Le ultime dichiarazioni di Marchionne da Fazio riaprono il problema. Qualcuno dice Ma Marchionne è luomo Fiat del presente e del futuro, è logico, quanto meno giustificabile, che sia proiettato in avanti e non guardi indietro (ItaliaOggi). E il presente per lItalia non ha spazio per Fiat come per qualsiasi altro investitor esterno, per tanti motivi e anche per la legislazione frammentata sul lavoro, come tempo fa dichiarò Pietro Ichino in un incontro di Praxis. Sarà pure così, ma qualcuno prima o poi dovrà prendersi la briga di contare quanto miliardi (di lire e poi di euro) la Fiat ha avuto dallo Stato italiano. E se adesso è ancora unazienda e non una mega auto da rottamare lo si deve ai soldi pubblici e quindi ai contribuenti italiani. La Fiat dal dopoguerra fino più o meno ai nostri giorni è stata un esempio improprio di capitalismo se paragonato al capitalismo americano ad esempio. È stato uno pseudo capitalismo (familiare e sovvenzionato) che è servito allo Stato italiano così come sono serviti i ministeri, cioè come ammortizzatore sociale, come mega cassa di produzione di occupazione, in un reciproco do ut des. Fino a che i bilanci, Fiat e dello Stato, si sono fatti pesanti e sono arrivati al crac. Quindi abbiamo scoperto la bellezza della globalizzazione, la precarietà delloccupazione, i contratti a termine, a progetto, o anche, in moltissimi casi, lassenza di contratto o la partita IVA. Da imprenditore però Marchionne dovrebbe ricordarsi due cose. La prima è che la maggior parte del suo mercato di riferimento è e resta lItalia e quindi questo calcare la mano sullItalia come peso per lazienda potrebbe avere serie ripercussioni in chiave di marketing e di vendite. La seconda è quel concetto di responsabilità sociale, che più volte lEuropa mette al centro del dibattito. Che non significa solo essere buoni e comprensivi coi lavoratori, significa anche che unazienda il cui indice di reputazione è alto vende di più e crea le condizioni favorevoli per laffermazione del proprio business. Disprezzare i propri stakeholders alla lunga provoca danni e ritorniamo pericolosamente a quei concetti di Marketing Myopia, già teorizzati da Theodore Levitt , fin dal 1960. Il Levitt ebbe lintuizione di mettere al centro del marketing non il prodotto ma i bisogni del consumatore e quindi attenzione se i bisogni del consumatore sono anche i bisogni della forza di produzione del prodotto. Come delocalizza la produzione allora Marchionne rischia di dover delocalizzare il mercato. Dove, in Cina? Auguri.
Lad della Fiat ritiene lItalia un peso per lazienda. Quando il marketing rifiuta di fare i conti con il consumatore