C?è un aspetto preoccupante che emerge dalle numerose inchieste sulle giovani generazioni recentemente pubblicate: l?assenza della domanda di partecipazione alla vita politica e civile, il ripiegamento nel privato. È un fatto di enorme portata e guai se non producesse una riflessione seria.
La sola considerazione preliminare di una pressochè totale assenza dei giovani dalla ?vita pubblica? mette in crisi l?idea di molti che dopo la fine della Prima Repubblica, il disinteresse alla politica delle giovani generazioni potesse essere superato da una nuova rinascita, da un nuovo protagonismo, da un nuovo interesse per la società.
Non è stato così. La fotografia impietosa della società italiana che le recenti inchieste ci consegnano è diversa. Quei giovani che sono scesi nelle strade e nelle piazze per urlare, nella grande stagione dei movimenti, ?un altro mondo è possibile? non hanno interesse a partecipare alla vita politica del paese. Perché ?
Alla domanda posta per primo da Amedeo Piva nell?ultima sua newsletter ??Perché alle primarie del PD non c?erano giovani?? molti Amici per la città hanno voluto rispondere. Sono opinioni di giovani e non, ma tutti accomunati dalla voglia di una politica nuova, trasparente, che metta in grado le nuove generazioni di diventare uomini e donne con una forte dimensione sociale e di solidarietà.
Trovare risposte a una domanda così aperta non è facile ma molti sono gli spunti di riflessione contenuti nei messaggi di risposta alla news letter.
Innanzi tutto Letizia chiarisce che occorre stabilire chi sono i giovani:
“Non mi fossilizzerei né su una distinzione anagrafica da un lato, né su un eufemistico “giovane nello spirito” dall’altro.
Comunque, oggi come oggi, la fascia giovane deve per forza includere anche i quarantenni. Non potrebbe essere altrimenti, se consideriamo l’età media in cui i ragazzi escono di casa e diventano autonomi…
I giovani “papabili” a mio avviso sono persone che sono anche inserite – pur se con contratti di formazione – nel mondo del lavoro e cominciano a strutturare una propria famiglia: insomma individui che conoscono per esperienza diretta i problemi della “gente comune”. Ferma restando la necessità di una rappresentanza giovanile studentesca, per illuminare anche sulle questioni della formazione dal punto di vista dei diretti interessati”.
“È vero i giovani non sono andati a votare per il nuovo PD, e mi domando il perché. Eppure questa era l?occasione buona anche per riscattarsi per guardare al futuro con fiducia, con la speranza di nuove prospettive politiche per un ricambio generazionale. Niente di tutto questo”. E allora cosa sta succedendo!!! Si chiede Lucia.
Tante le risposte. Secondo qualcuno ai giovani manca la possibilità di formarsi, come accadeva in passato, alla politica: un mestiere a servizio della società e non di interessi individuali: “Oggi la gioventù è straordinariamente attenta a quello che succede intorno; talmente attenta che si è accorta che la politica per i giovani e con i giovani non esiste. La classe politica è completamente disinteressata al ceto giovanile, parla continuamente che bisogna aiutare e fare e dire e comunicare ….. per i giovani; ma la realtà è che il politico, oggi, è interessato più alla sua poltrona che gli produce “potere” piuttosto che alla risoluzione del problema che al contrario gli produce: “lavoro”.
La verità è che manca la scuola politica di una volta, dove si insegnavano i valori della politica, i valori dell’eletto. (?)” Bruno
C?è anche chi imputa la responsabilità dell?assenza dei giovani nella vita politica ad un passaggio generazionale molto particolare e a un?eredità raccolta dalle nuove generazioni che ad esempio Lorenzo definisce ?schizofrenica?:
“Parlo di quei giovani che hanno tra i 25 e i 35 anni, laureati e in molti casi con un lavoro… precario naturalmente.
Siamo una generazione cresciuta lottando per trovare un nostro posto perché schiacciati da genitori che, avendo partecipato alle proteste del 68 o degli anni 70, hanno sempre sminuito i nostri normali entusiasmi “rivoluzionari” giovanili. Siamo cresciuti sotto questa pressione che ha sempre dipinto la generazione prima della nostra come l’unica vera rivoluzionaria, ma allo stesso tempo nei fatti vediamo bene qual è la realtà. Un’Italia di raccomandazioni, favori e scambi.
Cresciuti in questo mondo schizofrenico di grandi ideali a parole e di grandi bassezze nei fatti, ci siamo rivolti in molti verso il concreto. Verso il fare prima che il parlare.
Il partito democratico va esattamente nella direzione opposta, cos’è infatti se non un’altra delle tante manovre vuote dei partiti?
Lo si vede anche dai risultati, solite persone, soliti discorsi… nulla di nuovo”.
C?è chi invece prova a trovare delle spiegazioni nel rapporto tra politica e antipolitica: “I giovani sono i grandi assenti e, se analizziamo i dati di tutte quelle manifestazioni o movimenti che invece si scagliano contro la politica, è facile rendersi conto come abbiano molto più successo e “audience” rispetto a tutto quello che proviene, diciamo così, da ruoli istituzionali. Perchè? Secondo me perchè se è vero che l’antipolitica va combattuta con la politica è anche vero che, troppo spesso, gli strumenti che si usano sono di facciata, di interesse, creando una confusione incredibile, come un cane che si morde la coda, tra ciò che è “giusto” e ciò che invece è da condannare.
A ciò è molto sensibile la gioventù che, ancora piena di forti ideali, scappa via da tutto ciò che appare precostituito, già deciso, poco dinamico, sempre uguale”. Andrea
Molti infine imputano la responsabilità alla mancanza di lavoro e alla generale precarietà in cui vivono i giovani come Carlos che crede che i giovani “si allontanino della politica perchè sono delusi scoraggiati guardano il futuro con paura perchè i governanti non danno risposte convincenti”.
Ma come accade spesso gli Amici per la città sono capaci di cercare risposte concrete e guardare al futuro con ottimismo e lungimiranza come tenta di fare Bianca Maria:
“Credo che per il futuro sia importante dare segnali concreti di cambiamento, innanzitutto con un programma da rispettare, non solo quello del partito democratico che, per la sua eterogeneità all?interno, risulterà sicuramente generico, ma soprattutto quello del nostro gruppo, che dovrà essere veramente vicino alla gente, pur in una prospettiva di crescita nazionale. In questo ognuno dovrà e potrà giocare la sua parte”.