Come sanno bene i miei amici, io sono un amante dell?estate: il caldo mi piace, mi piace il senso di libertà che mi dà rispetto ai condizionamenti del clima invernale (non devo coprirmi, non devo stare in casa o indossare i cappotto quando esco, non devo portare l?ombrello, etc), mi piace la luce che è associata alle belle giornate, mi piace il tardare del tramonto e l?aria dolce delle nottate. L?unica controindicazione del caldo, per me, è che mi rende lievemente insofferente (più insofferente, direbbe mia moglie) e più incline a sentirmi annoiato delle cose ripetitive.
Fra queste, in periodi di intenso (?) dibattito politico (?), c?è il fiorire degli stilemi e degli automatismi espressivi (mi spiego meglio: di quelle espressioni di cui tutti i benpensanti politically correct pensano di non poter fare a meno per essere moderni) che costellano il ragionare (?) dei nostri pensatori (?) politici, le affermazioni roboanti e ripetute che via via hanno perso di senso o che, forse, non l?hanno mai avuto.
Non a caso, il brillante Fabrizio Torella (che scrive veramente bene!) ha dovuto dar corso ad una puntuale ricerca lessicale sul termine laico per concludere che ?l?indeterminatezza del significato di questa parola fa sì che tutti i partiti dell?arco parlamentare oggi possano definirsi laici, quindi ?laico? non è un connotato?.
Giustissimo, e comunque, qualora lo fosse, non sarebbe un connotato in cui io amerei essere riconosciuto: anzi, lo dico con chiarezza, io non voglio essere laico! E ora proverò a spiegare in che senso e perché.
Certo, essendo un cattolico praticante, non posso non essere fiero del fatto che il cosiddetto pensiero laico nacque quando la Chiesa, prima fra le maggiori istituzioni della storia, insegnò ad opporsi al potere illimitato degli imperatori romani autodivinizzantisi, fondando il concetto della moderna libertà di pensiero dell?uomo, sovraordinata al volere dei potenti del tempo. Ma il problema non è questo, come non lo è neanche quello dei molti, successivi eccessi del potere temporale della Chiesa, che, lo sappiamo bene, è fatta di uomini.
Il problema che io vedo è invece quello del senso alto della politica, intesa come arte del governo al servizio dell?uomo e della società in cui egli vive e di cui l?uomo è, ad un tempo, origine ? ubi homo, ibi societas ? e limite ? Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio ; e, come insegna San Paolo, il mondo, la vita, il presente, il futuro: tutto è vostro; ma voi siete di Cristo e Cristo e di Dio . (Amici laici non vi agitate: ritornerò sul tema più avanti, anche con rispettosa attenzione ai non credenti!).
Se dunque così è ( e credo che nessun laico politically correct vorrà, oggi, negare che il governo della società è per l?uomo e non l?uomo per la società! ?un po? come il sabato che è per l?uomo e non l?uomo per il sabato ) perché proclamare di non volere che la politica sia influenzata da una concezione dell?uomo? Tanto più quando questa concezione è, come quella dei cristiani (cioè che l?uomo è fatto ad immagine e somiglianza di Dio ), la più alta che sia stata mai concepita da pensiero umano? Io non vorrei essere laico se essere laico significasse rinunciare a tale concezione; anzi riterrei ben povera cosa un pensiero politico che facesse a se stesso programma di laicità!
Già ? diranno i ?laici? che abbiano raccolto il mio invito a non agitarsi ed abbiano proseguito la lettura di questa nota ? ma se io, o una moltitudine di io che pure compone ogni società, non credo in Dio ? E quindi non so nemmeno immaginare che cosa sia l?uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio ? Devo io, per ciò solo (anche se non è poco!), sottostare all?influenza politica di una data concezione dell?uomo?
No, non devi, caro amico laico; né deve, chi (come me) laico non voglia essere, dimenticare mai questa tua indiscutibile esigenza.
Ma non puoi imporre a me di prescindere, in politica, dalla mia concezione dell?uomo né dovresti, secondo me, mai invocare che la politica, proclamandosi laica, cioè immune da qualsiasi concezione dell?uomo, forgi le regole della società senza un?idea, senza un?origine, senza un limite.
Del resto, la democrazia offre strumenti, e non ne abbiamo trovati ancora di migliori, per soppesare l?influenza delle diverse concezioni dell?uomo che possono ispirare (rectius , secondo me: che devono ispirare) l?agire politico; ma non mi pare accettabile auspicare che tale agire non si rifaccia a nessuna concezione meta-politica, anzi pre-politica, dell?uomo, origine della società e limite delle sue regole.
Dunque non di una politica laica abbiamo bisogno, ma di una politica rispettosa delle diverse concezioni dell?uomo che si possano legittimamente avere in una società moderna; non di una politica senza radici, ma di una politica con più radici che sappiano coesistere senza soffocarsi a vicenda.
Allora la laicità invocata da tutti come ? più o meno sincero ? manifesto politico è ?solo? rispettosità? Forse. Ma allora perché invece di proclamarci laici, non ci proclamiamo semplicemente rispettosi?
Io non voglio essere laico, non vorrei che nessun politico serio facesse dell?assenza di una concezione dell?uomo un principio di governo (e, beninteso, volentieri voterei colui nel quale riconoscessi una autentica concezione cristiana dell?uomo, che ? lo ripeto ? ritengo la più alta che la storia abbia mai concepito); ma sicuramente voglio essere rispettoso di chi tale concezione non condivide; solo, infine, mi piacerebbe che chi non ha una concezione cristiana dell?uomo mostrasse di averne comunque una, alla quale ispirasse il suo pensiero politico sul quale la regola democratica sappia trovare equilibri e moderazioni.
PS: giusto un anno fa, di questi tempi, scrivevo ?Vogliamo un santo?, citando un ampio brano della lettera a Diogneto: proviamo a rileggerlo insieme per vedere se proprio ripugna alla intelligenza dei ?laici? un profilo del cristiano come è delineato nel testo?
? I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. ?