Marketing sociale, attività promozionali etiche?insomma filantropia. Di questo si parla nell’accenno a concetti che spesso leggiamo qua e là proprio nella lingua degli Stati Uniti dove fondazioni e corporate philantropy e charities sono così diffuse. E’ questa una realtà che fortunatamente prende piede anche in Italia. Ma con qualche distinguo: ricerche dimostrano che cresce l’investimento delle aziende italiane a favore di iniziative non profit, siano esse manifestazioni di piazza, campagne di raccolta fondi da destinare alla ricerca, alle cure di malattie importanti, a progetti di vario tipo nei paesi in via di sviluppo.
Nell?esperienza francese, mécénat o parrainage indicano una filosofia che s?ispira al senso civico della società stessa. Sulla scia della sempre viva ?eccezione culturale? che oppone la Francia ed il suo bagaglio di valori agli Stati Uniti, patria del consumismo e del mercato, il coinvolgimento delle imprese nella vita sociale attraverso il sostegno, economico o in natura, ad enti o associazioni riconosciute ?di utilità pubblica?, significa l?introduzione ed il riconoscimento di valori etici all?interno dell?azienda e allo stesso tempo il tentativo d?integrazione in un ambiente umano, culturale e sociale, dell?azienda stessa. Ma senza inoltrarci nella realtà francese, che certamente presenta le sue contraddizioni, per tornare alla realtà italiana cerchiamo di capire che cosa è il cause related marketing o marketing sociale. Si tratta di una strategia aziendale oltre o, forse, prima di essere un impegno mosso da valori sociali. Si promuove un prodotto collegandolo ad una buona causa, il che permette di veicolare il messaggio sociale prescelto e ricavare fondi alla causa, ma, naturalmente, di aumentare l’immagine dell’azienda e le vendite allo stesso tempo. Secondo i dati di una recente ricerca condotta in Italia sul fenomeno “Il sostegno a una causa sociale piace all’82% dei consumatori italiani e il 60 % segnala una maggiore propensione all’acquisto di prodotti e servizi di imprese socialmente impegnate”. Questo serve a farci riflettere su quale direzione noi, cittadini e consumatori, vorremmo imprimere a quella parte della società che alimentiamo con i nostri acquisti e dalla quale vorremmo un ritorno. Serve a dire che, in un mondo che non distingue più così nettamente tra doveri dello Stato e self-made dei cittadini, dove tutto ci riguarda, dove a salvare dalla miseria è la solidarietà televisiva, si esige un comportamento partecipato, “responsabile” dalle aziende. In verità quello che sarebbe interessante sapere è se siamo stati noi a cadere nella rete di acuti operatori della comunicazione e del marketing del nuovo millennio, o se dopo lo scardinamento delle vecchie certezze, del welfare state su modello francese, dei rapporti tra Stato e settore privato, le variabili del potere economico, ciniche per antonomasia, sono state spinte verso un impegno sociale crescente, quasi a supplire alle esistenti lacune. Gli Osservatori sul marketing sociale si limitano a fotografare incrementi e decrementi, percentuali e numeri quindi, ma non ci dicono nulla sulle origini del fenomeno in Italia. Risalendo le orme del modello statunitense, non ci mettiamo molto a capire che un tipo di società come quella ha prodotto da semplici speculazioni senza tanto idealismo, le sue charities e philantrophic foundations. Sappiamo anche molto bene che la società statunitense si nutre di sondaggi e di reality show dove l’immagine è tutto ed è sempre finalizzata ad un mercato, quindi, con un po’ di disillusione, riusciamo ad affermare che anche in Italia il marketing sociale delle imprese potrebbe dirsi “strategia”. Comunque a conti fatti questa strategia è redditizia per la società. Lo è per le organizzazioni non profit che finanziano così le loro attività, lo è sempre di più per ospedali o opere pubbliche (restauri di monumenti e quant’altro). Ed è talmente positivo l’impatto di un’operazione come questa, che si istituzionalizza sempre più, ed un requisito che ora molte aziende tendono ad ottenere è quello della certificazione sociale. Quindi oltre al discorso del marketing sociale, c?è da fare un discorso più ampio sulla cosiddetta responsabilità sociale delle imprese. Per classificare un’azienda come socialmente responsabile si fa riferimento ad un insieme di criteri da rispettare come valori, integrità delle pratiche commerciali, sistema di controllo interno e trasparenza, bilancio sociale (o di sostenibilità), sostegno finanziario a enti non profit o categorie svantaggiate, rapporti con il personale, certificazione ambientale e altro ancora. Naturalmente c?è bisogno di una normativa di riferimento. La Commissione Europea ha pubblicato un Libro Verde per la promozione di un quadro europeo per la responsabilità sociale. In Italia, da parte del Governo, si porta avanti attualmente una proposta per il riconoscimento delle imprese ?etiche?, cui concedere incentivi fiscali e accesso al credito, a fronte di una autocertificazione, quindi senza alcun controllo indipendente. Ma la responsabilità sociale delle imprese è una cosa seria. Ciò è tanto più vero quanto più parliamo di multinazionali che operano in assenza di un sistema legale internazionale che possa vincolarne i comportamenti sul piano dei diritti umani. Nel luglio del 2000 il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, aveva lanciato il Global Compact, i cosiddetti ?nove comandamenti? per le imprese nei campi dei diritti umani, del lavoro e dell?ambiente. Uno strumento volontario o facoltativo. Solamente ad agosto 2003 sono state approvate dalla Sottocommissione per la Protezione e la Promozione dei Diritti umani delle Nazioni Unite, le ?Norme sulla Responsabilità delle Compagnie Transnazionali ed Altre Imprese riguardo ai Diritti Umani?. Tali norme, ovviamente, non riescono ad essere più vincolanti dei precedenti principi, ma sono norme di riferimento che indicano chiaramente come la responsabilità sociale vada oltre la filantropia. E con tutta certezza i consumatori critici vanno sicuramente oltre l?immagine di un logo di certificazione sul prodotto, vogliono coerenza, vogliono fatti.
Approfondimento delle dinamiche che spesso si nascondono dietro aziende che, attraverso la vendita di prodotti, promuovono il sostegno ad una causa sociale