“Preferisco vivere da ottimista e sbagliarmi, che vivere da pessimista e avere sempre ragione” è l’aforisma (Einstein? Confucio? non importa…) con il quale Jean-Michel Guenassia inizia il suo romanzo “Il club degli incorreggibili ottimisti” che, nonostante le sue 701 pagine, sta avendo molto successo.
Ne sono convinto: in questi tempi l’ottimismo è merce rara mentre il suo contrario, il pessimismo, è giustamente accusato di essere una della malattie responsabili del declino dell’Occidente, scoraggiato e depresso di fronte alle crisi economica, oppure sconfortato perché ha perso l’orizzonte di senso.
Ma è inevitabile lasciarci travolgere da questa depressione senza scampo?
Al contrario. Penso che il primo impegno a cui siamo chiamati noi più “maturi” è quello di arginare questa deriva negativa, che sta paralizzando anche i nostri giovani. Questa è la nostra responsabilità storica!
Dobbiamo rimboccarci le maniche come hanno saputo fare i nostri padri dopo la guerra dedicandosi a ricostruire e non a piangersi addosso. Dobbiamo avere la forza (e la voglia) di raccontare ai nostri figli che il nostro paese è riuscito a sollevarsi da ben più profonde crisi e che nessuna generazione ha mai avuto la possibilità di scegliersi i problemi con cui misurarsi. Questa è la loro stagione e con questa bisogna fare i conti, senza insensati confronti o infondate fantasie.
Ma non basta predicare: dobbiamo per prima cosa crederci noi e, con coraggio ed ottimismo, metterci al loro fianco e sostenerli nella loro sfida, con realismo, senza illuderli che sia facile ma con la fiducia di chi sa che è possibile. (E anche senza pretendere di vivere al loro posto).
A proposito di ottimismo, un maestro in Italia ce lo siamo tenuto per tanti anni. Solo che la sua massima era un po’ diversa: “Preferisco vivere da ottimista e ingannarvi”. Ma io sono veramente ottimista e sono certo che anche quest’epoca sia ormai finita.