La miopia colpisce sempre di più la popolazione mondiale: la spiegazione non va tanto ricercata nel tempo trascorso davanti al pc o alla televisione, quanto nel fatto che trascorriamo troppo poco tempo all’aria aperta. Secondo uno studio presentato dall’American Academy of Ophthalmology, gli occhi hanno perso l’abitudine di spaziare verso l’orizzonte.”

Insomma a forza di guardare solo vicino, non siamo più capaci di guardare lontano.

Ho letto distrattamente questa notizia sul giornale e poi mi è apparsa un’amara metafora della nostra stagione, anzi, del modo in cui la viviamo. Non solo sul piano politico, ma anche su quello economico, lavorativo, esistenziale… siamo talmente preoccupati di non cadere nelle buche e di non inciampare nei sassi che teniamo lo sguardo costantemente incollato a terra, al prossimo passo, alla prossima settimana, alle prossime elezioni e non riusciamo ad alzarlo verso l’orizzonte per capire in che direzione stiamo andando.

Non che la preoccupazione di guardare dove mettiamo i piedi sia infondata, è verissimo che il percorso è accidentato e che se ci rompiamo una gamba non arriviamo da nessuna parte, ma continuare a fare lo slalom tra le buche senza sapere dove porta la strada (o almeno dove vorremmo che portasse) non è proprio geniale. Se il massimo dell’aspirazione è avere una strada senza buche, temo non andremo lontano.

Non rimpiango stagioni in cui grandi orizzonti e grandi ideologie riempivano i sogni degli ingenui e la pancia dei furbi, ma anche se si sta affogando è più importante sapere da che parte è la riva che nuotare velocemente.

L’aspetto della notizia dell’American Academy of Ophthalmology che mi inquieta di più è la sclerotizzazione del disturbo: ho paura che a forza di non guardare mai l’orizzonte, anche quando decideremo di farlo non lo vedremo più nitidamente. Forse ci sembrerà così sfocato che torneremo a contare le buche e a lamentarci…