Queste ultime elezioni, anche in presenza di una tornata amministrativa non ancora conclusa, delle indicazioni precise già le danno.
Prima indicazione.
Il vento di destra non è un fenomeno solo italiano, ma europeo. Non ne escono meglio le forze riformiste spagnole o inglesi o francesi. Eppure, si dirà, in uno stato di crisi globale che accentua le difficoltà sociali e mette in crisi welfare e lavoro, dovrebbe essere gioco forza per le forze riformiste e socialiste entrare nel cuneo aperto dalla crisi e cavalcare le contraddizioni neo liberiste e neo capitaliste. Ma non è stato così e il motivo è molto semplice: la paura.
Ancora una volta la paura è stata soggetto politico. La destra, culturalmente più affine a questi temi, col suo populismo viscerale la sa cavalcare. La sinistra sia italiana che europea non è preparata a farne programma politico, ha remore storiche che risalgono alle sue radici, le sue parole d?ordine fin dalla nascita ottocentesca sono state socialismo, solidarietà, mutualismo, redistribuzione equanime della ricchezza prodotta tra la forza lavoro senza distinzioni di etnia, razza, cultura, al grido ?proletari di tutto il mondo unitevi!?(profetico anticipo di globalizzazione ante litteram). In un?economia in crisi i primi che ne fanno le spese sono proprio le classi deboli, che si sentono minacciate nei pochi diritti che sono riusciti ad acquisire: sicurezza del posto di lavoro, anche se precario, sicurezza personale. La crisi crea angosce, sfilaccia il tessuto sociale, mina la serenità e la coesione a partire dalle famiglie. I più deboli sono i più esposti alla crisi (come denuncia anche l? ultima Assemblea generale della CEI) e la sinistra non è stata in grado di rassicurarli soprattutto quando il messaggio, la convinzione dominante e semplicistica (nonchè strumentalmente indotta per scaricare colpe e responsabilità) è che la crisi economica è colpa dell?immigrato che toglie posti di lavoro e la stessa immigrazione è la causa di tutti i crimini e i reati commessi (è pur vero che i reati contro la persona come scippi, furti hanno come soggetti penalizzati proprio le fasce più deboli della popolazione, anziani, pensionati, casalinghe, minori). Non a caso in tutta Europa, anche nei più civili paesi nordici come l?Olanda, hanno avuto un forte exploit elettorale forze xenofobe dichiaratamente neonaziste.
L?immagine che ne esce dunque è quella di un Europa contratta, chiusa in se stessa, che ha paura dell?altro, arroccata in difesa. Dice il leghista Salvini: andiamo in Europa per proteggere le nostre terre, le nostre mucche, il nostro latte, i nostri prodotti, altro che turchi in Europa! Che Europa sarà quella che si insedierà: sarà un?Europa unita o polverizzata in tanti localismi? Sarà un?Europa autarchica, in trincea col mondo, un? Europa di gomma pronta a respingere uomini, idee, culture che non siano rigorosamente autoctone o aperta alle sfide della globalizzazione? Non è certo un bel panorama quello che si prospetta per quella che fu la culla della civiltà occidentale, che nacque proprio grazie ai flussi di coloni fenici, greci, etruschi, e poi romani, arabi e normanni che usarono il mediterraneo come via di collegamento per diffondere popoli, maestranze, cultura, conoscenze. Il rischio è quello di percorrere il percorso inverso dell?America di Obama che apre a nuovi modelli economici, a un nuovo welfare, a nuovi mondi, a culture fino a pochi mesi fa ?nemiche? e che usa la crisi come opportunità di ripensamento di sé stessa, del suo ruolo internazionale, del suo recente passato.
Seconda indicazione.
Il caso italiano è ancora più emblematico. I più deboli economicamente, come ha dimostrato il Censis (ma certo non ci voleva questa grande scienza a capirlo), sono anche i più deboli culturalmente e quindi i più malleabili dai TG, per i quali sono stati la prima ? e in molti casi, l?unica – fonte di ?ispirazione? elettorale. Se al vento di destra europeo ci mettiamo pure questa tenaglia, crisi economica-TV controllate, ecco precostituito il risultato elettorale italiano. Non per nulla la destra è più forte al Sud, storicamente la parte più arretrata del Paese, e al Nord, tra i lavoratori, molti i precari, minacciati dalla crisi espressa da un numero emblematico: 600% in più di cassa integrazione. Anzi ci è andata fin troppo bene! Ma cosa ci aspetta ora?
Un paio di mesi fa, in tempi pre elettorali non sospetti, ipotizzavo la necessità di una grande catarsi per il PD, che sarebbe dovuta passare per un?irreversibile e dura sconfitta elettorale. Dopodichè sarebbe stato tutto più chiaro: una ragionevole scissione con l?ala di Centro (Rutelli, Fioroni, Binetti, ecc) in fuga verso l?UDC per la costruzione di un Grande Centro e l?ala di sinistra (ex PD e sinistra DC) impegnata nella ricostruzione di una Grande Sinistra Riformista. I due nuovi soggetti avrebbero poi potuto ricolloquiare tra loro ritrovando il famoso ?trattino?: Centro-Sinistra.
