Partiamo subito da un principio, anzi da due:
1° principio: non è una notizia che può fotografare la realtà;
2° principio: per capire la realtà occorrere un?analisi complessa, occorrono dati, non fatti di cronaca.
Pertanto l?omicidio della povera ragazza musulmana da parte del padre perché amava un ragazzo italiano (cristiano) non deve assolutamente essere letta come ?la fotografia della realtà? dello stato delle relazioni affettive tra persone di opposte credenze religiose. Il fatto deve essere circoscritto allo stato mentale di quel genitore. I media non possono cavalcare la notizia per loro mere finalità di vendita. E? proprio qui che un buon giornalismo dovrebbe far opera di analisi allargata e non solo chiudersi nel confine stretto della notizia urlata.
E un?analisi allargata dice più o meno quanto riporto di seguito, basandomi su dati divulgati negli ultimi anni dai nostri più prestigiosi istituti di analisi sociale, ISTAT e CENSIS, che, tra luci ed ombre, mostrano infatti un inarrestabile processo di integrazione tra fedi e culture diverse, che è di ben altra entità numerica rispetto al singolo episodio di pregiudizio e fanatismo religioso che ha guidato la mano armata di coltello di un padre insano di mente.
Dobbiamo intanto partire dal quadro generale: il dato sull?andamento quantativo dei matrimoni in Italia (dato ISTAT al 2007). Dopo un calo osservato fino al 2006 i matrimoni in Italia sono in lieve ripresa e salgono dai 245.992 del 2006 ai 250.041 del 2007, mentre il tasso di nuzialita’ (il rapporto tra il numero dei nati vivi dell?anno e l?ammontare medio della popolazione residente, moltiplicato per 1.000) rimane costante al 4,2 per mille. Il matrimonio religioso rimane ancora la scelta piu’ diffusa (65%), anche se sono in continuo aumento i matrimoni celebrati con rito civile.
E’ soprattutto nelle regioni meridionali a prevalere un modello di tipo tradizionale e la percentuale dei matrimoni celebrati con rito religioso e’ del 79,2% (contro il 53,5% del Nord e il 59,3% del Centro).
Nel 2006 sono stati concessi 49.534 divorzi (+5,3% rispetto al 2005) e 80.407 separazioni (-2,3%). I figli minori coinvolti sono stati affidati alla madre nel 58,3% dei casi di separazione e per il 67,1% dei divorzi.
Se, su una popolazione al 1° gennaio 2008 di 59.619.290 residenti, ben 3.432.651 risultano essere stranieri, non deve meravigliare che il matrimonio misto risulti essere in progressiva ascesa.
Dall? ultimo Rapporto CENSIS sulla situazione sociale del Paese 2008. sappiamo che nell’arco di un decennio i matrimoni con almeno un coniuge straniero sono addirittura triplicati, passando dagli 11.993 del 1996 ai 34.396 del 2006, pari al 14% del totale dei matrimoni elebrati in Italia. I matrimoni “misti” tra una persona italiana e una persona straniera nel 2007 sono stati 24.020 (19.029 con sposo italiano, 4.991 con sposa italiana), cioè il 9,8% del totale dei matrimoni registrati. Come rileva giustamente il Rapporto, il dato deve essere messo in relazione all?incremento della popolazione straniera che nell?arco di 10 anni è passata dalle 991.678 persone del 1997 ai 3.432.651 del 2007 con una crescita percentuale del 246,1%. Senza passare ad analisi più dettagliate, che non servono per questa breve valutazione del fenomeno, occorre però rilevare un dato significativo, che i matrimoni misti (alla faccia della Padania) si concentrano con percentuali più alte al Nord Est e al Nord Ovest, ma anche qui il dato si spiega in quanto è proprio in queste zone produttivamente più avanzate che si concentrano maggiormente i flussi migratori.
Ma sono tutte rose e fiori? Cosa accade dopo, negli anni, a queste unioni? Anche qui dobbiamo partire da un dato ISTAT nazionale: i divorzi in Italia sono in aumento (nel 2006 sono stati concessi 49.534 divorzi , +5,3% rispetto al 2005). Incrociando questo dato col dato Censis, praticamente identico, osserviamo però la maggior caducità dei matrimoni misti rispetto agli altri. La durata media della convivenza matrimoniale tra italiani è di 14 anni, in quelli misti è di 9 anni, mentre la durata media dei matrimoni è rispettivamente di 17 e 13 anni. Nel quadro generale di un incremento delle separazioni e dei divorzi spicca però un altro dato percentuale: nel quinquennio 2001-2006 le separazioni hanno interessato il 3,2% dei matrimoni tra italiani, e ben il 42% dei matrimoni misti, mentre i divorzi sono stati il 23,0% dei matrimoni tra italiani e il 33,3% dei matrimoni misti, cioè 1 matrimonio misto su 3 è fallito. A questo stato di difficoltà relazionale che emerge chiaramente va poi aggiunto il fenomeno dei matrimoni di convenienza a pagamento, in mano ad organizzazioni criminali, che sfruttano i meandri della legge per offrire scorciatoie di naturalizzazione ed entrata nel territorio nazionale. Ma qui entriamo in un campo penale che non ci è proprio. Anche se questa, come lo stesso Censis rileva, è una variabile importante, ma non quantificabile, nella lettura del dato sul fallimento dei matrimoni misti.
In conclusione resta il dato generale di una tendenza all?incremento dei matrimoni misti, il che significa comunque passi avanti sul piano dell?integrazione. Se è poi vero che 1 matrimonio su 3 finisce in divorzio è pur vero che 2 su 3 riescono a durare. E comunque i 24.020 matrimoni misti celebrati nel 2007 non mi sembra che abbiano portato a 24.020 accoltellati, come alcune enfatizzazioni di cronaca possono erroneamente condurre a pensare.
Ma ancora una volta torniamo al potere condizionante dei media. E questa è tutta un?altra storia?.