Un grande successo di partecipazione. “La parità, ora”. “Non vi basta il 70%?”.

Sono solo alcuni dei messaggi lanciati dai cartelli dei tanti cittadini –donne, uomini, associazioni, famiglie-  che ieri mattina hanno dato vita a una flash-mob di fronte a Palazzo Madama. A sostegno del testo di legge per le “quote rosa”. L’introduzione cioè di un tetto del 30% nei posti da riservare alle donne nei Cda delle società quotate, nei collegi sindacali e nelle società municipalizzate. Una proposta presentata da Lella Golfo (Pdl) e da Alessia Mosca (Pd), cofirmataria dell’iniziativa e ieri presente insieme all’Associazione TrecentoSessanta al sit-in in piazza Navona.

Tutti insieme, per evitare che il testo del disegno di legge, già approvato in maniera assolutamente bipartisan alla Camera, fosse subissato di emendamenti al Senato.

Cosa che è puntualmente accaduta, dato che il Governo ha presentato un pacchetto di modifiche in grado di neutralizzare di fatto la carica innovativa del testo di legge. Spostando al 2021 la piena attuazione del provvedimento  in merito alla composizione dei consigli di amministrazione e prevedendo sanzioni pecuniarie -e non come era in origine la decadenza automatica del Cda- in caso di inadempienza da parte delle società.

L’attenzione del legislatore in questi frangenti è d’obbligo. Ma quella di ieri al Senato si configura piuttosto come uno studiato eccesso di scrupolo, perché, come ha notato Dario Di Vico intervenendo sul tema dal Corsera, “una cosa è la cautela, altra è l’abiura” (Se a frenare sulle quote rosa ci si mette una donna, 17/02/2011).

Intanto siamo all’ultimo posto, “primato” che ci contendiamo con il Portogallo, per la rappresentanza femminile nei board delle società quotate. Tutto questo mentre il tasso di occupazione femminile in Italia è fermo al 46,5% (Dati Istat 2010). La stragrande maggioranza del Paese sembra ignorarlo. Ma non le donne italiane, specie le più giovani, che invece hanno capito benissimo. Purtroppo a loro spese, perché essere penalizzate nell’accesso e nell’attuazione del proprio percorso di lavoro porta con sé degli odiosi corollari. Ad esempio, la difficoltà a intraprendere scelte di vita non precarie. Come decidere di mettere al mondo un figlio.

Pazienza?