Ecco cosa scrive Massimo Giannini su Repubblica ( ?Quale futuro per il PD?, Repubblica.it, 10 giugno 2009) alla fine del suo articolo:
?? Anche lui (D?Alema) riconosce l’azzardo. Ma c’è uno schema, dietro quell’azzardo, che un minimo di logica, sia pure negativa, ce l’ha tutta. ? la diaspora dei centristi, la fuoriuscita di una costola ex democristiana dal Pd: Letta, Rutelli, Fioroni, Follini e tutti gli altri teodem in circolazione. A quel punto, si produrrebbe un chiarimento definitivo, e una “divisione del lavoro” tra le due forze. Il Partito democratico, in questo schema, prenderebbe atto di essere diventato quella Lega degli Appennini” vagheggiata da Tremonti: cioè una replica geopolitica riformista del vecchio Pci, che presiederebbe l’area sinistra in chiave socialdemocratica, e punterebbe a riassorbire ampi strati di elettorato della sinistra radicale di Vendola e di Rifondazione.
La nuova formazione centrista, invece, dovrebbe mettere in piedi una “Cosa Bianca”, con l’obiettivo di trovare un accordo con l’Udc, per impedire che Casini sia risucchiato, prima o poi inevitabilmente, nel nuovo “abbraccio mortale” con il Cavaliere. In questo modo, rinascerebbe il centro-sinistra con il trattino. Non più l’Unione prodiana, ma qualcosa di ancora più largo, che riaprirebbe i giochi politici e potrebbe tornare a contendere la maggioranza al centrodestra.
Pura fantapolitica? È probabile. Ma anche di questo si parla, nel tintinnar di sciabole che prelude all’ennesima, sanguinosa resa dei conti del Pd. “Sfasciare il Pd per salvare il centrosinistra”, è la formula paradossale riassunta da Follini??
La sconfitta elettorale forse non è stata tanto dura da fare chiarezza immediata, ma l?orizzonte del congresso di ottobre è prossimo e sarà l?occasione giusta per fare almeno chiarezza sulle prospettive. Occorre partire dal dato elettorale per ribadire alcuni punti fermi:
1 ? il partito Democratico non può vivere in uno splendido isolamento. Il bipartitismo premia la Destra e quindi è fondamentale rilanciare una politica di alleanze, ipotizzando anche, se l?esito del referendum lo consentirà, un ritorno ad un sistema proporzionale corretto con sbarramento
2 ? occorre rilanciare il dialogo con gli ex alleati che nelle ultime elezioni sono stati invece i principali competitor e mi riferisco all?Italia dei Valori e alle due forze di sinistra, che auspico superino l?attuale miopia e frazionismo (unite avrebbero sfiorato l? 8-10%)
3 ? se la destra non ha sfondato come avrebbe voluto e ipotizzato, per evitare che lo faccia in seguito (il prossimo anno ci saranno le regionali) è necessario aprire da subito un canale di dialogo anche col Centro (l?attuale UDC) per evitare che ritorni in un?alleanza organica con la Destra
4 ? infine preparare un congresso che voli alto e da cui esca un PD dai chiari connotati – senza ma anche – nella politica economica e quindi nel blocco sociale di riferimento, nella politica estera (pessima l?ultima performance su Gheddafi al Senato), nei valori etici, nei diritti civili, sui temi della sicurezza e dell?accoglienza, sulla moralità nella vita politica. Solo una volta indicata la strada si potrà pensare alle persone (già prevedere oggi una Debora Serracchiani vicesegretario, perché mediaticamente ?nuova? e ?outsider? significa non aver capito nulla della sfida che il PD ha davanti). Che il programma vincente sia infine il programma di tutto il partito e non solo della maggioranza vincente in una logica di sano ritorno al vituperato ?centralismo democratico?: un programma, una sola voce. La minoranza accetti di essere minoranza e trovi le modalità ?interne? per comunicare il suo dissenso o come altre volte detto: ?bona pace a tutti ognun per sé? .
Solo eretta la ?cattedrale? di potrà pensare ad un abate, monaci e chierichetti, per la sua gestione e manutenzione, per incrementare il numero di fedeli, ma che la cattedrale abbia uno stile architettonico preciso e non sia romanica ma anche gotica ma anche barocca: sarebbe un mostro di eclettismo destinato a crollare.
P.S.
Venticinque anni fa, l?11 giugno a Padova, moriva Enrico Berlinguer. Col suo stile di vita schivo, timido, quasi impacciato, con la sua intelligenza politica, la sua schiettezza, il suo idealismo rigoroso, la sua lungimiranza, la sua coerenza oggi avrebbe potuto dare molto al PD, e di sicuro nel PD c?è tanto di lui. Non era telegenico, non era bello, non era giovane, non era elegante, non si tingeva i capelli, non rinunciava al suo accento sardo, non faceva politica urlata: era l?antitesi dell? homo politicus di questo tempo. Personaggi di questo spessore mancano alla vita politica italiana.