Qualche settimana fa leggevo su Il Foglio un?intervista a Barbara Palombelli riguardo alle liti nel centro sinistra e ai problemi del governo; elezioni francesi alle porte, non poteva mancare un riferimento ai candidati all?Elysée: secondo la giornalista, mentre il governo italiano non fa altro che traballare senza mai mostrare maturità, Nicolas Sarkozy sì è rivelato un leader chiaro e forte, con ?grande capacità di scandire le cose importanti?.
La Palombelli continuava dicendo: ?Sarkozy mi ha conquistato quando nel faccia a faccia finale in tivù, costretto dalla Royal, ha detto che un grande problema della Francia sono i compiti a casa dei ragazzi, perché le mamme arrivano a casa stanche; sarebbe più utile che gli studenti completassero i loro lavori a scuola. L?ho adorato.?

Quindi sarebbe bene che lo stato si impegnasse a far sì che per i bambini e i ragazzi il tempo e l?impegno nello studio non sconfini oltre gli orari e le mura della scuola? E questo perché i loro genitori sono stanchi?

Non condivido affatto questa posizione, né la trovo ragionevole dal punto di vista educativo o sociale.

Innanzitutto, i compiti a casa sono un?esperienza formativa necessaria per la crescita di un bambino: trovandosi da solo (non abbandonato, ma unico responsabile) davanti al suo ?lavoro?, si organizza, scopre le sue capacità, inizia a capire come poter gestire i propri piccoli impegni. Piccoli impegni che diventeranno sempre più grandi, nelle scuole superiori, nell?università e nel lavoro. Il metodo per affrontarli si costruisce passo passo, con continuità.

Certo, per ogni bambino che si siede diligentemente alla sua scrivania e non si alza fino a che non ha finito di studiare, ce ne è almeno uno che quella scrivana non la vorrebbe neanche avvicinare per più di cinque minuti. E qui entra in gioco la figura del genitore.

Capisco che un genitore tornando a casa stanco vorrebbe rilassarsi, godersi la casa e la famiglia, senza combattere con il figlioletto che non vuole finire i compiti di matematica. Ma questa battaglia per i compiti di matematica è importante e deve affrontarla perchè è una sua responsabilità. E dovrà combatterla tante altre volte.

È stancante, snervante, ? ma chi aveva detto che non sarebbe stato difficile?

Forse sto esagerando, in fondo è solo qualche esercizio di matematica. D?altronde, già lo stanco genitore deve occuparsi di accompagnare e riprendere il bambino dalla scuola, dalla piscina, dal karate, dal catechismo. Gli insegnanti potrebbero almeno collaborare, senza pretendere che la mamma o il papà debbano affannarsi ancora di più per incastrare i compiti a casa nelle loro giornate e in quelle dei figli.

Ma questo mi sembra piuttosto assurdo. Se si trova così ingiustificata la fatica e le difficoltà nell?educare i figli da ritenere giusto un intervento statale a sua limitazione, forse c?è una soluzione migliore: un bel collegio garantisce poche preoccupazioni riguardo all?educazione e molte soddisfazioni e allegria durante il fine settimana di visita.

A questo punto ho proprio esagerato; non era certo questo che voleva concludere Barbara Palombelli.. La sua era una piccola considerazione, magari un piccolo sfogo dopo due ore passate a convincere il figlio che studiare i paradigmi dei verbi in latino non è una sola perdita di tempo.
Sono considerazioni che fanno molte mamme stanche, ma che rischiano di derivare verso un grave problema di educazione: è tanto più semplice lasciar fare ai bambini quello che vogliono, e ne sembrano tanto felici; educarli? ?. Troppa fatica!

Negli ultimi anni, stando spesso a contatto con i bambini, ho notato questo ?rischio di deriva dell?educazione?. Ne sono segnali atteggiamenti poco rispettosi verso genitori ed educatori, insulti tra compagni di scuola, modi violenti, strafottenza verso gli insegnati, bullismo, prepotenza e così via.

La famiglia è il primo luogo per educare in maniera positiva e costruttiva. Usiamola tanto e bene, anche se costa fatica. E poi un ripasso della tabelline non farà male nemmeno ai genitori!