12 italiani su 100 sono analfabeti; e due terzi sono condannati alla perdita delle conoscenze di base.
La classifica internazionale (OCSE 2004) dei Paesi più istruiti, vede l’Italia al terzultimo posto tra 30 concorrenti: dopo di noi solo Portogallo e Messico
L?Unione nazionale lotta all’analfabetismo, presieduta dal professor Saverio Avveduto, ha recentemente pubblicato questi drammatici, risultati, ricavati da uno studio dedicato all’analisi del nostro sistema scolastico.
Parlare di scuola, come di solito accade, riferendosi solo all’apparato educativo dai tre ai ventiquattro anni, secondo il prof. Avveduto è riduttivo e fuorviante. Sarebbe come camminare su una gamba sola e quindi zoppicando.
Due terzi e più dei cittadini italiani vengono condannati alla perdita inarrestabile delle loro conoscenze di base che, se non adeguatamente coltivate, vanno incontro ad una obsolescenza causata da cicli della conoscenze scientifiche, alla base dell?innovazione tecnologica, che si rinnovano ogni cinque anni.
Questa zoppia educativa è la causa principale della pericolosa debolezza e mancata modernizzazione del nostro sistema economico. Siamo il Paese che ha il più basso livello di addetti all’industria con titolo universitario.
Nel secondo dopoguerra, come osservava Mario Draghi Governatore della Banca d?Italia, nella sua Lectio magistralis, tenuta nel 2006 all?Università La Sapienza, la crescita dell?economia, di durata e intensità senza precedenti, fu accompagnata nel nostro paese da un innalzamento progressivo del livello d?istruzione della popolazione, che seppe combinarsi efficacemente con lo stato delle conoscenze tecnologiche.
Basta ricordare la rilevante posizione che l?Italia deteneva a livello internazionale in molti settori industriali: dall?elettronica di consumo all?industria aerospaziale, dall?industria farmaceutica alla meccanica di precisione.
Tra la fine degli anni ?70 e l?inizio degli anni ?80 il modello vincente dei nostri distretti industriali veniva studiato, per essere adeguatamente replicato in patria, da delegazioni di industriali americani e giapponesi. A partire dagli anni ?90 l?entrata delle economie emergenti, soprattutto di quelle asiatiche, sui mercati della competizione globale ha mostrato il nesso strettissimo che esiste tra sviluppo economico e istruzione.
L?acquisizione di un livello avanzato di conoscenze è, secondo Mario Draghi, la condizione ormai indispensabile per innovare, per adattarsi alle nuove tecnologie, per competere a livello globale.
La dotazione di capitale umano assume un valore cruciale che trascende chi ne usufruisce in prima istanza: essa promuove la generazione e la diffusione di nuove idee che danno impulso al progresso tecnico; migliora le prospettive di remunerazione e, chiudendo il circolo virtuoso, accresce l?incentivo all?ulteriore investimento in capitale umano.
La situazione italiana, come mostrano i dati della ricerca UNLA, rischia di fare precipitare il nostro paese in una situazione che potrebbe avere nel breve periodo drammatiche conseguenze a livello economico e sociale.
Già a partire dall?inizio degli anni ?90 era diminuita la quota dei nostri beni e servizi high tech sul mercato mondiale. Alla fine degli anni ?90 anche i trend dell?export del low e medium tech avevano mostrato una preoccupante flessione. Si era cioè rapidamente vanificato il patrimonio avanzato di conoscenze che era stato alla base del nostro miracolo economico degli anni ?70 e ?80.
Secondo il prof. Avveduto il quadro che emerge dall?ultimo censimento Istat del 2001 è sconvolgente. Il 12% della popolazione è analfabeta e senza alcun titolo di studio, sono circa sei milioni di cittadini. Il 33% della popolazione (7,5% di laureati e 25,85% di diplomati) è in grado di affrontare le sfide della società contemporanea in quanto ha la formazione di base necessaria.
Il 66% (30,12% con licenza media, 36,52% con semplice licenza elementare) dispone di una formazione insufficiente per partecipare informata allo sviluppo della società della conoscenza. Si tratta di 36 milioni di italiani da considerare analfabeti totali, semi-analfabeti o analfabeti di ritorno, comunque non in grado di affacciarsi sul mondo del lavoro e difendersi di fronte ai continui cambiamenti che lo hanno investito.
A questa deriva culturale ha contribuito, e sta tuttora continuando a contribuire, l?enorme offerta di programmi basati esclusivamente sull?intrattenimento da parte delle reti televisive commerciali e della Rai.
Non è mai stata realizzata in questi anni una ricerca per mettere in rilievo la quasi totale assenza nei programmi della Rai di contenuti educativi e formativi Tanto meno sono state realizzate ricerche sulle sinergie che in questi anni venivano realizzate all?estero, tra mondo dei media, in particolare quello delle televisioni pubbliche e dei nuovi media, il mondo dell?industria e quello dell?istruzione per modernizzare le infrastrutture educative.
Queste sinergie sono state da tempo realizzate non solo nei paesi anglosassoni ma anche in Francia e recentemente in Spagna.
Sarebbe quindi urgente e necessario porre al primo posto della piattaforma programmatica del Partito Democratico una proposta forte e seria per una strategia che consenta di ricostituire quel patrimonio avanzato di conoscenze necessario e indispensabile per la competizione globale Forse servirebbero riflessioni sulle best practices che sono state realizzate in altri Paesi.
L?India, tanto per citare un esempio di best practices fra i tanti, ha programmato un gigantesco piano di investimenti sull?istruzione dei giovani e degli adulti e si appresta a passare, entro il 2015, dalle attuali 350 a 1500 università di cui 50 saranno centri di eccellenza livello mondiale.