Lo scorso 4 ottobre sono iniziati i lavori del Sinodo speciale per l?Africa sul tema “La chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”.
È il secondo Sinodo speciale per l?Africa, segno dell?importanza che il Papa attribuisce alle Chiese d?Africa per il futuro della Chiesa universale..
In questi ultimi quindici anni l?Africa ha avuto un percorso per alcuni aspetti positivo :
gli indici di sviluppo economico per alcune nazioni sono stati confortanti ,qualche conflitto ha trovato una soluzione, almeno provvisoria. Ma la strada è ancora segnata da troppi conflitti e dal persistere e l?aggravarsi del carico di sofferenza per le situazioni di ingiustizia, le pandemie e la corruzione, la povertà e gli abusi che grazie al fenomeno della globalizzazione e le crisi del mondo occidentale sono venute ad aggravare la già pesante situazione del Continente..
Le cause della sofferenza dei popoli d?Africa, l?Instrumentum Laboris ( Strumento di Lavoro che raccoglie i desiderata delle chiese locali in Africa) le vede nelle loro radici profonde:
?? il cuore umano ferito resta l?ultimo rifugio dove s?annida la causa di tutto ciò che destabilizza il continente africano. L?egoismo alimenta la sete di guadagno, la corruzione e l?avarizia spinge all?appropriazione indebita di beni e ricchezze destinate a popoli interi. La sete del potere provoca il disprezzo di tutte le regole elementari di un buon governo? .
Il documento riconosce a più riprese la responsabilità internazionale:
?In complicità con uomini e donne del continente africano, forze internazionali sfruttano questa miseria del cuore umano che non è specifica delle società africane. Esse fomentano guerre per smerciare armi. Sostengono poteri politici irrispettosi dei diritti umani e dei principi democratici (n. Nella corsa attuale dei Paesi industrializzati per occupare le più grandi riserve minerarie del mondo, l?abbondanza delle risorse naturali del continente continua ad essere una fonte di minaccia per la pace, la giustizia e la riconciliazione?.?
Prima dell?inizio dei lavori del Sinodo il CIMI Conferenza degli Istituti Missionari in Italia e l?UCSI Lazio Unione Cattolica Stampa Italiana, hanno promosso un Osservatorio sul Sinodo e altre importanti iniziative tra cui un Convegno dal titolo ?Il Sinodo nell?attuale situazione socio-politica ed ecclesiale del continente africano?.
Nel suo intervento al Convegno la missionaria saveriana Teresina Caffi ha ricordato che i quindici anni dal primo Sinodo africano hanno significato per diversi Paesi d?Africa violenza e morte, in diversi modi e gradi: la Sierra Leone, la Liberia, la Costa d?Avorio, la Somalia, l?Etiopia e l?Eritrea, l?Uganda, il Ruanda, lo Zimbabwe, l?Angola, l?allora Zaire, il Sudan, il Ciad.
Come sottoporre a giustizia i responsabili dei gravi crimini che hanno insanguinato e terrorizzato un Paese per anni? Teresina Caffi ha ricordato la positiva risposta che a questo drammatico interrogativo stanno dando le Commissioni per la verità e la riconciliazione (Truth and Reconciliation Commissions) TRC.
Queste commissioni attingono ai valori africani della restaurazione,delle relazioni e ai valori biblici della riconciliazione nella verità e nella giustizia .
Diversi paesi d?Africa hanno scelto questa via, spesso integrandola con le altre; hanno tentato di curare le ferite per costruire con gli oppressori rinsaviti un futuro comune imprimendo a questi procedimenti le loro caratteristiche culturali e di fede. Il fondamento delle Commissioni per la verità e la riconciliazione è ?la convinzione che solo dall?ammissione delle colpe, dalla ricostruzione delle verità, possa giungere la riconciliazione tra i singoli individui e nell?intera nazione?. Loro intento è giungere a una restaurazione delle relazioni tramite l?ammissione della colpa e la riparazione.
Esse intendono dunque fare piena luce sui crimini compiuti, offrire alle vittime la possibilità di raccontare in pubblico il loro dramma, individuare le responsabilità di individui e strutture e ricercare la restaurazione di relazioni positive mediante il dialogo, l?ammissione della colpa, la riparazione.
A conclusione del suo intervento Teresina Caffi . ha affermato che se se l?Occidente vuole davvero aiutare la riconciliazione in Africa, deve mettere la verità e la giustizia al primo punto della propria agenda.
