Siamo tutti molto convinti delle nostre opinioni (ci mancherebbe!).

Consideriamo importanti le nostre opinioni: le difendiamo, le opponiamo a quelle avverse, le motiviamo (tranquilli, è sempre meno richiesto), le scriviamo sui social, ce le ripetiamo con chi le condivide e, ad ogni giro, ne usciamo più convinti. Non sono più opinioni: diventano certezze. Alla fine siamo così sicuri che le cose sono andate in quel modo lì invece che in quel modo là, che Tizio è un santo e Caio è un ladro che ci metteremmo la mano sul fuoco…

Ovviamente stessa identica certezza avvolge chi ha l’opinione avversa alla nostra.

Del resto, come sopravvivere in uno stadio urlante senza un’opinione urlabile?

Chi si può ancora permettere il lusso di coltivare un dubbio, avere un incertezza, sospendere un giudizio? Sarebbe travolto dalla fretta dell’urlo.

L’urgenza di avere un’opinione ci spinge spesso a farne nostra una e -solo dopo- a cercare le ragioni che avrebbero dovuto portarci a sceglierla. Realtà e verità diventano così dettagli, non c’è tempo per approfondire e alla fine come distinguerle dalle semplici opinioni? Chi di noi ha la possibilità di verificare come stanno davvero le cose o dobbiamo tirare a sorte?

Succede allora che -sempre più velocemente- i messia diventino mostri, i mostri diventino martiri e i martiri lascino il posto a nuovi messia… tutti con radici corte, tutti in bilico su interessi contrapposti ed instabili equilibri di forza.

E’ certo importante farsi un’opinione e spesso indispensabile prendere una posizione, ma non sposiamo ipotesi appena credibili come certezze assolute e restiamo consapevoli che le nostre fonti di informazione sono tanto più fragili e manipolabili quanto più urlate e replicate.

Le nostre opinioni sono importanti, costruiamole con la massima attenzione possibile senza perdere il senso delle proporzioni, ma ricordiamoci che -per fortuna- noi non siamo solo le nostre opinioni.