Da qui inizia questo originale racconto in cui si mescolano sapientemente, come nella biografia stessa dell?autore, le due diverse culture e mentalità del Marocco, nazione di origine di Benali, e dell?Olanda, il suo paese d?adozione. Profumi, luci, colori, cibi, tradizioni e costumi, memorie e nostalgie, vengono intrecciate con un insolito anticonformismo, dando vita ad una saga familiare di grande umorismo e sensibilità.
Sullo sfondo una Rotterdam, in cui culture diverse convivono l’una accanto all’altra. L’autore gioca intelligentemente con le paure, i sogni e le ambizioni di entrambe le culture, quella marocchina e quella occidentale, cogliendone le diversità e le affinità.
C?è il rimpianto dei vecchi emigranti, sradicati dalla propria terra, c?è lo straniamento dei giovani, non marocchini ma neppure totalmente olandesi, c?è il rifiuto totale di alcuni di rispettare e seguire le regole dei padri e la dolorosa ricerca di radici nel passato di altri. Una madre, Malika, votata a tenere la famiglia unita attraverso la cucina, per alimentare la sensazione di appartenenza del figlio Mehdi Ajoub, non ancora maggiorenne, a sua volta tormentato dal dubbio che Driss, il padre, non sia il suo vero padre e che la sua famiglia in qualche modo possa assomigliare a quella frantumata e ricomposta della ragazza di cui è innamorato. Capelli biondi, occhi azzurri: Diana, anche lei erede di un passato complesso, figlia di Elisabeth Doorn e di Samuel Corvo Nero Branningan, americano di sangue misto pellerossa e irlandese, ma allevata all?Aia da un altro uomo, Rob, che ha fatto per Diana, a tutti gli effetti, le veci del padre.
Tutto questo raccontato da un nascituro, che già ama i due giovanissimi genitori e tutti i nonni, anche se ancora non ha visto la luce, e che già ha ben chiaro quanto sia complessa la mappa del suo Dna. La lunga attesa è quella del parto, con un finale decisamente a sorpresa.