Dopo l?estate si è riunita la giuria designata per la selezione i vincitori del concorso ?La scrittura non va in esilio?.
Oltre 200 componimenti provenienti da Imperia, Roma, Frosinone, Milano, Catania e molte altre città sono arrivati alla Fondazione Centro Astalli nei mesi estivi.
A detta dei giurati, selezionare i vincitori è stata un?ardua impresa, soprattutto scegliere i primi 10 tra i 25 arrivati alla fase finale. Poesie, racconti di fantasia, storie di vita vissuta: qualunque fosse il genere letterario scelto e il tema specifico, ogni partecipante è riuscito ad inviare un messaggio forte di solidarietà, giustizia e antirazzismo. Qui presentiamo degli estratti dai primi 3 classificati: al primo posto c?è Alessio Arbustini, ragazzo di Imperia che ha proposto un bellissimo racconto sull?accesso alla cultura in un paese dilaniato dalla guerra quale la Somalia di oggi, sullo sfondo di una romantica storia d?amore; al secondo posto la siciliana Salvina Mastrolembo con un particolarissimo spaccato della vita in un isolato ?multietnico? della sua città. Al terzo posto c?è Costanza Spaini con ?Tre età, perché solo il nome è ereditario?: tre personaggi esprimono i propri punti di vista diversi riguardo il tema dell?immigrazione e dell?integrazione dei bambini stranieri in Italia.

1-?Sognando un libro?

Hanno affrontato il viaggio in condizioni disperate, padre e madre con quattro figli, fra cui Farah, la più grande, da sorreggere come una moribonda: Farah che ripete il nome di Hashim in una cantilena senza fine, che stringe tra le mani il manoscritto del suo amore perduto, senza capirlo. Hashim ha iniziato a insegnarle ciò che ha imparato a scuola, ma solo iniziato. E ora, da sola, come farà??
A fatica, riconoscendo il suo nome ? una delle poche parole che sa già leggere e scrivere ? è riuscita a decifrare una frase nell?ultimo fra i tanti fogli ordinati con cura che ha recuperato sotto il materasso di Hashim, prima della fuga: sapeva che era importante portarli con se?, pur senza riuscire a spiegarselo.
Quelle parole, lette con grande fatica:??io, Farah, non ti lascerò mai!?, le hanno dato la forza di arrivare fin qui, non sa come né perché.
Ma dal suo squallido angolino, nella casa col tetto di latta e le pareti di fango, in una situazione che appare addirittura peggiore di quella da cui è fuggita, prima o poi riuscirà a sollevarsi, anche se ancora non lo sa e ancora non lo vuole. Le sembra di non aver più alcuna ragione di vita, ma non si stacca dai fogli di Hashim, che tante volte le ha ripetuto: ?Voglio che tu impari a leggere, Farah, così capirai quello che ho scritto della nostra terra e del mio amore per te. E un giorno pubblicherò i miei racconti, le poesie, un giorno tu li leggerai su pagine lucide racchiuse in una copertina rosso fuoco? ?

(tratto da ?Sognando un libro?, Alessio Arbustini, Imperia)

2-?Il mondo in un isolato?

?I pregiudizi dicono che gli immigrati sono delinquenti, io dico che sono persone normali, tra di loro ci sono persone oneste e disoneste, ma in tutti gli stati non è così? Io vi ho raccontato queste storie per cercare di trasmettervi una cosa: il principio di uguaglianza. Ho cercato di trasmettere i miei sentimenti, i miei pensieri, però come dice un proverbio siciliano ?na nuci nto saccu nun fa scrusciu?, cioè una sola voce non fa testo, ma se io che scrivo sono una voce, tu che leggi sei un?altra, l?altro accanto a te si unisce e con noi i nostri amici, quella che prima era una voce, ora è un coro e un coro viene meglio ascoltato, e se questo coro grida ad alta voce ?siamo tutti uguali?, dove uguali significa che non differiamo l?uno dall?altro credo che un cambiamento avverrà. Nessuno è diverso e nessuno è migliore di un altro, in poche parole tutti siamo uguali nella nostra diversità?.

(tratto da ?Il mondo in un isolato, Salvina Mastrolembo, Catania)

3-?Tre età, perché solo il nome è ereditario?

“Sono un po? preoccupata però per quello che le stanno dicendo [a Fiona] a scuola. La maestra le ha dato un compito chiedendo di raccontare la storia di un bambino immigrato, se ne conosce uno, o di inventarla. È convinta che già da piccoli debbano imparare a convivere con religioni, culture e popoli diversi per capire che in quella diversità c?è la bellezza. Sai che non sono mai stata contenta di queste iniziative, specialmente perché temo che la bambina si metta in testa di poter fare amicizia con degli immigrati. Del resto che cosa ne sa la maestra, lei non ci vive qui. Fiona sta imparando solo ora che deve fare attenzione con quella gente e che non deve dare loro confidenza. E poi sono sempre di più. Ora che anche i Ferrari, del piano di sopra, si trasferiscono, rimarremo l?unica famiglia italiana della zona. Ho quasi paura a uscir di casa, sai.

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Caro diario, l?insegnante del centro dice che miglioro sempre più e che oramai sembro una vera italiana. Se continuerò così potrò finalmente passare in quinta. Non è che mi dispiaccia rimanere in quarta, perché è la classe della mia amica Fiona, che però frequenta un?altra scuola. In ogni caso mamma e papà sembrano felici dei miei progressi. Loro fanno molta più fatica con la lingua. Papà dice che è perché l?indiano è rimasto loro impresso indelebilmente. Io invece, secondo lui, sono una spugna, capace di fare mio tutto ciò che mi viene insegnato. Però ho paura che un giorno, quando avrò imparato tante cose, mi scorderò quelle che già so, come la lingua indiana. Io non voglio scordare il mio paese né la mia cultura. Fiona però mi tranquillizza perché dice che se una cosa la voglio ricordare basta chiuderla nel mio cuore e non lasciarla andare mai. Io ci sto provando a non lasciarla andare ma ogni tanto mi sveglio, la mattina, e non ricordo più la nostra casa, in India. Allora cerco di ricordare e pian piano le immagini riaffiorano alla mia memoria?.

(tratto da ?Tre età, perché solo il nome è ereditario? di Costanza Spaini, Roma?)