Difficile dire qualcosa che non sia stato già detto sul Natale, dopo quasi due millenni che si celebra; difficile sottrarsi alle nostalgie georgiche della nostra infanzia, alla consueta elegia del poco che si aveva allora contrapposto al troppo che si ha oggi, almeno nelle nostre società occidentali; difficile evitare lo scoglio del contrasto fra significato religioso e mondano della festa; difficile, forse, dire qualsiasi cosa sul Natale senza essere retorici, nostalgici o banali.
Eppure non riesco a sottrarmi a questa tentazione di scriverne proprio quest?anno, perché, in fondo, quest?anno mi pare un po? speciale.
Il 2008 è stato un anno difficile, per molti aspetti ? ancorché assai lontani dal senso più intimo della festa ? terribile; e il 2009 si prospetta non meno cupo: anzi, l?ondata di piena della crisi economica è attesa proprio per questo primo scorcio dell?anno che sta per cominciare, con effetti che saranno pesanti per il benessere di tutti e per la vita di molti.
Eppure, stranamente, il Natale 2008 mi pare più Natale di tanti altri che hanno fatto da cesura ad anni più rosei (io non ho vissuto quelli della guerra e posso ben pensare che il biennio 2008-09 sia il più difficile di quelli che la mia vita mi consente di ricordare).
In fondo ? riprendo il significato più intimo della festa ? il periodico ritornare del Natale è il periodico ritornare di una scommessa sull?uomo che Dio, creatore ed amante della vita, è sempre pronto a rifare. Nel suo significato religioso il Natale è la ripetuta scommessa di Dio sull?umanità della quale Egli riprende le vesti; per Lui vale la pena, non ostante tutto, di rinnovarla ogni anno, non ostanti le troppe Passioni vissute ogni giorno. E? il segno di questa incrollabile fede nell?uomo che Dio, nella sua infinita misericordiosa passione, ricorda dolcemente all?uomo stesso nella festa del Natale: l?uomo può essere migliore di come è sempre stato.
Nulla di nuovo, in questo, per fortuna; ma quest?anno per me il messaggio si presta ad essere colto sotto un altro profilo, forse lontano da quello religioso ma certamente non in contrasto con questo.
Usciamo tutti più insicuri da quest?anno di sfiducia e di travolgimenti (l?anno delle paure , l?ha chiamato De Rita), tutti più nudi delle presunte corazze che la nostra storia recente ci aveva aiutato ad indossare: la fonte dalla quale era venuto il nostro benessere, la nostra materiale, relativa, diffusa e mondana felicità, si è improvvisamente avvelenata, ha intossicato i nostri granai, ha pregiudicato le nostre attese per i raccolti dell?anno che viene;ciò che ci appariva solido è improvvisamente diventato fragile, ciò che sembrava luminoso è diventato buio.
Eppure, mai come ora, abbiamo bisogno anche noi di rinnovare una scommessa, una ragionata scommessa sul futuro che, con l?aiuto di Dio, abbiamo anche molte probabilità di vincere: pur nella estrema gravità di ciò che è accaduto (che, come dice sempre De Rita, habet rationem signi ), non è accaduto nulla che possa pregiudicare la ripresa del cammino, sempreché sappiamo raccogliere collettivamente le nostre forze attorno ad una reazione vitale sulla quale è necessario scommettere. Me ne sono convinto considerando le dinamiche economiche del mondo e l?annuale rapporto del Censis (da leggere, come ogni anno!) me ne ha dato un?illuminante conferma con riferimento alla realtà sociale Italiana (sulla quale anzi ero portato ad avere più dubbi): forse quest?anno di segnatura può aprirci ad una seconda metamorfosi nella quale vale la pena di sperare.
E dunque questo Natale mi pare sopraggiungerci col senso di una duplice scommessa sul futuro: quella di Dio, eterna e ricorrente, sulla capacità dell?uomo di essere migliore e quella nostra, piccola, terrena e contingente, sulla nostra capacità di lavorare insieme per uscire dalla paura. Per quanto distanti nei piani su cui si muovono, queste tensioni verso il futuro puntano nella stessa direzione: non ci sarà un futuro migliore per le nostre società se non ci sarà un anche piccolo progresso dell?uomo.
Auguri a noi tutti!