La scorsa settimana è esplosa a Roma la contestazione degli studenti universitari. La protesta all?insegna di slogan come ?ci bloccano il futuro, blocchiamo la città? e ? 3+ 2 ecco l?università supermercato? è stata un segnale inquietante per le istituzioni e le forze politiche.
Gli studenti hanno finalmente dimostrato di essere in grado di uscire dallo stato di frustrazione e depressione che da diverso tempo sembrava caratterizzarli. Questa generazione di studenti è ormai consapevole che l?università non rappresenta più il loro futuro ma l?anticamera del precariato.
L?attuale generazione ha sicuramente, rispetto a quelle precedenti, la possibilità di accesso ad una pluralità di fonti di informazione alternative rispetto a quelle ufficiali spesso rigidamente controllate dal sistema. È una generazione lucidamente e rabbiosamente consapevole di essere stata, in questi anni, deliberatamente truffata dal sistema politico istituzionale perché si rende conto che non avrà più tempo, docenti e strumenti adeguati per formarsi e per costruirsi una mappa cognitiva qualitativamente in linea con i livelli richiesti dalla competizione globale.
Una generazione che si sta rendendo velocemente conto di vivere in un paese la cui classe dirigente ha colpevolmente trascurato di valorizzare e sprovincializzare, grazie all?innesto delle nuove tecnologie, il patrimonio di conoscenze che aveva ereditato dalle generazioni precedenti.
Una generazione che si trova a vivere in una università da anni bloccata da strategie di potere, dalla burocratizzazione, dalla cronica mancanza di fondi, dal clientelismo politico, dall?aziendalizzazione da parte di molti docenti del proprio lavoro.
Dall?assenza di criteri di assessment dei docenti, dei corsi e delle strutture di ricerca. Esistono centri universitari di eccellenza e di autentica dedizione per il proprio lavoro ma sono a macchia di leopardo e sempre più rari.
Non c?è stata una mobilitazione collettiva, con il coinvolgimento dell?intero sistema mediatico, contro la riduzione progressiva dei finanziamenti all?università e alla ricerca. Tanto meno vi è stata una chiara denunzia dell?impatto negativo dei corsi di soli docenti a contratto, o quasi, delle specializzazioni fantasma, delle biblioteche senza libri e riviste specializzate, dei dipartimenti senza hardware e software aggiornati, dei mediocri siti internet che frequentemente risultano perdenti nei confronti internazionali.
Dei master privi di senso e sbocchi. Dei master i cui contenuti sono gli stessi delle scuole specialistiche ma con costi spesso quadrupli.
Tutti i paesi OCSE stanno investendo nell?infrastruttura della conoscenza somme enormi, perché alla conoscenza e alla ricerca è affidata la produzione di ricchezza e la qualità della vita dei cittadini.
La globalizzazione dei mercati e le nuove tecnologie hanno fatto saltare i confini spaziali e temporali. Il sapere prodotto dalla infrastruttura della conoscenza, università centri di ricerca è diventato la materia prima per eccellenza per competere nel nuovo scenario globale. A livello mondiale nei prossimi anni saranno investiti circa 850 miliardi di dollari per rendere più competitiva questa infrastruttura. L?Italia va invece in controtendenza e sembra avere perso la scommessa di Lisbona 2000 di creare la società della conoscenza. Sembra invece avviata a costruire la società dell?ignoranza se è vero che ricerche internazionali attribuiscono ai nostri studenti delle scuole medie valutazioni, in termini di conoscenze scientifiche e letterarie, inferiori alla media dei paesi OCSE.
Basta ricordare pochi dati. L?Italia è al 20° posto nella classifica OCSE per la spesa R&D sul PIL. È l?unico paese OCSE in cui il rapporto tra ricercatori e occupati sta diminuendo. Ce la battiamo con la Turchia e il Messico. Il sistema produttivo italiano è da sempre basato su una produzione a basso contenuto di innovazione tecnologica ed ha una scarsa integrazione con i centri di ricerca universitari. Molti laureati in materie scientifiche svolgono lavori per i quali le proprie competenze non sono necessarie.
Non riusciamo da anni a creare le condizioni, per attirare cervelli stranieri. In compenso ogni anno assistiamo ad una emorragia di 6-7000 talenti, tra studenti, ricercatori, laureati, docenti, costretti per mancanza di finanziamenti, rapporti di lavoro spesso servili e assenza di riconoscimento sociale ad emigrare verso università e centri di ricerca internazionale. Con una perdita secca per il nostro paese di almeno 3 miliardi di euro ogni anno.
In ogni paese OCSE sono stati avviate da anni ricerche per monitorare la domanda futura di skills nei vari settori industriali e nella Pubblica Amministrazione.
Nel nostro Paese questa esigenza è stata da sempre trascurata dalla nostra classe politica.

A proposito del livello della nostra classe politica queste sono le valutazioni dell?Economist della scorsa settimana ??.Italian political leaders are not generally held in high esteem outside or indeed inside their home country??. among the adjectives that spring to mind are opportunistic, histrionic, irresponsible and, perhaps at best, insensitive??.