Berlusconi al termine del suo recente discorso al Castello Sforzesco, di fronte a 40.000 militanti del Pdl, dopo avere sciorinato i soliti attacchi alla magistratura ed elencato i successi del suo governo, aveva riletto il suo primo messaggio politico agli italiani: la libertà dell’individuo e di chi vuole fare impresa viene prima dello Stato e va difesa ad ogni costo e con tutti i mezzi. Messaggio che ricalcava perfettamente la teoria economica di Milton Friedman, fondatore della scuola economica di Chicago, che teorizzava una politica in cui l’economia e il mercato devono essere completamente liberi da ogni vincolo statale o governativo (e morale), che possa ostacolare il loro sviluppo all’interno del mercato stesso.
Dal 1980, anno in cui è sceso in campo, Berlusconi è stato uno dei promotori ed esecutori più fedeli della teoria economica liberista di Friedman.

Va ricordato che fin dagli inizi della carriera, e successivamente con i suoi “discepoli”i cosiddetti Chicago boys), Friedman, è stato uno dei maggiori consulenti del governo statunitense. I suoi modelli di sviluppo economico, frutto di simulazioni a computer in cui le persone erano considerate semplici numeri, sono serviti per anni, da Reagan in poi, ai governi degli Stati Uniti per realizzare la politica economica interna e soprattutto estera.
Naomi Klein nel suo ultimo libro “Shockterapy” descrive in modo agghiacciante come il governo degli Stati Uniti abbia condizionato, grazie ai consigli di Friedman, le politiche di sviluppo di paesi come Cile, Cina, Polonia, Russia, Sudafrica, Ecuador, Peru, Argentina, Indonesia.

La “gestione” Friedman per questi paesi ha comportato:

• una pesante crisi del mercato e dell’economia interna;

• l’avvento di organi restrittivi e repressivi che spesso con l’aiuto della CIA hanno limitato le libertà individuali e sociali dei cittadini provocando mjgliaia e a volte milioni di vittime;

• la creazione di corsie preferenziali per l’entrata delle grandi multinazionali americane;

• un brusco cambio di governo, avvenuto spesso , in maniera violenta ed antidemocratica.


Il Cile di Pinochet, l’Argentina di Videla, la nuova Russia, prima di Eltsin, poi di Putin, la Cina della famosa protesta di piazza Tiananmen sono solo alcuni degli esempi della politica economica friedmaniana.

Alla base dei modelli di sviluppo di Friedman c’è il concetto tutto individualista di creazione di un’elite; economica, culturale, politica, militare che ha il compito di gestire lo sviluppo del paese.

Secondo Friedman se gli strati più alti della piramide economica realizzano forti guadagni, prima o poi questi passeranno, anche se in forma minore, agli strati più bassi della società che alla fine del processo ne trarrà beneficio.

Quindi il mercato per favorire questo processo, il cosiddetto “trickle-down” (gocciolare sotto) deve essere deregolamentato per consentire in particolare alle grandi aziende di poter investire come e dove gli pare, senza restrizioni.

In effetti l’atteso gocciolamento c’è stato ma non per gli sfortunati che erano alla base della piramide.

Il “trickle-down” sfidando la legge di gravità si è diretto verso la punta della piramide ed ha beneficiato i soliti pochi eletti che hanno visto aumentare in modo abnorme le proprie già enormi fortune.

La parte più ricca dell’umanità del pianeta, in questi anni di governo “friedmaniano” ha accresciuto la sua fortuna aumentando il divario tra ricchi e poveri.

Gli abitanti dei venti paesi più ricchi nel 1962 guadagnavano cinquantaquattro volte il reddito degli abitanti dei venti paesi più poveri, nel 2002; il reddito dei paesi ricchi superava quello dei paesi poveri di ben centoventuno volte.

Si può ragionevolmente stimare che a causa della crisi economica degli ultimi tre anni sia aumentato ulteriormente il divario non solo tra nazioni ricche e povere ma anche all’interno delle cosiddette nazioni ricche.

Oggi la busta paga di un operaio di Pomigliano è 450 volte inferiore a quella del suo Amministratore Delegato (stima per difetto).

Va inoltre ricordato che per affermare il modello di sviluppo di Friedman sono stati creati conflitti ad hoc destabilizzanti (vedi l’Iraq e l’Afghanistan dell’ultima era Bush jr. – leader politico americano da sempre punto di riferimento di Berlusconi ),dove sono morte milioni di persone. Questi conflitti hanno permesso immensi guadagni con opere di distruzione (multinazionali degli armamenti) e poi di ricostruzione (multinazionali degli altri settori).
I conflitti sono stati preceduti da campagne mediatiche, scientificamente pianificate dalle grandi multinazionali americane della comunicazione, che hanno sapientemente indottrinato l‘opinione pubblica mondiale.

