LETTERA DAL FRONTE
Non è stato difficile decidere il tema di questa nostra riflessione settimanale: mi basta raccontare come sono andate le cose.
La storia è cominciata, un po’ in sordina, con un tampone, così, sai, per stare sicuri… figurati se…! E invece il tampone è positivo. Positivo sì, ma che vuoi che sia, non mi sento poi così male. E’ solo un po’ di febbre, bisogna stare chiusi in casa, ma certamente sarò “asintomatico” -mi consolo- come tanti.
Devo stare a riposo -mi dicono- controllare la temperatura e la saturazione dell’ossigeno che non deve scendere troppo. Comincio ad armeggiare con il saturimetro, ma mentre il valore scende l’ansia cresce, non è facile tenerla a bada e son sempre lì a misurare e rimisurare.
Il valore dell’ossimetria scende… ma figurati se…! e invece c’è bisogno di ossigeno e l’illusione finisce: no, non sono asintomantico come speravo.
E poi tutto diventa veloce, come se fosse scoppiata una bomba: le forze diminuiscono, l’esigenza dell’ossigeno è sempre più urgente, sono fortunato ad avere la possibilità di un ricovero veloce in ospedale Spallanzani. Mi prende subito in carico il primario che scopro essere stato volontario in America Latina tanti anni fa con l’ONG di cui allora ero presidente (che piccolo il mondo!), ma scopro anche quanto siamo vulnerabili e la fortuna di avere -in questi momenti confusi- una struttura a cui poterci affidare e qualcuno di cui fidarci. Inizia la terapia, passano i giorni e ora sono qui, in questo letto, con questo strano casco in testa che mi aiuta a respirare.
Vivo l’attesa: non conosco ancora la prossima puntata, ma sto imparando che anche l’attesa è una dimensione importante, un’ottima occasione per riflettere sulla precarietà della vita, per rimettere a posto molte priorità, per apprezzare quello che abbiamo e vivere quello che ci capita come un’opportunità.
Rivedo il film di questi ultimi giorni e penso a quanto -malgrado tutto- sia stato fortunato: penso a chi non ce la fa ad arrivare all’ospedale, a chi attende nelle ambulanze, a chi sta male e ha lasciato a casa una famiglia che senza di lui non sa come cavarsela o chi a casa non ha nessuno che aspetta il suo ritorno.
Mi arrivano molti messaggi: amici che si preoccupano, persone che mi vogliono bene e mi augurano di tornare presto… e tutto questo affetto -in questo momento- non è per niente un dettaglio, è la luce in fondo al tunnel, è il calore della rete di relazioni che alimenta la speranza: il miglior antidoto alla malattia.