Verità e giustizia che hanno abbandonato molti discorsi durante le visite dei grandi utili solo agli uomini d?affari che li accompagnano.
Nel suo intervento l?onorevole Jean Leonard Toudì ha ricordato il suo grande maestro Jean MarcEla, prete e teologo coraggioso, intellettuale africano che non ha avuto paura di lasciare le cattedre africane a cui era destinato per andare nel nord del suo paese, il Camerun, a piedi nudi, per condividere l’esperienza degli ultimi.
Da sacerdote ha lavorato per quattordici anni tra la popolazione kirdi del nord del Camerun, portando il messaggio di liberazione del Vangelo. Un lavoro che ha dato fastidio al potere, che lo ha costretto all?esilio.
Secondo Jean Leonard Toudi i popoli africani soffrono, ha detto citando le riflessioni di Jean MarcEla ,di una doppia solitudine : sono soli di fronte ai meccanismi della globalizzazione ma sono anche soli di fronte ai loro dirigenti locali, che si sono ritagliati per se stessi l’ignobile compito di essere unicamente intermediari d’affari tra il mondo esterno e i loro territori. Jean Leonard Toudi ha tuttavia sottolineato che quel mondo della clochardizzazione di massa descritto da Jean MarcEla può essere anche il punto di partenza della riscossa africana attraverso ?i nuclei di resistenza e di innovazione?. Quei segmenti di società africana che si sono costituiti e che sono fuori della statistiche della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale. Fuori dall?ufficialità.
Questi ? nuclei di resistenza e di innovazione?.sono i depositari dei saperi prodotti dalla società africana per raccogliere le sfide dell?ambiente. Saperi con i quali, nonostante le apparenze, l?africano non ha rotto. È vero talora che questi saperi sono stati occultati, hanno finito per entrare in clandestinità in società dove il colonialismo li ha spinti all?emarginazione. Ma le persone continuano a ricorrere a questi saperi. Oggi si assiste a un ritorno di questi aspetti inibiti, perché ci si rende conto che né i saperi della scuola occidentale né le tecniche importate da fuori possono risolvere i problemi del vivere quotidiano. Le persone sono costrette a riappropriarsi dei saperi precoloniali sui quali si costituisce la modernità africana. Quest?ultima, in gestazione, sta per manifestarsi in diversi campi: alimentazione, sanità, tecnologia, habitat.
. Bisognerà incontrare l?Africa là dove essa si inventa, a partire da questi bricolage che formano il tessuto della vita sociale africana . L?arte del bricolage è l?arte di vivere attualizzando una memoria tecnologica, mettendo in opera un potenziale di creatività che conduce l?africano a immaginare risposte pertinenti ai problemi in un contesto dove vivere è una sfida quotidiana.
I ? nuclei di resistenza e di innovazione?. potrebbero quindi essere un primo strumento per contrastare il fallimento dell’economia africana ufficiale, l?arresto dei processi di democratizzazione, la pace che non c’è e soprattutto l’ingiustizia redistributiva e sociale.
L’ingiustizia redistributiva in Africa ,ha affermato Jean Leonard Toudi citando il libro di Paul Collier ?L’ultimo miliardo? che si innesta con i meccanismi dell’economia internazionale è una bomba ad orologeria. Non ci sono processi di democratizzazione a causa del forte nesso tra condizione di prostrazione economica e guerra e conflitti.
Al termine del suo appassionato intervento Jean Leonard Toudi , dopo avere citato le cifre drammatiche dei 14mila africani morti dal 1988 al 2007 nel Mediterraneo un tempo considerato il mare del dialogo, dell’incontro tra civiltà, ha chiesto che almeno una manifestazione del Sinodo si svolga simbolicamente a Lampedusa, per togliere ,ha detto,il pretesto a tutti noi di affermare ?non sapevano ciò che sta accadendo?.
