Non uccide più, ma miete vittime lo stesso. Secondo uno studio recente pubblicato dalla rivista scientifica ?Lancet?, dal 1997, anno in cui sono state rese disponibili le prime terapie anti-retrovirali, al 1999, la mortalità a causa di HIV in tutta Europa è calata del 50% sfiorando l?80% negli anni successivi fino al 2001. La ricerca, condotta anche in Italia in collaborazione con l?Istituto Superiore di Sanità, evidenzia come l?AIDS, almeno nei paesi in cui i trattamenti farmacologici sono disponibili gratuitamente o a basso costo, sia diventata una patologia cronica piuttosto che letale e mostra come le condizioni cliniche dei pazienti permettano un sostanziale miglioramento delle aspettative di vita ed un conseguente reinserimento attivo nel tessuto sociale. Ma è qui che, a volte, i sieropositivi incontrano nuove difficoltà, quando si trovino costretti a rendere noto il proprio stato di salute, ancorché asintomatico.
Oltre alla discriminazione legata allo status sanitario e quindi la capacità di avere una partecipazione concreta all?attività lavorativa e al più ampio contesto sociale, il sieropositivo, indipendentemente dal modo in cui ha contratto il virus, viene discriminato sulla base di un?appartenenza a gruppi tradizionalmente considerati a rischio e già marginalizzati per ragioni etico-morali come tossicodipendenti, omosessuali, prostitute.
Nell?ambito lavorativo, per i sieropositivi con un?occupazione, esiste un?ampia legislazione sanitaria nazionale: orientata alla tutela della privacy, permette la possibilità di assentarsi dal posto di lavoro per seguire terapie ambulatoriali, o per periodi prolungati di inattività fino all?assegnazione della pensione di invalidità civile.
Di fatto il rapporto con il datore di lavoro, tranne che in casi di vincoli di amicizia o rapporti di particolare fiducia, può risultare seriamente compromesso, in presenza di un decremento sostanziale della produttività del lavoratore, che può subire un licenziamento apparentemente ed ufficialmente legittimo poiché formalmente svincolato dalla causa reale del decremento dell?efficienza lavorativa.
Per i sieropositivi che cerchino un?occupazione o per chi ne abbia già una, l?articolo 6 della legge 135/90 vieta l?accertamento dell?infezione da HIV da parte di datori di lavoro. Nonostante questa garanzia di legge, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale 218 del 1994, parte dei commi 3 e 5 della legge 135/90 sono stati abrogati ?nella parte in cui [la legge] non prevede accertamenti sanitari dell?assenza di sieropositiva all?infezione da HIV come condizione per l?espletamento di attività che comportino rischi per la salute di terzi? (come ad esempio l?espletamento della professione medica o odontoiatrica).
La Corte ha ritenuto infatti che il non accertamento dello stato sierologico sia in contrasto con l?art. 32 della Costituzione in cui tutela la salute dei cittadini che per motivi professionali si relazionano con portatori del virus. Di fatto le categorie e i comportamenti che dovrebbero essere soggetti a controllo non sono stati tassativamente individuati determinando una vacanza legislativa e lasciando discrezionalità al datore di lavoro che, ad esempio, ai sensi del Decreto Legislativo 626 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro prevede che gli accertamenti sanitari sull?idoneità del lavoratore vengano effettuati dal medico aziendale che è un privato.
Sono queste le pieghe legislative dalle quali nascono situazioni di stigmatizzazione, fonti di nuovi tipi di povertà non solo come condizione di disagio legata alla scarsità di mezzi economici, ma anche quella relativa ai rapporti sociali, nel momento delicato in cui la persona affetta HIV-positiva ha più bisogno di una rete sociale che compensi, in parte e ove possibile, le necessità connesse allo stato di salute.
Nell?avvicinarsi la ricorrenza annuale del primo dicembre, giornata mondiale per la lotta all?AIDS, si moltiplicano i simposi e i seminari di approfondimento delle tematiche legate all?epidemia. Ecco dunque, uno per tutti, l?appello lanciato a Kampala in Uganda il 26 ottobre scorso, dell?UNAIDS – l?organizzazione delle Nazioni Unite per la lotta all?AIDS e dell?Organizzazione Mondiale della Sanità del 26 ottobre 2003 secondo il quale ?combattere lo stigma e la discriminazione è essenziale per migliorare l?accesso all?assistenza delle persone affette da HIV/AIDS e contemporaneamente permettere un?educazione mirata a prevenire la diffusione del virus.?
L?AIDS crea ancora molta emarginazione sociale
Fra le pieghe legislative per la tutela dei malati di HIV filtrano nuovi tipi di povertà