La scrittaNon credere, pensa.” campeggia sul muro del mercato di Corviale, nella viva periferia romana. Perché mi ha colpito?

Perché viviamo in un periodo in cui non si sopporta la fatica del pensare: meglio adeguarsi ad un pensiero premasticato, anche se indigesto, e già ben “impiattato” in un tweet o un talk show.

Mi tornano alla mente vecchi ricordi universitari: Marshall McLuan.

Il medium è il messaggio”, affermava il sociologo canadese, ma quando per un refuso la frase diventò “Il medium è il massaggio”, McLuhan esclamò entusiasta “lascialo, è grandioso e mira al target!”. Come la tv -da lui definita “La sposa meccanica”- che massaggia, conforta, consola e conferma; fino ad affermare che: “la moderna Cappuccetto Rosso, allevata a suon di pubblicità, non ha nulla in contrario a lasciarsi mangiare dal lupo“.

Una volta, negli anni settanta, al premier canadese che si interrogava su un modo per sedare dei disordini in Angola, McLuhan disse: “riempite la nazione di apparecchi televisivi”; venne fatto e la rivoluzione in Angola cessò.

Non è certo una novità che tutto ci spinga a credere piuttosto che a pensare: già il filosofo A. Schopenhauer aveva affermato “Chi crede non pensa, chi pensa non crede.

Io sarei più elastico: chi pensa può anche credere, ma solo dopo aver pensato.