Burqa sì, burqa no. Non è il titolo di una nuova canzone, ma un mantra ossessivo a cui si è affezionato qualche onorevole, che improvvisamente scopre che le città italiane sono invase da donne avvolte nei loro teli azzurri, i loro sguardi limitati dalla tradizionale retina blu. Uno scenario che, nella lontana Kabul, sembra scomparire tra le più giovani a detta di chi frequenta quoi luoghi, mentre secondo i propositori della Proposta di Legge in Parlamento è un caso di emergenza nazionale che merita urgentemente un provvedimento.
Non so voi, ma io di donne in giro col burqa non ne ho mai viste in Italia. Ma nonostante questo il problema sembra così urgente da meritarsi una riunione intera al Comitato per l’Islam italiano. E così assistiamo increduli al capolgimento di priorità del neonato Comitato di Maroni per l’aiuto ai musulmani d’Italia. Mentre le cosiddette moschee vengono deliberatamente chiuse dalle amministrazioni leghiste del Nord, in barba all’articolo 8 sul diritto di culto, al Viminale il massimo organismo dedito a studiare le soluzioni per sostenere i processi di integrazione dei musulmani d’Italia, si cimenta anch’esso sul “fenomeno Burqa”.
Poniamo anche il caso che ci siano effettivamente numeri allarmanti di donne che girano per le città con il volto coperto, come per qualsiasi altra contravvenzione alla Legge, il compito di far rispettare la Legge spetta alle forze dell’ordine e all’autorità giudiziaria. Perchè invece c’è qualcuno che sembra far di tutto per rimettere sempre in cima alle emergenze del Paese la questione islamica? Una volta sono gli imam fai da te. Poi le moschee fabbriche di kamikaze. Le donne che subiscono violenza in casa perchè musulmane. E via di questo passo. Dimenticandosi o facendo finta di dimenticare che la violenza sulle donne non ha religione e i dati anche in Italia ce lo dicono chiaramente.
Ma allora perchè questa ostinazione ad associare la religione islamica alle peggior cose di questa umanità? A parlare di musulmani sempre e comunque in negativo? Mentre si trascura l’enorme contributo che i nuovi e i vecchi cittadini d’Italia di fede musulmana contribuiscono come tanti altri alla crescita di questo Paese. In pace e semmai subendo tante ingiustizie come l’assenza di una legge sulla libertà religiosa, negazione del diritto elementare di culto, assenza di una vera alternativa all’ora di religione cattolica nelle scuole pubbliche, negazione di spazi cimiteriali in alcuni comuni e via dicendo.
Forse anche di questo prima o poi parleranno nel Comitato per l’Islam italiano e i parlamentari con a cuore le questioni dei musulmani d’Italia. Ma è un auspicio che nelle condizioni date temiamo rimarrà appunto solo un auspicio.
E qui la responsabilità maggiore cade anche sui musulmani che oggi hanno l’onore e l’onere di far parte di quel Comitato. Il nostro è anche un appello al loro buon senso e al dovere di testimonianza che ciascun buon musulmano e buon cittadino ha il dovere di compiere. Naturalmente rimane lecito e giusto parlare dei mali che affliggono la comunità islamica italiana, ma quando questo diventa oggetto di brutale speculazione mediatico-politica è inaccettabile. Sarebbe anche ora di guadagnarsi qualche titolo di giornale dicendo finalmente una semplice verità sul caso burqa e dintorni.
Con umiltà possiamo permetterci di suggerire qualche indicazione di massima ai nuovi esperti dell’islam italiano, che prima di proporre nuove leggi, ci dicano se una di queste affermazioni è falsa: il burqa (afghano) in Italia non esiste, eppure si cita nella proposta di legge. Il niqab (velo integrale) riguarda pochissime donne e tocca solo ai poliziotti o chi per loro far applicare la legge che già esiste. La stragrande maggioranza delle donne porta il hijab, velo che copre solo i capelli. In attesa di risposte, salaam aleikum!
(15 luglio 2010)
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