Non si vive bene quando si è arrabbiati e non si vive bene quando si ha paura; purtroppo ci sono molte buone ragioni per essere arrabbiati e molte buone ragioni per avere paura (che sono, in gran parte, le stesse per le quali siamo arrabbiati).
L’economia, ad esempio, ci fa paura perché non ne capiamo più le regole, perché non sembra affatto in ripresa e il lavoro -soprattutto per i giovani- continua a non esserci; ci arrabbiamo perché gli interventi che ci vengono presentati ogni volta come efficaci graffiano appena i nodi del problema (indebitamento, produttività, competitività) e assomigliano sempre più a operazioni di lifting che a interventi chirurgici.
L’immigrazione fa paura perché non ne possiamo più di bambini annegati e di disperati alle frontiere, ma al tempo stesso siamo terrorizzati all’idea di perdere le nostre certezze, i nostri spazi e i nostri equilibri; siamo arrabbiati perché nessuno sembra avere idea di come affrontare la situazione, perché ideologie e pregiudizi ci hanno nauseato e la stessa Europa si accartoccia su se stessa in un groviglio di contraddizioni.
La politica ci fa soprattutto arrabbiare, impantanata nei personalismi messianici, nello sterile ping pong delle accuse reciproche e nell’incapacità di parlare dei contenuti con oggettività e verità. La paura è quella del vuoto. La tentazione quella di chiuderci definitivamente nel privato. Ma anche questa -lo sappiamo bene- non è una soluzione, come non lo è buttare tutto alle ortiche e passare la mano. Ci aspettano decisioni da prendere, ci saranno primarie, amministrative e altri appuntamenti elettorali. Sappiamo già che non ci saranno partiti perfetti, candidati di cui innamorarsi, ricette risolutive: dovremo –con maggior pragmatismo che in passato- scegliere di volta in volta la soluzione che ci sembrerà migliore e sostenerla con la consapevolezza adulta di chi non crede nelle favole.
James Thurber, giornalista del The New Yorker morto nel 1961, di fronte agli scenari inquietanti della guerra fredda suggeriva: “Cerchiamo di non guardare indietro con rabbia o in avanti con paura, ma intorno con consapevolezza”. Non c’è alternativa anche perché -come dicevamo- non si vive bene quando si è arrabbiati e non si vive bene quando si ha paura.