Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo.
Credo che oggi più che mai, anche alla luce dei risultati del recente turno elettorale amministrativo, sia necessario che le donne e gli uomini della Margherita tentino di dare una risposta alle eterne domande, che a mo? di tormentone, ci venivano proposte in tutti i momenti della nostra formazione nell?associazionismo cattolico.
?I partiti del premier non hanno radici? è il titolo dell?articolo di Ilvo Diamanti sulla prima pagina di Repubblica del 1 giugno, che individua i motivi del calo di consensi della Margherita (così come nel centrodestra quello, assai più pesante, di Forza Italia), nel fatto che ci troviamo di fronte a ?partiti del Presidente. Funzionano prevalentemente quando si tratta di veicolare la candidatura del Premier, da cui, peraltro, sono beneficiati sul piano elettorale?. Per questo le due formazioni esprimerebbero minore capacità competitiva a livello locale, quando manca il ?traino? del candidato premier.
Nello specifico ?gli ex militanti DC specializzati nella gestione delle campagne elettorali, nel controllo del voto su base territoriale non sono confluiti nella Margherita?, ma prevalentemente nell?Udc al sud e nell?Udeur in Campania, perché la Margherita appare come ?soggetto di coalizione impegnato a costruire l?Ulivo più che a radicare sé stessa?.
Pur non condividendo queste tesi, penso però che Diamanti individui lucidamente i problemi fondamentali indicati all?inizio: identità e radicamento territoriale, ma credo che sia banale identificare il radicamento territoriale con l?adesione o meno alla Margherita di quei soggetti ex DC che, ragionando sempre in termini di partecipazione al governo (nazionale o locale che sia), e che una vecchia terminologia definiva come i ?signori delle tessere?, rifuggono il rischio di trovarsi all?opposizione. Sono convinto, invece, che la definizione della nostra identità sia la premessa indispensabile al radicamento sul territorio, ma per questo dobbiamo dare un?immagine chiara e facilmente comunicabile, ossia valorizzare le nostre radici avendo un progetto. Allora il successo di Prodi nel ?96, la forte affermazione della Margherita nel 2001, nonostante la sconfitta del centrosinistra (determinata dalla divisione di alcune sue componenti più che dalla forza irresistibile dei suoi avversari), possono essere ricondotti alle loro vere motivazioni: l?avere una storia, riconosciuta dagli elettori, il proporre un programma che rispondeva ai bisogni della maggioranza dei cittadini.
Abbiamo robuste radici nell?associazionismo di base, prevalentemente cattolico, e il successo di Gasbarra a Roma ne è un esempio lampante. Soltanto per fare un esempio, pensiamo all?importanza, a livello nazionale ed europeo, dell?iniziativa ?Le radici e il futuro? dei seniores del PPI, che mettono a disposizione la loro esperienza per costruire insieme un futuro che non dimentichi le nostre radici. Tuttavia non possiamo sottovalutare la componente laica, altrettanto forte, che condivide i valori del rispetto dell?individuo, della solidarietà, della valorizzazione di tutte le risorse umane in un quadro di equilibrio tra imperativi etici e decisioni economico-sociali, al di fuori di una militanza più o meno confessionale.
Se questo è il quadro del ?chi siamo?, questo stare insieme di componenti diverse non può voler dire omologazione, ma dialogo tra soggetti complementari. Non c?è dialogo se non c?è differenziazione; l?indistinzione condanna i gruppi alla chiusura su se stessi e al fallimento, in un rispecchiamento continuo che preclude ogni possibilità di comprendere e dare risposta a quanto di nuovo si muove nella società. Non è questo il motivo fondamentale del fallimento delle vecchie ideologie?
La lotta politica degli ultimi mesi è stata condotta sotto le insegne della bandiera della pace: una bandiera unitaria, sotto la quale si sono riunite milioni di persone, tutte diverse: cattolici, laici, giovani, anziani, nuovi e vecchi militanti, persone che non si erano mai interessate alla politica. Quella bandiera è un insieme che deriva dalla composizione di colori diversi, ognuno dei quali rimane visibile, mantenendo la propria specificità. Quei colori evocano il fenomeno naturale dell?arcobaleno. Anche qui i colori sono diversi, ma i confini tra di essi, diversamente da quelli netti della bandiera, sono sfumati; gradualmente si passa dall?uno all?altro.
Allora, contribuendo alla costruzione dell?Ulivo, la Margherita non rischia di perdere di vista il proprio radicamento: le sfumature dell?arcobaleno si esaltano, mantenendo la propria identità, nella composizione multicolore, dalle linee di demarcazione nette, della bandiera della pace, simbolo di un?unità possibilmente ancor più ampia di quella che ha dato vita all?Ulivo stesso.
Un commento politico sulle elezioni amministrative