E’ l’ultima della serie, ma rientra agevolmente nel personalissimo guinness dei primati delle gaffe del Cavalier Berlusconi.
La prima pagina dei quotidiani del 20 febbraio è tutta concentrata sulla frase del Presidente del Consiglio all’indirizzo dei nullafacenti politici di professione. E stavolta le risposte piccate non vengono solo dagli schifaneschi livorosi di sinistra, ma dalle stesse fila dei partiti della Casa delle Libertà, le cui gesta, il cui linguaggio e i cui progetti ricalcano fedelmente i plot della berlusconiana Casa del Grande Fratello.
Più gruppi di sediziosi che amministratori pubblici, perditempo, o per dirla con Max Weber, politici di professione che non vivono soltanto per la politica ma vivono di politica.
La gravità non è dunque per linvettiva in sé, che trova ormai lopinione pubblica assuefatta a tale tipo di esternazioni, ma il tentativo di delegittimare la riflessione e lazione politica come risultato delle analisi delle istanze sociali.
Unattività questa che trova la sua radice nel principio costituzionale nel divieto di mandato imperativo per cui ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato, tutelando, per dirla con Bobbio, gli interessi generali della società civile e non glinteressi particolari di questa o quella categoria.
La democrazia moderna, infatti, in quanto democrazia rappresentativa, è caratterizzata dalla rappresentanza politica che si contrappone alla rappresentanza degli interessi che legano il rappresentante al mandato del rappresentato.
Vivere per la politica e di politica, o più sinteticamente, servire lo Stato, solleva, dunque, lindividuo dallesigenza di distogliere la propria capacità di gestire la res privata per devolverla allamministrazione della res pubblica.
Vivere per la politica e di politica, tuttavia, non rappresenta un binomio casuale: luomo politico, prima di servire lo Stato, è esso stesso cittadino che si educa ed è educato alla democrazia attraverso lesercizio stesso della democrazia; in particolare attraverso la partecipazione al voto.
La scelta di un candidato, nellambito di un partito politico, lega il rapporto tra eventi generali e listanza particolare dellelettore, facendolo partecipe e membro cosciente della comunità. Ecco perché, per tornare allinvettiva berlusconiana, il professionista della politica, soprattutto se incardinato in un partito, non rappresenta un costo per la comunità, ma una risorsa.
Alla scuola politica e, se si vuole, anche ideologica, si sono formati i Padri della Costituzione Repubblicana. Partiti come la Democrazia Cristiana o il Partito Comunista, seppur su assunti filosofici differenti, rappresentavano il momento di sintesi fra la base e lorganizzazione statuale. Con la fine delle ideologie, ma non delle tensioni ideali  se è concesso  il ruolo dei partiti è andato scemando dalla sfera dellaggregazione intellettuale a quella dellorganizzazione elettorale. Questo è accaduto per due motivi principali: il primo è legato al passaggio dal metodo proporzionale a quello maggioritario, il secondo ad un diminuito interesse per la riflessione politica intesa come considerazione della res pubblica nel senso dellamministrazione di cittadini e non di strutture.
In entrambi i casi risulta fattore di importanza critica per lesercizio della democrazia e il suo sviluppo, leducazione politica dei cittadini, governati di oggi, governanti di domani. Ad essi vanno rivolte le istanze dello Stato-comunità e non le pretese degli interessi particolaristici.
Non solleva sapere che già nel 1848 lautore entusiasta de La Democrazia in America, de Tocqueville, lamentava in un discorso alla camera dei Deputati la degenerazione dei costumi pubblici: alle opinioni, ai sentimenti, alle idee comuni si sostituiscono sempre più interessi particolari domandando se non fosse aumentato il numero di coloro che votano per interessi personali e non sia diminuito il voto di chi vota sulla base di unopinione politica. Morale bassa e volgare di chi, godendo dei diritti politici, riteneva di farne un uso personale nel proprio interesse sentenziava: una stortura non solo dei tempi attuali, né dellitalica razza.
A chi dileggia la professione del politico va risposto che lo stato non è unazienda che solo di azioni vive: la democrazia non è una partita doppia; la dialettica non è un artificio formale né un tecnicismo. Il Paese ha, al contrario, oggi più che mai. bisogno di politici professionisti che restituiscano al Cittadino politico il proprio ruolo di trasformatore morale delle sommatorie di bisogni individuali.