nel clamore delle polemiche dei talk show: abbiamo un sistema scolastico inadeguato, non facciamo ricerca, non abbiamo un sistema infrastrutturale comparabile con quello dei Paesi che avevamo avvicinato nel benessere, abbiamo un sistema giudiziario che si muove con la celerità delle carrozze mentre il mondo corre alla velocità della luce, viviamo in contesti urbani degradati dallo sporco e dall?incuria manutentiva, non produciamo più cultura, abbiamo una classe politica vecchia e sterile, ci attardiamo in ridicole polemiche fra guelfi e ghibellini, non abbiamo una politica dell?immigrazione, abbiamo perso ogni primazia nell?industria del turismo, abbiamo servizi desueti ed inefficienti, non riusciamo nemmeno ad affrontare il banale problema dello smaltimento dei rifiuti, e così via, sempre più fermi, sempre più?addormentati. E mentre dormiamo, sogniamo, sogniamo di essere Zapateri o Sarcosiani o Blairiani, sogniamo di essere europei mentre sfiliamo con elmi bicorni, sogniamo di essere moderni mentre impieghiamo anni per decidere il tracciato di una ferrovia. E, dormendo e sognando, invecchiamo.

E allora? Situazione disperata?
Sì, forse, ma fortunatamente solo forse. Non perché la bella addormentata non sia risvegliabile o perché, se si risvegliasse, non sarebbe capace di riprendere la corsa con la vitalità che pure le è stata propria. Ma solo perché non mi pare che ci sia alle porte nessuno che, a rischio di esserle odioso per l?interruzione del sonno, voglia svegliarla bisbigliandole all?orecchio, senza gridare, la verità su quello che siamo (un Paese decaduto e decadente), re-infondendole la speranza di poter essere di nuovo quello che era, un Paese intelligente, tenace, laborioso, pieno di inventiva e di solidarietà.