Scolpiti nel legno, fusi nel bronzo, dipinti su tela, incisi nel ferro; da piccolissimi a enormi li troviamo nelle chiese, nelle piazze, nelle scuole, sulle montagne, dondolanti da specchietti retrovisori, appesi a pacchiane catene d’oro su petti villosi o a eleganti catenine su scollature generose.

Il progetto di legge regionale dell’on.le Alessandro Marelli (Lega) vuole ora i crocifissi obbligatori nei locali e negli edifici della Regione Lombardia ufficialmente per “promuovere i valori del cristianesimo”, ufficiosamente –non è difficile capirlo- per marcare il territorio e come amuleto antislamico.

Pur non essendo note le sfumature delle convinzioni religiose di Bossi, Castelli e Borghezio, il crocifisso fa sicuramente parte della loro identità culturale così come il cotechino della bergamasca e il rosso di Franciacorta, anzi, a pensarci bene, entrambi questi ultimi potrebbero egregiamente funzionare come amuleto antislamico meglio del crocifisso: in fondo di Gesù il Corano parla bene, del maiale e del vino non molto.

Forse però l’improvvisa ansia della Lega di rendere i crocifissi obbligatori ha un’altra (non molto occulta) spiegazione. Oltre a quelli scolpiti, esposti, dondolanti ed appesi, c’è infatti un’altra numerosa categoria di poveri cristi i quali però -secondo la Lega- non promuovono abbastanza i valori del cristianesimo. Li troviamo sui barconi fra Tripoli e Lampedusa, nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), sui binari della Stazione Ostiense e nei padiglioni dismessi del Forlanini a Roma. Probabilmente non promuovono i valori del cristianesimo perché –a differenza di quelli di legno- questi viaggiano, mangiano, dormono, parlano, cercano lavoro, hanno figli ed è difficoltoso appenderli al muro di un assessorato e dimenticarli lì.

Nei giorni scorsi, immagino sempre per promuovere i valori del cristianesimo, c’è chi ha proposto un bel blocco navale a largo delle coste libiche e chi ha fatto varare al Consiglio dei ministri un decreto legge che porta da 6 a 18 mesi il limite di detenzione nei CIE dando così un po’ di soddisfazione ai convenuti a Pontida e un argomento in più agli acuti approfondimenti politici nelle osterie di Bergamo bassa.

Prevedendo una reazione critica da parte della CEI a queste ultime simpatiche iniziative, la Lega ha pensato bene di riesumare la storia dei crocifissi nei locali pubblici per fugare ogni dubbio su chi difende davvero le “radici cristiane” nel nostro paese…

Se anche questa volta qualche vescovo ci casca si merita davvero di ritrovarsi il cotechino della bergamasca e il rosso di Franciacorta sullo stemma della diocesi, ovviamente sempre per promuovere i valori del cristianesimo.