Facciamo finta che esista un certo sign. P.d.L. (non nominiamo il nome per esteso per via della legge sulla privacy) e che questo signore sia molto potente. Un giorno con la sua lussuosissima auto passa col rosso. Un povero vigile lo ferma, gli fa la multa e gli anticipa che avrà decurtati 5 punti sulla patente. Lui non sa che il sign. P.d.L è molto potente e come tutti i potenti, arrogante. “e che io devo pagare la multa? Ma mi facci il piacere?” (come avrebbe detto Totò). Così, preso il telefono, ecco convocare le autorità preposte per un’interpretazione giusta (per lui) del codice della strada, che viene immediatamente stilata più o meno in questi termini:
“Se una persona viaggia con una macchina molto lussuosa, si presume che sia di destra. Pertanto, poiché il rosso del semaforo evoca il colore delle bandiere dei comunisti, che la destra ha sempre combattuto, fermarsi davanti al colore rosso per una persona di destra sarebbe un atto simbolicamente evocativo di resa nei confronti dei suoi più odiati avversari, un atto coercitivo insomma che mina la libertà di pensiero e ciò va contro la Costituzione che garantisce appunto la libertà di pensiero. Se poi aggiungiamo che la Costituzione garantisce altresì libertà di movimento all’interno dello Stato, ne deriva che chi è di destra e si muove (a piedi, in auto o con qualunque altro veicolo) non deve fermarsi al semaforo rosso”.

Ma dove andava con tanta fretta il sign. P.d.L.? Stava andando a votare. Era quello l’ultimo giorno delle elezioni regionali e i seggi chiudevano alle 15. Quel vigliacco del vigile (che poi sarebbe stato trasferito) gli aveva fatto perdere 20 minuti. Così il sign. P.d.L. arrivò al seggio alle ore 15 e 20. I militari avevano già chiuso le porte della scuola e si erano piazzati davanti all’entrata per garantire la regolarità dello spoglio. E gli si misero davanti con le braccia incrociate impedendogli di entrare.
“Aridaje!” pensò il sign. P.d.L. Così prese il telefono e convocò con urgenza le autorità preposte per un’interpretazione giusta (per lui) dei termini di scadenza del voto. Ne nacque un provvedimento d’urgenza che suonava più o meno così:
“Poiché il voto è un diritto e nelle grandi città c’è molto traffico che non consente di avere tempi certi di arrivo a destinazione, con l’aggravante poi che non si trova mai parcheggio, chi vota in una città superiore ai 5.000 abitanti e arriva oltre il termini di chiusura dei seggi, può essere ammesso al voto se rilascia un’autodichiarazione da cui si evinca che è uscito di casa con la scheda elettorale in tasca per andare a votare prima dell’orario di chiusura”.
E così votò, ovviamente i poveri militari, di cui qualcuno rintracciò il genetliaco comunista, vennero trasferiti.

Poiché aveva tempo da perdere e fuori c’era ancora molto traffico, il sign. P.d.L., incuriosito, decise di restare a vedere lo spoglio. Si dirà: “Ma è vietato!” se non hai le credenziali richieste di membro del seggio o di rappresentante di lista. Neanche a dirlo, telefonata e interpretazione giusta (per lui) del regolamento elettorale: “tutti coloro che arrivano in ritardo al seggio e non vogliono tornare a casa per motivi di traffico possono assistere allo spoglio. Più persone assistono più è garantita la regolarità del voto, meno persone stanno in macchina e quindi si agevola il traffico con vantaggio della collettività”.
Alla fine dello spoglio risultarono nulle il 30 % delle schede. “Ma che spreco!” pensò il sign. P.d.L., che cercò invano di farle attribuire tutte ad un partito che trovava simpatico in quanto aveva affinità col suo nome, ma l’operazione non gli riuscì per la reazione imprevista e maleducata di alcuni inferociti rappresentanti di lista (sicuramente comunisti, pensò lui). Allora riprese di nuovo il telefono, e riconvocò d’urgenza le autorità preposte. Ecco subito pronta un’interpretazione giusta (questa volta per tutti) sulla distribuzione delle schede nulle con finalità ecosostenibili:
“Su proposta del Ministro dell’Ambiente per evitare tanto spreco di carta, a sua volta derivata dal taglio degli alberi, tutte le schede nulle sono ridistribuite tra i partiti in percentuali identiche a quelle delle più recenti elezioni politiche”. E, devo dire, che su questo provvedimento ci fu ampio consenso.

Anni fa si gridava: “Immaginazione al potere!”. Oggi questo slogan si è realizzato. Forse sarebbe meglio sostituire “immaginazione” con “improvvisazione”, ma il risultato non cambierebbe di molto, stante i soggetti. Così siamo passati da leggi “ad personam” a leggi “ad partitum”, nella rassegnazione generale, che, forse, è il peggior sintomo di stanchezza di un Paese democratico.