Nel 1980, appena rientrato dopo tre anni di volontariato in Ecuador, collaboravo con la FOCSIV quando arrivò la notizia che tre volontari -impegnati con ONG Terra Nuova in un progetto di cooperazione in Bolivia a El Alto, periferia di La Paz- erano stati arrestati dall’esercito durante uno dei ricorrenti colpi di stato; tra la difficoltà di reperire notizie attendibili e la inconcludente prudenza dell’ambasciata, di loro si erano perse le tracce da alcune settimane. Decidemmo allora con Felice Rizzi -allora presidente Focsiv- di partire immediatamente per la Bolivia dove riuscimmo a rintracciare i volontari e, dopo alcuni giorni di trattative, li riportammo a casa. Un anno e mezzo dopo, in seguito ad un altro golpe, un volontario della ONG Celim di Bergamo, venne arrestato sulle montagne di Cochabamba: anche in questo caso riuscimmo a risolvere la situazione.

Nel 1996, in Cecenia, tre cooperanti della ONG Intersos vengono rapiti nel pieno del conflitto in corso in quel periodo nel paese: Nino Sergi, allora presidente di Intersos, riesce a riportarli a casa con l’aiuto di Adriano Sofri che così descrive la vicenda: “un’auto che portava tre volontari italiani, due medici e un organizzatore, impegnati con l’associazione Intersos, fu fermata da banditi armati al confine fra Inguscezia e Cecenia, e i tre furono rapiti. Il sequestro si protraeva e i servizi russi e italiani mostrarono di non avere alcuna capacità di misurarsi con quella situazione. I famigliari dei sequestrati mi chiesero di usare il mio legame recente con la Cecenia, era più o meno una pazzia, partii. Il miraggio di salvare delle vite è seducente, la probabilità di fallire e addirittura di nuocere è un incubo. Finì bene.” (A.Sofri, C’era la guerra in Cecenia, Sellerio, 2023).

Si tratta evidentemente solo di alcuni episodi, ma quello che mi sembra importante sottolineare è la capacità di reazione del mondo della cooperazione e del volontariato all’emergenza estrema di un cooperante scomparso, rapito o arrestato, di cui non si riescono ad avere notizie certe e che -spesso malgrado il coinvolgimento delle rappresentanze diplomatiche e delle autorità locali- non si riesce a raggiungere e liberare.

Questi episodi mi sono tornati in mente in questi giorni in seguito all’arresto in Venezuela, avvenuto ormai quasi tre mesi fa, di Alberto Trentini, un cooperante italiano di 45 anni del quale -finora- né la Farnesina, né la rappresentanza italiana nel paese, riescono a fornire notizie certe e affidabili. Alberto aveva iniziato a lavorare in cooperazione da diciotto anni -come volontario in servizio civile Focsiv in Ecuador- e aveva poi continuato con diverse ONG internazionali in altri paesi del Sud America, Etiopia, Nepal, Grecia e Libano. La Farnesina sta cercando un’interlocuzione ma non è riuscita per ora a trovare un accordo con il governo Maduro. Dietro l’arresto sembra ci sia la volontà da parte del presidente del Venezuela -recentemente rieletto tra molti dubbi e contestazioni del voto- di ottenere un riconoscimento ufficiale dal governo italiano e così anche da Francia e Germania.

Non sono mancati appelli delle federazioni ONG, dichiarazioni, coinvolgimento di alcune comunità locali…, ma -constato- con una intensità e una apprensione non paragonabili a quelle con cui è stata seguita e commentata la vicenda -poi felicemente conclusa- dell’arresto di Cecilia Sala in Iran. E’ comprensibile che una giornalista sia seguita con maggiore attenzione dalla stampa e dalle televisioni, ma il caso di Alberto Trentini meriterebbe forse una maggiore pressione sia da parte dei media che da parte della diplomazia italiana; anche perché sembra che il “silenzio” invocato per “lavorare sotto traccia” non abbia -in questo caso- sortito alcun risultato.

Spero vivamente che tale disattenzione non sia l’ennesimo sintomo della indifferenza verso ciò che non ci riguarda direttamente o che non stimoli adeguatamente la nostra curiosità: un  sintomo pericoloso di quell’individualismo che sta progressivamente contagiando persone e “nazioni”, preludio -la storia insegna!- di stagioni frammentate e conflittive.