Va ricordato che nell’azionariato dei maggiori gruppi mondiali della comunicazione, in prevalenza americani, sono presenti le maggiori multinazionali dell’energia, degli armamenti, del settore alimentare, dell’Information Technology, della finanza. Da una recente analisi che ho avuto occasione di realizzare ho scoperto che l’Halliburton è uno dei maggiori azionisti della Disney, secondo gruppo mondiale della comunicazione. Va ricordato che l’Halliburton, che opera nel settore dell’energia e delle infrastrutture, ha ricevuto, in regime di monopolio, l’incarico per la ricostruzione dell’Iraq. L’ Halliburton è stata molto chiacchierata per i suoi collegamenti con un’altra società la Blackwaters che gestisce un esercito di circa 90.000 mercenari in Iraq (in Afganistan il numero di questi mercenari è al momento top secret ) Le ultime notizie sull’Halliburton da sempre collegata a Cheney e alla famiglia Bush riguardano il suo pesante coinvolgimento insieme alla BP nel disastro ambientale del golfo del Messico.

In Italia grazie a Berlusconi a partire dagli anni ‘80, si è affermato, silenziosamente e meno traumaticamente che in altri paesi, il modello di sviluppo basato sulle teorie di Friedman.
Pochi si sono resi conto che nel decennio tra il 1980 e il 1990 il mercato televisivo era stato lasciato, con complicità trasversali a tutti i partiti e a tutte le istituzioni, privo di norme di regolamentazione per permettere a Berlusconi di consolidarsi e creare quella piattaforma mediatica che gli avrebbe consentito di creare successivamente, a partire dal 1994, una vera e propria dittatura mediatica. Dittatura attraverso cui è riuscito a costruire in questi anni una realtà parallela che ha tenuto gran parte degli italiani in uno stato di delirio onirico ad occhi aperti. Che gli ha consentito di creare una casta di intoccabili, a lui fedeli, al di sopra delle leggi democratiche, che si è arricchita in modo smisurato.

Fortunatamente Berlusconi da qualche tempo ha iniziato una parabola discendente. Non solo a causa delle inchieste della magistratura che stanno colpendo direttamente lui e la casta da lui creata. Lo stanno soprattutto abbandonando i poteri occulti d’oltreoceano che ne avevano all’inizio degli anni ‘80 pianificato l’ascesa e successivamente aiutato a gestire il potere. Troppi e gravi sono stati gli errori commessi da Berlusconi in questi ultimi anni. In particolare quelli che riguardano gli accordi commerciali in campo energetico con Putin e le forniture a Gheddafi di apparati di alta tecnologia e per infrastrutture.

Anche se Berlusconi uscirà tra breve di scena (e tutti si augurano che ciò avvenga senza traumatici colpi di coda) c’è poco da gioire. Lascia un paese stremato dal punto di vista economico, sociale e morale che non dispone, salvo rare eccezioni, di strumenti e infrastrutture in grado di competere a livello globale. Cosa fare ? Forse due indicazioni, anche se parziali ci vengono da due libri L’economia giusta di Edmondo Berselli e L’Italia dei valori di Maurizio Viroli

Edmondo Berselli, giornalista e saggista da poco scomparso, nel suo libro postumo in un’analisi lucida e profonda fa un elenco dei guasti, in tempi di crisi globale, prodotti dal neoliberismo di Friedman che ha creato una società pericolosamente piramidale, dove è sparito il concetto stesso di redistribuzione e pochi si sono arricchiti in maniera scandalosa, specie nel settore finanziario, facendo franare quel ceto medio allargato che aveva finito per coinvolgere anche gli operai capaci, coi loro salari, di accedere ai vantaggi della società dei consumi.

Berselli ricorda quanto affermava Marx: “la borghesia non può esistere se non rivoluzionando incessantemente gli strumenti di lavoro con una permanente mancanza di sicurezza”. E ricorda poi che 50 anni dopo Marx papa Leone XIII nella sua grande enciclica sociale ricordava i guasti del capitalismo, con parole, oggi, di eccezionale attualità: “avvenne che poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi di fronte alla cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza. Accrebbe il male una usura divoratrice…si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tanto che un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all’infinita moltitudine dei proletari un giogo poco meno che servile”.”Per il tempo che verrà -scrive Berselli- ci vuole molto ottimismo, per immaginare uno scenario favorevole. Quando la Cina governerà il mondo, non sarà possibile mettersi in concorrenza esplicita con il gigante asiatico. Quanto tempo servirà prima che l’organizzazione sociale e sindacale cinese diventi omogenea a quella occidentale? Cioè prima che stipendi e orari di lavoro si avvicinino ai nostri?”.: “Come terapia sociale, occorrerà guardare alla nostra storia, per vedere su cosa si è fondata. Ed è superfluo ripetere che, alle nostre spalle, c’è un passato di redistribuzione, quel sistema realizzato dalle democrazie cristiane e dalle socialdemocrazie europee. Che non riuscirà a innescare di nuovo la crescita ruggente all’americana, ma proverà a resistere agli scossoni dell’economia. Nel frattempo, noi europei (e soprattutto italiani) proveremo a vivere sotto il segno meno: meno ricchezza, meno prodotti, meno consumi”.

Ma occorrerà anche, come scrive Maurizio Viroli, docente di storia a Princeton nel suo libro L’Italia dei doveri, promuovere la rinascita del senso del dovere nel nostro Paese: ”servirebbero uomini e donne di grandi capacità che si distinguessero proprio per dovere civico. Avremmo bisogno di ‘eroi’ del dovere in ruoli importanti della vita del paese, visibili, imitabili, che suscitassero l’ammirazione e il desiderio di emulazione nei giovani. Insomma una élite politica colta e con grande senso civico”.