«E’ SOSPETTA LA BONACCIA NELLA MARGHERITA. PREFERISCO IL TORMENTO DEI DS. DEVE CAMBIARE TUTTO, ANCHE LE FESTE DELL’UNITA’»
ROMA- Quella sua uscita, ripetuta due volte, sulla necessità che i Ds vendano le loro sezioni una volta fatto il Pd, l?ha esposta al malumore del popolo diessino. Anche perché l?ultima volta, lei, Rosy Bindi, era a Trieste, mentre a Roma in contemporanea c?era l?assemblea di oltre 3000 segretari di sezione della Quercia. E così proprio lei, da sempre piuttosto amata dalla base della Quercia, si è ritrovata immersa fino al collo nel dibattito congressuale dei Ds. Tanto che Angius le ha replicato a muso duro: «Non bastava la disinfestazione delle nostre sedi, ora vogliono addirittura l?alienazione».
– Cosa fa ministro Bindi? Vuole soffiare a Paola Binetti la palma di beniamina a rovescio della base diessina?
«Per carità, non c?è nulla da disinfestare. Anzi sento una forte empatia per il sincero tormento che c?è nei Ds. Al Pd serve di più questo travaglio che la bonaccia che si respira nella Margherita e che mi insospettisce. Quello diessino è un popolo che conosco bene, con cui c?è anche una condivisione quotidiana. Sono nata in una parte dell?Italia dove siamo da sempre vicini di casa. Sono stata a più feste dell’Unità che non del mio partito, compresi la Dc e il Ppi».
– Dunque perché vuole che i ds vendano le loro sedi?
«Se vogliamo fare davvero un cosa nuova è necessario che anche nel percorso dei Ds ci sia un punto di rottura rispetto al modello organizzativo, che in fondo è rimasto intatto anche dopo la Bolognina. Capisco il tormento, ma è impossibile che il nuovo partito nasca, cresca e alberghi nelle strutture di uno dei due fondatori».
– Ci sono anche le sedi della Margherita: tutte potrebbero diventare sedi del Pd.
«Già, e così ognuno resta a casa propria, magari invitandosi ogni tanto. Se è così, la festa è già finita prima di cominciare».
– Almeno in una prima fase…
«Non credo che la fretta sia amica delle cose fatte bene. Sono aperta alla gradualità, l?importante é non fermarci e avere chiaro il punto d?arrivo. Dobbiamo mischiare due popoli e contaminarci con tanti altri. Il Pd ha senso se parla ai giovani, agli intellettuali, ai movimenti, alle forze sociali. Se riesce a riconvocare il popolo delle primarie. Se non rinasce l?amore per la politica, e lo vedo sempre più affievolito, questa sarà la nostra grande sconfitta».
– E tuttavia la sua uscita sulle sedi Ds non ha mobilitato grandi passioni, anzi…
«La reazione è stata rivelatrice: dobbiamo capire bene dove vogliamo andare. Non ho alcun obiettivo di redenzione della sinistra italiana, di quella storia non intendo buttare nulla così come della mia, compresi i rispettivi errori. Da queste due storie ora può nascere una nuova cultura politica ma non vedo la passione di una autentica fase costituente».
– Quando le vorrebbe vendere queste sedi?
«È chiaro che, di qui al 2009, ci sarà una fase federativa in cui saremo una unione di fatto. Non si smobilita la vecchia casa mentre si costruisce la nuova. E so bene che non possiamo stare in una tenda, anche se è una bellissima immagine biblica. Diciamo che nel 2009 dovremo essere in grado di avere nome, simbolo, giornali, feste: tutto nuovo».
– Vuole togliere anche le feste dell?Unità?
Dove sarebbe lo scandalo? Altrimenti facciamo solo una federazione punto e basta. Ma non credo che sia necessaria per aprire quella grande stagione di partecipazione che a parole tutti auspichiamo.
– Nuova anche la classe dirigente?
Se quella attuale riesce in questo compito vuol dire che è già nuova, che ha capito molto del futuro.
– Il suo imperativo vale anche per la Margherita?
Certamente, però noi le nostre cose le abbiamo già lasciate. La nostra rottura l?abbiamo già vissuta due volte, prima col Ppi e poi con la Margherita. Le assicuro che si sopravvive.
– Eppure, se la struttura ds viene meno, prosperano solo i potentati democristiani, le tessere…
Anche la Margherita deve cambiare rotta, stiamo arrivando al Pd in modo troppo autoreferenziale e non mi piace: da quando è nata le tessere sono raddoppiate e i voti sono calati di un terzo. Non mi piace, non è un bel segnale.
– Crede che la sua uscita sulle sezioni abbia aiutato le minoranze dei Ds che non vogliono il Pd?
Vedo il rischio ma non avevo certo intenzione di creare problemi a Fassino che si sta impegnando così generosamente. Però, davvero, non capisco perché Mussi voglia chiamarsi fuori: su molti punti di merito sono più d?accordo con lui che con Nicola Rossi, eppure dovrei fare un nuovo partito solo con Rossi. Certe antinomie del nostro dibattito sarebbero molto più risolvibili grazie all?incontro tra la cultura socialista e quella cattolica. Penso ai temi della pace, dell?equità, della giustizia nel mondo. Su queste grandi questioni del nostro tempo non ci possono essere una risposta riformista e una radicale. La nostra sfida, l?ambizione profonda del Pd, è proprio quella di mettere insieme radicali e riformisti e dar vita ad una nuova sintesi politica.
– Ne avete parlato con Mussi?
Glielo dico sempre: sei bravo ma stai sbagliando. Non capisco come, pur pensandola allo stesso modo su molti temi, non si possa stare nello stesso partito.
– Invece due riformisti doc come Rutelli e Bersani sembrano in lotta fra loro.
Sarò schietta: può sembrare più facile trovare la sintesi quando si tratta di valori o di idee che sulle liberalizzazioni. Sono anche questioni di potere, che vanno a toccare molti interessi. È normale che si faccia più fatica. Fare un partito insieme significherà anche affrontare questi nodi: e non sarà una passeggiata…
– Intanto sui Pacs le associazioni gay vi accusano di volere un accertamento poliziesco.
Hanno confuso il termine: accertamento significa solo prendere atto. Credo che con un po? di ragionevolezza avremo un grande risultato per tutti. Certo che questo tema è una bella palestra per il Pd…
– Lei è convinta davvero dell?esigenza di una legge sulle unioni di fatto?
«Sono un impegno del programma e come tale lo rispetteremo».