Eseguire un provvedimento di espulsione nei confronti di una persona straniera prima che venga convalidato dal giudice è incostituzionale. È arrivato dalla Corte Costituzionale l’attacco al cuore della Bossi-Fini.
Attesa da tempo, la sentenza emessa lo scorso 8 luglio demolisce uno dei capisaldi del sistema repressivo introdotto dalla legge sull’immigrazione.
La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma della legge Bossi-Fini che prevede l’accompagnamento immediato alla frontiera dello straniero espulso, senza che l?interessato possa esercitare il suo diritto alla difesa in un contraddittorio regolare, assistito da un avvocato e davanti ad un giudice.
La sentenza n. 222 della Corte Costituzionale rappresenta un punto di svolta in quanto ribadisce un principio fondamentale di ogni democrazia: tutti hanno il diritto di difendersi davanti ad un giudice, con l?assistenza di un avvocato, in un dibattimento regolare.
Lo Stato italiano deve sempre poter garantire, allo straniero non comunitario, un?adeguata possibilità di difesa prima che un?eventuale espulsione venga effettuata.
In altre parole ci deve essere sempre un giudice che valuti preventivamente la legittimità e il merito dei provvedimenti della pubblica amministrazione che, come l?espulsione, incidono in modo così pesante sulla libertà di un individuo.
Come ha giustamente sottolineato in un suo comunicato l?Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, il principio sancito dalla sentenza della Corte risulta essere ancora più rilevante nel caso della tutela del diritto dei rifugiati.
Infatti, nel caso particolare dell?asilo politico, emerge il rischio concreto che un comportamento arbitrario tenuto dalla pubblica amministrazione violi norme internazionali e sia causa di un rimpatrio coatto verso un paese in cui la vita e l?integrità delle persone possono essere messe in serio pericolo.
La sentenza della Consulta, quindi, non potrà non avere ricadute importantissime anche sulle norme della legge Bossi-Fini riguardanti il diritto all’asilo politico.
Questa stabilisce infatti che al diniego di riconoscimento dello status di rifugiato segua un’espulsione immediata, che non può essere sospesa neanche dalla presentazione del ricorso al giudice ordinario.
L’illegittimità di tale disposizione, grazie alla sentenza della corte, risulta essere evidente. Nella legge infatti manca la previsione di un controllo giurisdizionale effettivo, in grado di incidere sulla situazione prima che il danno venga prodotto.
L’allontanamento del richiedente asilo violerebbe sia la Costituzione che le convenzioni internazionali ratificate dall?Italia. Il Governo, se non vuole porsi fuori dai principi minimi di legalità, deve ora rivedere anche la parte della Bossi-Fini che riguarda il diritto d’asilo.