A guidare un leggero e gustoso brunch, mercoledì scorso presso la sede di VeDrò, c’era Gianluca Comin, responsabile relazioni esterne Enel che ha presentato il suo nuovo libro “2030 La tempesta perfetta – Come sopravvivere alla Grande Crisi”, redatto insieme a Donato Speroni, direttore dell’Istat, ed edito da Rizzoli; un titolo e un argomento difficili da digerire, ma sicuramente destinati a far e un gran bene alla nostra coscienza, perché ci nutrono di speranza e di voglia di fare.

A condire e condurre la presentazione del libro, è stato Lelio Alfonso, direttore relazioni esterne RCS, nonché editore del libro in questione.

Comin spiega che la nascita di questo libro risponde a tre esigenze: mettere nero su bianco ciò che durante la sua vita professionale – di uomo di marketing, di dirigente e giornalista – ha acquisito; mettere sotto i riflettori, in nome dell’Open Data, documenti tanto taciuti quanto allarmanti per la vita del nostro pianeta; infine mettere a servizio della collettività, soprattutto della governante che mai come ora ha bisogno di strumenti nuovi per guardare al futuro, il knowhow proprio e di tutti quelli che sperano di superare la Grande Crisi.

Perché questa data? John Beddington, Chief Scientific Advise per l’ex governo Blair, ha profeticamente individuato nel 2030 l’anno di breakeven per il pianeta: in un mondo che vive di breaking news che non riesce più a fare spazio per tutti i suoi abitanti che si consuma nell’inquinamento, nelle catastrofi e nelle ingiustizie, c’è bisogno, dice Comin, che le istituzioni seguano una dieta ben precisa, lavorando non solo in maniera plurale, democratica, trasversale e multidisciplinare, ma con una prospettiva temporale che rispetti la crescita e lo sviluppo reale di ogni paese. Serve dunque guardare un po’ più in là, sia nel tempo, che nello spazio, individuale e collettivo.

La presentazione del libro ha stuzzicato l’interesse di molti e fra le domande vale citarne alcune.

Nicola Barone, giornalista de “Il Sole 24ore”, sostenitore dell’Economia della felicità, chiede a Cominse la crisi di senso di questo periodo sia dovuta all’errore commesso per anni nel considerare la prosperità economica direttamente proporzionale al benessere. Comin sostiene invece che sia stata la finanziarizzazione, il sistema bancario internazionale che a colpi di rating, di spread, di derivati, di piani trimestrali e di transazioni in borsa ha provocato l’allontanamento del mercato dall’economia reale e quindi ha generato un profondo distacco fra la produzione di beni ed il loro consumo diretto. “Più c’è lavoro, più c’è ricchezza diffusa”, e non solo materiale.

Susy Billinglsey, Deputy Curator World Economic Forum Global Shaper Rome Hub, si domanda che nome potremmo dare al nostro modello economico, se feudale, basato sul “landgrabbing” nei Paesi in Via di Sviluppo, e sul vorace sfruttamento di essi, o rinascimentale, basato sul “bottom up”, su uno slancio collettivo di rinascita che parta da una forte coesione e responsabilità sociali. Comin vede nelle energie rinnovabili la vera rinascita, in una gestione migliore dell’energia espressa in Watt e in milioni di persone. La connessione della rete elettrica, proveniente dalle rinnovabili, con quella della banda larga e quella sociale, renderà efficiente ed intelligente prima la città e poi il pianeta.

Giorgia Abeltino, Politicy Counsel Google, e Nathania Zevi, giornalista di Panorama, pongono la questione se serva una comunicazione 2.0 per responsabilizzare il cittadino e la comunità e se dunque le aziende siano pronte a fare scelte anche impopolari, per il bene comunque della collettività. Su questo non poteva non essere d’accordo Comin che anzi aggiunge che i migliori feedback sull’operato di grandi imprese vengono proprio dal web, strumento di comunicazione diretta fra impresa e cliente. E proprio grazie a questo, le imprese godono di stima e consenso da parte dei consumatori di cui vengono prontamente ascoltate le esigenze e le richieste.

In altri termini vanno oltre la Corporate Social Responsability, occorre puntare alla centralità della persona.

Stefano Epifani,direttore dell’Associazione Italiana per l’Open Government, si chiede se la rete, veicolo di dati di ogni genere, possa essere considerata come un valido filtro o un pericolo. Comin sigilla dicendo che la rete è un fatto e “per decidere assieme bisogna conoscere, per conoscere bisogna mettere in comune e diffondere quanti più dati possibili”. Comin si augura infatti che tramite un meccanismo di pura imitazione/ammirazione (i pubblicitari direbbero un meccanismo di me too) altre imprese, e soprattutto che la pubblica amministrazione e la politica in generale, seguano l’esempio di Enel che vive in regime di Open Data, di massima trasparenza verso i consumatori. “Non servono leggi, solo il passa parola”. Questo ricomporrebbe lo scollamento fra i cittadini e la politica, e facendo riacquistare autorità e credibilità alle istituzioni. Anche Fulvio Zendrini, Communication manager per Piaggio, conviene sulla speranza che sempre più imprese si convertano all’Open Data.

Comin ci lascia dicendo che non ci sarà un volume II di questo libro. Tutto quello che si doveva dire è stato già detto. Aggiornamenti a parte, la tendenza rimane la stessa, e se non cambiamo rotta, il 2030, arriverà prima di quanto ci aspettiamo.

Buon appetito e buona riflessione a tutti.

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Il mio personale augurio (o speranza) da studente di antropologia è che lo spazio per costruire una socialità concreta e duratura non sia soltanto il web. C’è bisogno di recuperare la fisicità della comunicazione…. oggi troppe volte si tende a confondere  la comunicazione diretta con la comunicazione veloce. Il web, attraverso un monitor, consente una comunicazione ed un trasferimento dati veloce, ma sicuramente non diretto. Eppure oggi quando parliamo di comunicazione facciamo riferimento sempre a quella virtuale, quella tele-matica, tele-fonica, “tele”, quella da lontano. Abbiamo affidato tutto il nostro sapere ed il nostro futuro alla vista, alle immagini, e mai all’ascolto diretto, concreto di chi ci sta a fianco, e magari anche al tatto, all’olfatto… Credo che la crisi che ci sta bloccando, crisi in cui ci siamo avviluppati, dipenda anche da questo. È una crisi profonda che tocca le corde della nostra umanità. Facciamo questo esercizio quotidiano: spengiamo il computer, la tv, gli smartphone e iniziamo ad ascoltarci davvero e così sapremmo ascoltare, anche ad occhi chiusi.