Nella caldissima estate del 2023, 8 uomini vestiti da carbonari, segretamente e separatamente, fecero il loro ingresso, di notte, in un casolare alle pendici del monte Titano, in territorio di San Marino, ciascuno attento a che nessuno lo notasse.
Non appena convenuti nella stalla abbandonata da decenni dall?ultimo agricoltore sanmarinese, gli 8 uomini si presentarono l?un l?altro, dopo che per tanto tempo avevano dialogato fra loro in codice, utilizzando dei nicknames sulla rete di youtube.
Grandissima fu la loro sorpresa nell?apprendere che quelli che credevano dei nomi fittizi erano in realtà i veri nomi di ciascuno, che per loro natura nessuno avrebbe creduto corrispondessero ai loro effettivi titolari: il primo a svelarsi fu Giuseppe Mazzini, pro-pro-pro nipote di quel Giuseppe Mazzini che aveva fondato, nell?ottocento, il movimento noto nei libri della preistoria come la Giovane Italia. Il secondo era Camillo Cavour, pro-pro-pro nipote di quel Camillo Benso conte di Cavour che, a cavallo della metà del XIX secolo, aveva intessuto pericolose trame internazionali per creare un unico stato a sud delle Alpi. Entrambi rappresentavano, così dissero, il popolo della Padania, il territorio annesso volontariamente all?Austria che si estendeva dal confine della Francia al lato destro del sacro fiume Po. Il terzo disse di chiamarsi effettivamente Giuseppe Garibaldi, pro-pro-pro nipote di quel Giuseppe Garibaldi che aveva guidato l?annessione del Sud all?unico stato vagheggiato da Cavour e da Mazzini. Il quarto, invece, disse di chiamarsi Tommaso Aniello, pro-pro-pro-pro-pro nipote di quel Masaniello che in un passato lontano aveva incarnato al meglio le radici democratiche del popolo meridionale. Entrambi dissero di parlare a nome dei popoli della Terronia, le regioni che la Grecia aveva annesso qualche anno prima per rifondare la Magna Grecia, in forza di principi identitari e nel rispetto delle comuni radici.
Il quinto ed il sesto, rispettivamente Graziano Mesina (pro-pro-pro nipote di quel Graziano Mesina che aveva lungamente spadroneggiato nell?isola di Sardegna) e Lucky Luciano (pro-pro-pro nipote di quel Lucky Luciano che aveva dovuto emigrare in America dalla natia Sicilia per sottrarsi alla persecuzione degli sbirri Italiani) dissero di rappresentare i popoli di Insulonia, la regione bicefala che, con regolare referendum aveva votato qualche anno addietro la confluenza della vecchia Sicilia e della vecchia Sardegna nel potente regno delle Baleari.
Il settimo diede solo il cognome, doppio, Mastai Feretti, e si disse, per vie laterali, pro-pro-pro nipote, sia pure ribelle, di quel Mastai Ferretti che era stato Papa Pio IX; l?ottavo, un tipo segalino e dal naso fortemente arcuato, si disse pro-pro-pro-pro-pro-pro- etc nipote di quel Dante Alighieri (del quale rinnovava il nome) che per primo aveva sognato l?unificazione degli sparsi potentati dell?Italia pre umanistica. Entrambi si dissero rappresentanti dei popoli di Centronia, da poco confluiti nel nuovo regno Pontificio instauratosi sulle rovine dell?Italia della terza repubblica.
Scopo della segretissima riunione era quello di vagliare la possibilità di costituire una organizzazione segreta, chiamata la Vecchia Italia, per riunificare i quattro regni (Padania, Centronia, Terronia ed Insulonia) nei quali erano articolati gli antichi parlatori del dialetto Italiano.
Assunse la presidenza Giuseppe Mazzini, in virtù della consonanza fra la Vecchia Italia e la Giovane Italia, ideata e voluta dal suo bis-bis-bis- nonno.
Il primo a prendere la parola fu Dante Alighieri il quale sottilizzò che in realtà non esistevano profonde comunanze nemmeno fra i parlatori del dialetto italiano, che, notò con sussiego l?Alighieri, in realtà presuppone l?aspirazione della c, cosa veramente praticata solo nella vecchia Toscana e più blandamente in alcune zone dell?Umbria. Camillo Cavour, con accento vagamente francese, difese il diritto di ammosciamento della r, che mal si sarebbe combinato con la pretesa di aspirazione della c. Una netta presa di posizione contraria alla osservazione Dantesca fu assunta da Lucky Luciano e da Graziano Mesina, i quali sostennero che, se di unificazione si doveva parlare, essa non avrebbe dovuto essere fondata sulla familiarità col dialetto Italiano,con c aspirata o con r moscia, ma semplicemente sulla abolizione, nel nuovo stato da rifondare, della polizia e della magistratura o, quanto meno, sulla adozione di un unico codice penale basato sul concetto biblico di occhio per occhio, dente per dente.
Giuseppe Garibaldi disse invece che, poiché il popolo non avrebbe compreso bene queste dispute intellettualistiche, l?unico fattore unificante avrebbe dovuto essere ricercato nell?adozione di una camicia rossa obbligatoria per tutti, almeno di sabato, come già era stato fatto in passato, e con successo, con le camicie nere. Mastai Ferretti appoggiò la tesi del Garibaldi (ancorché fra i rispettivi antenati non corresse buon sangue) proponendo anche l?uso della cotta clericale sotto la camicia rossa ? ma di domenica e non di sabato, per non dare soddisfazione agli ebrei ? e, invece, l?abbandono definitivo dell?italiano come lingua comune a vantaggio del latino, più rispettoso delle radici e dell?identità dei popoli da unificare.
Tommaso Aniello propose che anzitutto si discutesse dell?inno da adottare e che, anzi, venisse direttamente adottato Funiculì Funiculà, che meglio di qualunque altro inno poteva richiamarsi al progresso ferroviario, visto che da Napoli era da poco partita la gara per il progetto di massima su un?idea preliminare di alta velocità per il Sud, peraltro osteggiata dalla Grecia, dominante in Terronia, che voleva proteggere il mercato conquistato dalla Olympic Airways sulle rotte aeree a sud di Napoli.
Il presidente Mazzini, ascoltate tutte le opinioni, concluse che i tempi non erano maturi per lanciare il progetto Vecchia Italia e che pertanto ognuno dovesse segretamente tornare nei propri territori, accontentandosi, per ora e fino a nuovo ordine, delle nobili lingue ivi parlate (dal bergamasco al campidanese, dal fiorentino al sambenedettese, dall?anconetano al più dolce maceratese) e dei costumi ivi indossati nei colori prescritti (prevalentemente il verde), facendo mostra di grande rispetto per gli inni locali (dalla Montanara Oè a Vitti na crozza, da La porti un bacione a Firenze a Ma che ce frega ma che ce mporta): ?prima di rifare l?Italia bisogna rifare gli Italiani? concluse Mazzini, grattandosi la barba.
Faceva molto caldo a San Marino nel 2023, come non si ricordava dal 2009.