Tentiamo di mettere in fila fatti e opinioni:

  1. Il problema dei flussi migratori ha una dimensione internazionale di portata vastissima ed  è chiaro, ormai da molto tempo e nei suoi termini attuali, a chiunque rifletta, anche solo un poco, sulle dinamiche demografiche, economiche e sociali in atto nel mondo d’oggi da almeno cinquant’anni. La circolazione asimmetrica di informazioni / immagini / stili di vita, da un lato, e, dall’altro, di ricchezza / benessere / opportunità socio-economiche non può che esaltare ed affrettare la dinamica di tali flussi;
  2. Il problema dei flussi migratori in Europa (come noto, storicamente, il “fronte“ mediterraneo è uno solo dei “fronti” di flusso) è altrettanto chiaro a tutti i governanti Europei; tanto che, stimolati dai governati o nell’intento, invece, di stimolarli secondo il meccanismo descritto in seguito al punto 3, molti governi europei hanno preso posizioni più o meno dure o più o meno esplicite ma tutte orientate al controllo / disciplina dei flussi migratori e dei permessi di ingresso / soggiorno nei paesi Europei; ed anzi, in sede Europea, è stata attivata una speciale attività di coordinamento di tali controlli / discipline.
  3. Da noi esistono normative inadeguate (si veda, fra l’altro, l’ampio capitolo dedicato al tema Sicurezza e Cittadinanza nel Rapporto Censis 2009) e, ancora più efficacemente, esiste un diffuso utilizzo del meccanismo “creo-la-paura-dell’immigrato-per-determinare-una-domanda-di-protezione-e-poi-(tentare di )- fornirla”. Questo meccanismo non è solo Italiano (nè solo recente; potrei dire che costituisce anche in altri campi un collaudato strumento di populismo); i Francesi, per esempio, su questa via stanno trovando anche manifestazioni più rumorose (vedasi questione del Burqua), nell’uso delle quali, in Francia come da noi, non si risparmiano, come si sarebbe detto una volta, metri di pellicola e fiumi di inchiostro;
  4. Quando è esploso il Nord del Mediterraneo tutti hanno capito che il latente problema di nuovi, ingovernabili flussi migratori si sarebbe manifestato con forza; tanto più quando abbiamo deciso di “spezzare le reni” alla Libia di Gheddafi, azione nella quale ci siamo contesi il ruolo decidendo peraltro di esercitarlo “senza sparare”;
  5. Quando il problema si è manifestato coi 22/25.000 sbarchi di Tunisini (che sono, lo ricordo solo per antico amore dei numeri,lo 0,04% della popolazione Italiana e circa lo 0,5% degli stranieri già presenti in Italia), essendoci molto spesi col meccanismo di cui al punto 3 ma avendo percepito la incomprimibile vigoria di quanto descritto ai punti 1 e 2, abbiamo innescato il meccanismo “allarmismo / vittimismo” (come bene ha detto Emma Bonino), destinato a sostituire / integrare il meccanismo sub 3, con obbiettivo l’Europa;
  6. Di fronte all’indifferenza Europea (di per sé forse non del tutto accettabile) abbiamo pensato – con tipico approccio laterale – di concedere i famosi permessi provvisori affinchè i Tunisini vadano dove vogliono (presumibilmente in Francia, non foss’altro per ragioni linguistiche e storiche) purchè – abbiamo proclamato ad alta voce a beneficio del popolo educato  come sub 3 – si tolgano ….dai piedi;
  7. La ”furbizia” non è piaciuta (come era da prevedere per quanto detto sub 2) ed il meccanismo “allarmismo / vittimismo” non ha commosso nessuno;
  8. Abbiamo, come dicono i “bravi” giornalisti, “preso uno schiaffo dall’Europa”, ma ce lo siamo cercato non solo nella parte finale della vicenda (punto 6) ma nell’intera storia recente di anti-Europeismo strisciante o non strisciante, rumoroso o subdolo, leggero e vanitoso. Come ha ben detto Gian Antonio Stella (L’Infedele dell’11 aprile) ci siamo impalcati a dare lezioni di umanità ai tedeschi e ai francesi dopo che per anni abbiamo trattato gli immigrati come pidocchi (per fortuna, per lo più, solo a parole);
  9. Non avendo quindi saputo (né potuto) offrire quella protezione di cui al punto 3, ora diamo la colpa all’Europa, favorendo la circolazione di fole distruttive dalle conseguenze potenzialmente tragiche (sì, tragiche!).

10.  Conclusione: chi semina vento raccoglie tempesta!

Rimedi e prospettive:

(a)   L’Europa è un valore irrinunciabile; per fortuna gli Italiani, come dice il Censis (Rapporto 2010, pg. 596 e sg), hanno un profondo radicamento, fors’anche solo emotivo, all’Europa, radicamento  più forte nel Nord evoluto e progredito che al Sud arretrato e depresso (il 65% degli Italiani del Nord si sente più Europeo che Mediterraneo contro il 37 % del Sud che si sente più Mediterraneo che Europeo; il livello di fiducia degli Italiani nelle Istituzioni Europee è quasi il doppio di quello verso le Istituzioni Italiane; Censis, ibidem, grafici e tabelle alle pagine 598 e 599). Nessuno spazio deve essere dato, nessuno spazio, a quanto detto al punto 9. Non sottovalutiamo questa deriva, come abbiamo, in passato, sottovalutato altre non meno inqueitanti derive! La cultura del “popolo sovrano” (e quindi elettore) dipende dal grado con cui, il Governo per primo ma anche ovviamente l’opposizione, saranno in grado di soffocare sul nascere questo tipo di pulsioni. L’Italia non può fare a meno dell’Europa (più assai di quanto l’Europa non possa fare a meno dell’Italia) sia nel presente sia in vista di sempre possibili ulteriori allarmi su fronti ben più pericolosi. Fermiamoci finché siamo in tempo!

(b)   Quanto agli immigrati, fatta salva la necessità di una (nuova) disciplina severa ma serena e rispettosa (si veda quanto dicevamo giusto un anno fa, nell’articolo La sferza,capitolo quarto), occorre  affrontare il problema “con politiche pubbliche che considerino anche gli immigrati come un elemento stabile della nostra società” (Censis, Rapporto 2009, pag 611).

Infine, mi si consenta un ricordo personale: giorni fa, sul sito dell’ Ellis Island Foundation, ho ritrovato il certificato di sbarco di un uomo di media statura, dell’età di 24 anni, arrivato dall’Italia (dall’Umbria) il 26 ottobre 1909 (era partito da Napoli),”Single” e “Southy” dice il documento, che raggiungeva i fratelli minatori in Pennsylvania in cerca di fortuna. La fece, un po’ di fortuna, tanto da potersi comprare qualche anno dopo un terreno nel paese natale, col quale sono vissuti la moglie e i figli. Lui morì nel 1932, poco dopo il suo ritorno in Italia, ancora giovane, per la silicosi che si era procurato facendo il lavoro che gli americani non volevano più fare in miniera. Quell’uomo era mio nonno materno i cui pochi ricordi, filtrati dai racconti di mia nonna, di mio zio e di mia madre, parlavano dell’America come un grande Paese pieno di vita e di opportunità. Sarà anche per questo che ogni volta mi commuove il comandamento biblico Il  forestiero dimorante tra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi, perché anche voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto.