Sono passati solo pochi anni dall?ingresso dell?euro in Italia che solo alcuni di quegli effetti benefici per il nostro paese, così tanto sbandierati dai suoi promotori nella fase d?avvicinamento e d?avvicendamento con la nostra moneta, si sono fatti sentire, uno per tutti: la tanto agognata ?stabilità economica?. Chi non ricorda la continua altalena inflazionistica della lira? Bastava una semplice crisi petrolifera, alimentata ad arte da qualche nababbo arabo intento in speculazioni borsistiche sul greggio, o l?accendersi del più piccolo focolaio di guerriglia per lo sconfinamento di qualche capra indiana nel lontano Kashmir, a scatenare quel vertiginoso aumento dei prezzi che attanagliava alla gola tutta la nazione: cittadini, imprese, stato. Per fortuna possiamo solo immaginare che cosa sarebbe accaduto alla nostra moneta in balia dell?11 settembre o della politica nostrana di liberalizzazione dei servizi.
Certo, l?avere introdotto la moneta unica europea, oltre ad aver facilitato estremamente gli scambi commerciali ed il movimento dei cittadini nel continente, ha permesso di calmierare all?interno dei nostri confini ogni minima febbre economica e finanziaria mondiale sul valore forte delle ben più solide vecchie valute pregiate europee, il Marco tedesco ed il Franco francese, che di fatto hanno dato l?ossatura all?euro. Modificando così per sempre gli equilibri di forza dei singoli paesi ed elevando anche il nostro alla pari di forze fino all?ora irraggiungibili. Rendendoci più apprezzabili ad investimenti stranieri e commercialmente capaci di introdurci anche nei mercati locali di angoli del mondo impensabili. Ma tutto questo a quale prezzo per la gente comune?
Ora ci rendiamo conto che non è tutto ?euro? quello che luccica. Tra le tante categorie nazionali che hanno beneficiato di questa epocale trasformazione: società di ogni genere, banche, finanzieri, proprietari immobiliari e commercianti, ce ne sono state alcune che si sono viste quasi dimezzare il potere d?acquisto dei loro salari a seguito dell?effetto cambio euro lira che è passato pressoché immediatamente da duemila a mille lire per un euro. Inutile ora tornare sulla diatriba di chi è stata la colpa, se di chi ha voluto l?euro a questo valore di cambio o di chi non ha provveduto ad introdurre un meccanismo di controllo sulla crescita dei prezzi. Sta di fatto che impiegati, operai e pensionati, tutte quelle categorie che vivono di solo stipendio e pertanto le più deboli, faticano oggi ad arrivare a fine mese, bruciando miliardi di risparmi accumulati negli anni pur di sopravvivere.
Milioni di famiglie italiane sono in crisi e al limite del lastrico finanziario. Mentre aspettano che il governo riconosca seriamente il problema indotto dall?euro ed avvii una politica adeguata e coraggiosa sul mercato degli affitti, sui salari, sulla famiglia (dico o non dico che sia), stanno gradualmente cambiando i propri gusti e le proprie abitudini. I mercatini rionali e i discount alimentari, che con i loro prezzi stracciati fino a poco tempo fa erano solo terra di conquista di stranieri non avvezzi al ?made in Italy?, ora pullulano di famiglie italiane spinte dal risparmio forzato.
E così, intanto che l?euro corre sulle piazze finanziarie di tutto il mondo e che le grandi multinazionali si spartiscano mercati e servizi del futuro, alla nuova generazione di sottobenestanti, di precari, di pensionati e salariati vari, così già terribilmente afflitti dalla sindrome della 4° settimana, non rimane null?altro che correre, correre e correre ancora, naturalmente non più dietro ad un sogno di benessere generalizzato, ma solo dietro l?angolo al più vicino eurospin a fare la spesa.
Ovvero la sindrome della 4° settimana