Come tutti (
davvero tutti?

) ricordano dalle medie, il Massimo Comune Divisore (M.C.D.) di due numeri interi è il più grande per il quale possono entrambi essere divisi mentre il minimo comune multiplo (mcm) di due interi a e b è il più piccolo intero che è multiplo sia di a che di b.
Non so a voi, ma a me è sempre stato più simpatico il minimo comune multiplo.

Il Massimo Comune Divisore si presenta con l’arroganza delle sue maiuscole, sembra promettere grandi cose (il Massimo…) e poi alla fine si rivela un numero piccolo, certe volte ridicolmente più piccolo dei numeri interi di cui è il solenne “Comune Divisore”.

Al contrario il minimo comune multiplo si presenta come “minimo” e invece è sempre grande, comunque più grande delle parti di cui è, appunto, multiplo.

Il Massimo Comune Divisore indica qualcosa che è già dentro le parti, non prospetta un elemento nuovo, si limita a evidenziare la piccola quantità che le parti hanno “già” in comune, il minimo comune multiplo invece indica qualcosa che non è dentro le parti, una prospettiva che le accomuna ma che è avanti e più grande delle parti stesse.

Insomma, in breve, il MCD mi appare riduttivo, narcisista e rinunciatario, mentre il mcm mi appare ottimista, positivo ed entusiasta.

Si, lo so, sono solo numeri: i sentimenti e gli atteggiamenti non fanno parte del loro pianeta… ma fanno parte del nostro e a me sembra che MCD e mcm rappresentino bene due modi diversi -spesso opposti- di affrontare la vita, i problemi, la politica.

I tifosi del MCD sono di solito minimalisti, lenti, conservatori, poco inclini al cambiamento e quando devono decidere tra due diverse prospettive cercano soluzioni che stanno sempre “dentro” i confini degli scenari di partenza.

I tifosi del mcm sono di solito creativi, veloci, disposti al cambiamento e ipotizzano soluzioni oltre i confini degli scenari di partenza.

Ad esempio il discorso di Robert Schuman a Parigi nel 1950 (che viene considerato l’atto di nascita morale dell’Unione Europea) è un discorso da mcm: lo scenario di partenza era quello della rivalità storica tra Francia e Germania per la produzione di carbone ed acciaio, la soluzione ipotizzata è la messa in comune ed il controllo delle riserve europee di tali materie prime e l’avvio del processo di creazione delle Comunità Europee. Una soluzione che non era “dentro” il problema, una soluzione che ridefinisce il significato stesso del problema inserendolo in uno scenario più grande e significativo.

Un altro esempio di atteggiamento mcm è quello che, nei primi anni ’70, fu chiamato il “calcio totale”. Lo scenario di partenza era quello trovare la disposizione tattica più opportuna di ciascun calciatore in campo, la soluzione attuata dal calciatore olandese Johan Cruijff andò oltre i confini del problema: benché venisse schierato come centravanti, si muoveva in ogni gara a tutto campo a seconda dello sviluppo delle singole azioni, cercando sempre la posizione dove avrebbe potuto essere più pericoloso. I compagni si adattavano ai suoi movimenti, scambiandosi di posizione in maniera regolare in modo che i ruoli fossero comunque tutti coperti, anche se non sempre dalla stessa persona. E’ solo un esempio, quello che ci interessa è la capacità di immaginare soluzioni che siano più grandi del problema che vogliono risolvere, il famoso “colpo d’ala” che ci permetta di vedere le cose dall’alto in una nuova prospettiva.

A me sembra che la politica (tutta, non solo una parte) stia attualmente attraversando una drammatica fase da Massimo Comune Divisore, stia cioè ostinandosi a cercare le soluzioni ai problemi dentro i problemi stessi: si parla di politiche dell’immigrazione come se la questione fosse un fenomeno stagionale come la mucca pazza o l’influenza aviaria, si parla di riforma della giustizia come se i diritti costituzionali potessero variare ad ogni legislatura in funzione del premier di turno e dei suoi problemi giudiziari, si parla di economia come se il problema fosse solo far quadrare la finanziaria accontentando un po’ tutti.

Mi manca il “colpo d’ala”, mi manca l’atteggiamento del minimo comune multiplo, mi manca la capacità di disegnare uno scenario in cui il problema di oggi occupi solo una parte e la soluzione sia a misura di domani.

Insomma mi va bene anche minimo, purché sia comune e, soprattutto, multiplo.