Padre Alex Zanotelli nel suo intervento ha sottolineato la necessità per noi italiani di iniziare ad assumerci le nostre responsabilità in questa tormentata storia del continente. Dobbiamo,ancora riconoscere i misfatti dei nostri interventi coloniali in Eritrea , Libia, Somalia ed Etiopia e quanto sia stata spietata la conquista e la colonizzazione di quelle terre . Dobbiamo anche riconoscere i guai che la nostra politica ha combinato in quelle nazioni dopo la loro indipendenza, In particolare nel Corno d?Africa, dove abbiamo perseguito solo gli interessi delle nostre compagnie. Particolarmente evidente nella spartizione affaristica di quella regione, alla fine degli anni ?80, fra la Democrazia Cristiana (Etiopia) e il Partito Socialista di Craxi (Somalia) .Il disastro odierno della Somalia , straziata da spaventose lotte fratricide , è in parte responsabilità nostra. Sappiamo oggi quanta corruzione abbiamo esportato in un paese governato dal già corrotto regime di Siad Barre, che abbiamo poi riempito di armi e di rifiuti tossici (ora iniziamo lentamente a venire a conoscenza di questi traffici!) La morte di Ilaria Alpi (ancora senza spiegazioni, anche se sappiamo perché è stata uccisa!) è lì a ricordarci tutto questo.
Secondo Alex Zanotelli l?attuale politica estera italiana nei confronti dell?Africa è quella degli affari. Siamo diventati gli amici dei peggiori dittatori d?Africa da Gheddafi ( Libia) a Afeworki (Eritrea), da Bashir (Sudan) a Ben Ali (Tunisia). L?ENI, (al 30% è dello Stato Italiano) sta provocando un vero disastro ecologico nel Delta del Niger. L?ENI estrae 152.000 barili di petrolio al giorno e allo stesso tempo ricorre al ?gas flaring? che consiste nel bruciare il gas in torcia che contribuisce a fare della Nigeria il primo paese al mondo per le emissioni di CO2; distrugge l?ecosistema nel Delta del Niger e viola i diritti umani ed economici delle popolazioni indigene. Tutte le proteste fatte sono finite nel nulla. Alex Zanotelli ha ricordato di avere chiesto,durante il governo Prodi , con insistenza ma senza successo, che una delegazione interpartitica visitasse con i media quella regione .
L?Italia di Berlusconi, ha ricordato Alex Zanotelli ,che aveva promesso durante il tragico G8 di Genova ben l?1% del Pil per un nuovo ?Piano Marshall? per l?Africa, batte tutti con l?ultimo posto tra i donatori industrializzati e quel che è peggio, senza che voci autorevoli e qualificate del ?governo ombra? si siano alzate in difesa degli impegni internazionali.L?Italia è inadempiente anche per il pagamento delle quote del Fondo di lotta all?Aids, Tbc e malaria.Il governo Berlusconi non ha mantenuto nessuna delle promesse fatte ai vari G8, ultimo quello del L?Aquila, dove ,dopo la lettera di Benedetto XVI sull?Africa, aveva fatto mirabolanti promesse.
Dopo avere riportato una sintesi di queste appassionate testimonianze al recente convegno sul Sinodo Africano, vorrei come contributo personale sottolineare tra le tante inadempienze italiane verso il dramma che sta vivendo l?Africa ,lo scarso interesse manifestato dai nostri media .In particolare dalla televisione attraverso i TG sempre più distratti e berlusconizzati .
L?Osservatorio di Pavia ha monitorato dal 1°gennaio al 31 dicembre 2008.per conto di Medici Senza Frontiere i servizi dedicati dai Tg della Rai,Mediaset e La 7 a eventi o situazioni di crisi(non solo dell?Africa ma anche dell?Asia e dell?America Latina).
I risultati indicano che questo tipo di servizi ha un peso del 6% rispetto al numero totale di servizi che hanno composto le agende dei TG analizzati,quindi nettamente marginale A titolo di esempio riportiamo alcuni numeri
un anno di fame in Africa = 110 notizie
un inverno di influenza = 121 notizie
1 mese di colera Zimbabwe= 12 notizie
un?estate di Briatore-Gregoraci = 33 notizie
un anno di Sudan = 53 notizie
tre mesi di caldo = 81 notizie
un anno di Etiopia =6 notizie
un anno di Carla Bruni = 208 notizie
Raccontare significa anche sollevare un problema che altrimenti rischia di rimanere sconosciuto,
significa richiamare alle proprie responsabilità nei confronti delle popolazioni in pericolo i governi
e le istituzioni
Non raccontare la sofferenza di milioni di profughi, di bambini che muoiono di fame, di feriti e
mutilati, di donne violentate, equivale a dire che tutte queste persone, e le loro sofferenze, non
esistono.