Ho sperimentato il teorema del ?paradosso dell?abbondanza? delle informazioni descritto da Herbert A. Simon nel volume ?The Journal for Quality and Participation? cercando su alcuni motori di ricerca di internet i contenuti delle regole d?ingaggio dei nostri militari impegnati nell?operazione ?Antica Babilonia?.
Le regole d?ingaggio o ROE (Rules of Engagement) descrivono l?impegno delle forze militari nell?ambito di una missione internazionale; sono applicabili a tutte le forze impiegate (terrestri, navali, aeree); nel caso della guerra in Iraq, sono comuni e coordinate con tutti i contingenti della coalizione e sono basate sul concetto del minimo utilizzo della forza ? a scopo di legittima difesa ? in funzione delle circostanze ed in misura proporzionale alla situazione.
Nonostante un gran numero di pagine sfogliate sul web, in questo sta il paradosso dell?abbondanza, la mia ricerca non approda a nulla di più preciso che individui il limite fin dove si possono spingere i nostri militari e quelli alleati nel rispondere al fuoco nemico.
Mi colpisce, tuttavia, un articolo sul quotidiano on line dell?Istituto per la formazione al giornalismo dell?Università di Urbino, ?Il Ducato On-line?, nel quale si riporta la preoccupazione dell?ONG International News Safety Institute – Istituto Internazionale per la Sicurezza delle Notizie, per gli obblighi di cui sono fatti oggetto i giornalisti ?arruolati dall?esercito statunitense? per seguire le operazioni della guerra in Iraq.
Tra questi, oltre a quello di dover inviare le notizie ad un centro di controllo ad Atlanta in Georgia negli Stati Uniti per ottenere il via libera alla pubblicazione, c?è quello di non divulgare notizie relative allo svolgersi del conflitto pur senza rilevanza strategica. E? fatto, inoltre, divieto di rendere note le regole d?ingaggio dei militari impegnati nel teatro di guerra. Inutile aggiungere che è impossibile seguire le vicende in loco senza essere ?accreditati? nei termini sopra descritti.
Mi è parso stravagante, a questo punto, come sia possibile giustificare una guerra preventiva con l?obiettivo di riportare la democrazia in un paese vittima di una dittatura feroce come quella di Saddam Hussein e contemporaneamente negare il principio della libertà di stampa ai giornalisti, che è uno dei pilastri sul quale poggia il moderno sistema statuale democratico.
In questo modo si nega il diritto ad essere informati e quello di replica. Si ha cura di rappresentare giustamente il nemico della democrazia per quello che è, ma si negano le fonti per un dialogo costruttivo fra punti di vista differenti all?interno della coalizione occidentale. ?La condizione di guerra è una metafora dello scontro fra i poteri forti e l?esercizio del libero giornalismo.? afferma l?inviato Rai Ennio Remondino in un?intervista al Ducato On line. ?In guerra?, continua, ?la tentazione dei poteri forti che decidono di risolvere una crisi con l?uso delle armi, è quella dell?utilizzo strumentale dell?informazione. Nella prassi della dialettica democratica e degli interessi economici, le pressioni si esercitano meno violentemente e in maniera meno evidente: nei conflitti tutto viene portato all?ennesima potenza?.
Ecco perché a fronte di un aggravamento delle tensioni e di un necessario rio-orientamento della comunità internazionale sui temi della gestione delle crisi internazionali, non si può non ribadire l?importanza di un giornalismo obiettivo e imparziale. Le tentazioni di derive unilateralistiche costituiscono, infatti, una minaccia per la soluzione dei conflitti nella regione mediorientale ed una più efficace libertà di stampa rappresenta il miglior antidotto contro gli scivolamenti propagandistici dell?una e dell?altra parte.
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