?Marocchino? è per eccellenza, in Italia, sinonimo di tizio scuro che vende CD. Tanto forte è lo stereotipo, che mi è capitato di sentir dire, su una spiaggia italiana, che il tal tizio senegalese, che vendeva bigiotteria, era un ?senegalese, che faceva il marocchino?. Come se l?essere marocchino fosse diventato un lavoro.

È ovvio il giudizio sul quoziente intellettivo del bagnante che ha pronunciato questa frase, frutto di una apertura alle altre culture ancora del tutto insufficiente, e di una mancanza di cultura generale preoccupante. Ma ci sono altre riflessioni che nascono spontanee, dopo sei mesi in questa terra marocchina.

In effetti, gli stereotipi veicolati dai media, come accade per tutti i Paesi del Sud, proiettano un?immagine del Marocco abbastanza distorta. Anche la cooperazione allo sviluppo, spesso, non aiuta in questo senso, perché essendo naturalmente dedicata alle zone più sfortunate, sottolinea solo gli aspetti più negativi. Lo fa per evidenziare le problematiche delle zone che faticano a tenere il passo, e che sono sicuramente molte. Ma il gap informativo rimane.

Il problema è comune a tutti i paesi del Sud del mondo: l?informazione che riceviamo a questo riguardo è furviante, e fuorviata, come alcune recenti ricerche dimostrano (http://www.primaonline.it/dati/articolo.asp?id=30). Mirata a sottolineare i momenti di emergenza, con grande enfasi sulla povertà, la fame, la guerra, e null?altro. Al massimo, si parla di spiagge e turismo: ed ecco infatti che si parla e si diffonde l?immagine di un Marocco turistico, quello delle grandi città imperiali, quello colorato e odoroso di Marrakesh. O al massimo, quello della capitale economica, Casablanca.

Ma degli sforzi della gente, non parla nessuno. Delle molteplici iniziative. Del fatto che una parte della popolazione, e non una parte trascurabile, abbia istruzione di livello universitario e viva su standard che assomigliano- se vogliamo dargli una valenza del tutto positiva- in tutto e per tutto a quelli europei. Sorpassandoli, in certi casi, perché sicuramente la classe media marocchina è molto meno sviluppata di quella italiana. Inesistente, in paragone. Molto povero e molto ricco continuano ad essere le categorie più affollate. Ma la classe media è nascente. E fuori dalle zone sfavorite, fuori dalle campagne in povertà, si incontrano fiumi di persone, ricercatori, studenti, funzionari, giornalisti, che non hanno nulla da invidiarci in termini di competenza. Hanno, anzi, una marcia in più, perché spinti dalla voglia di mettere il loro paese al passo con la vicinissima Europa.

L?Università di Settat ha di recente lanciato un?iniziativa chiamata ?parlamento universitario?. Iniziativa nata dalla passione di un club studentesco, unisce tutte le principali facoltà del Marocco in un percorso che rivive il funzionamento del parlamento. Partecipazione a sedute reali, contatti con realtà straniere, sessioni interne che simulano tutti i passaggi legislativi e il metodo decisionale del parlamento. Un?attività che fa riflettere per la sua utilità e attualità. L?iniziativa dei ragazzi è andata dove le stesse attività universitarie straniere non arrivano: per quanto io sappia che la situazione in altri paesi europei- e in altre università- è differente rispetto a quella della caotica Sapienza, guardo con interesse ad una iniziativa simile, perché durante i miei 4 anni di corso di laurea in Scienze Politiche mi sarebbe davvero piaciuto parteciparvi.

Insomma, prima di dare del marocchino ad un senegalese, pensiamoci due volte. Nel caso, studiamo anche la geografia. Perché il marocchino magari è lì accanto ed ha due lauree, e vuole fare tutto il possibile perché i suoi connazionali più poveri e sfortunati la smettano di rischiare e di lasciare il Paese, cercando in Italia un Eden che si vede in TV.

E il senegalese, pure.